La guerra di Putin in Ucraina ha fatto saltare ogni logica in Europa e in Italia

Mario Margiocco
01/05/2022

Davanti alla guerra scatenata da Putin in molti si dicono contro Washington, Nato e Bruxelles. Così però non resta che l’Europa delle piccole patrie. Non sarà che qualcuno vuole, senza saperlo forse, le stesse cose di Mosca?

La guerra di Putin in Ucraina ha fatto saltare ogni logica in Europa e in Italia

Nel giornalismo italiano è rimasto di qualche notorietà, tra gli addetti ai lavori, un fondo scritto per Il Messaggero dall’allora suo direttore di fatto Mario Missiroli nei giorni dello sbarco alleato in Sicilia, il 9 luglio del 1943. Trattava di questioni storico-filologiche greco-romane mentre il Paese veniva invaso dai nemici, presto liberatori. Oggi farebbe al caso nostro qualche buon elzeviro sulla rinascita primaverile delle formiche: eviterebbe almeno di aumentare la confusione mentale sul dramma ucraino, e su noi stessi.

Mollare gli ormeggi con l’America significa riarmare l’Ue

Non serve invocare un’azione europea senza tenere conto di che cosa è oggi la Ue e di quali sono i suoi rapporti con la Nato. Non serve fare sfoggio di profondo anti-americanismo senza rendersi conto che mollare gli ormeggi con l’America significa un notevole riarmo dell’Europa, la nascita di una forza nucleare europea e, soprattutto, un notevole riarmo della Germania, il grande tabù europeo da 77 anni a oggi, riarmo già in atto. Niente armi, ai confini con la potenza nucleare russa, con Vladimir Putin che minaccia di avere armi terribili che nessun altro ha? Non è ancora nato il politico di rango capace davvero di proporre questa linea ultrapacifista ai suoi elettori e sperare di vincere un’elezione. Svezia e Finlandia, prossime all’ingresso nella Nato, insegnano.

La guerra di Putin in Ucraina ha fatto saltare ogni logica in Europa e in Italia
Vladimir Putin (Getty Images).

Il lungo suicidio dell’Europa 

C’è qualcosa di storicamente singolare, è vero, in una realtà di oltre 30 Paesi, nessuno grande (lo erano nel mondo di ieri) e molti piccoli, tutti ricchi o comunque capaci di sfamare bene i loro popoli, e ancora incapaci dopo tre generazioni di assicurare una propria credibile difesa che appaltano, attraverso la Nato, a un Paese lontano circa 6 mila chilometri dalle coste atlantiche d’Europa. Le due guerre mondiali non sono mai finite, si direbbe. E allora, che si fa? L’Europa tende sempre a considerarsi l’ombelico del mondo ma essendosi suicidata in due grandi guerre fratricide non lo è più da oltre un secolo. La capitale finanziaria del mondo passava da Londra a New York nel 1915. E New York diventava la capitale d’Occidente e universale dopo la Seconda Guerra mondiale. L’Europa del 1945 stava per essere divisa in due. A Ovest una dozzina di nazioni lentamente trovavano, su spinta anche americana, una nuova forma di convivenza, attraverso qualcosa di più netto delle semplici alleanze: la cessione di determinati poteri nazionali a un organismo centrale, sempre sotto la supervisione di tutti i governi nazionali. A Est entravano sotto il controllo russo-sovietico, e per nessuno di loro fu profittevole. L’Europa era la posta in gioco 75 anni fa e torna adesso ad esserlo, grazie a Vladimir Putin, che ci impone un enorme salto di qualità: una politica estera comune, nei confronti di Mosca almeno, e una difesa davvero comune, nei confronti di Mosca per incominciare, rafforzando per ora il pilastro europeo della Nato, poi in futuro si vedrà. Grossomodo due terzi degli europei appoggerebbero queste scelte, un terzo, forse il 40 per cento in alcuni Paesi tra cui l’Italia, forse no.

Quelli che no a Washington e no a Bruxelles

Il fatto curioso è che ogni logica è saltata: i meno disposti a cedere poteri all’Europa si trovano, sia a destra che a sinistra, fra i più sensibili all’anti-americanismo, fra quanti cioè dicono che di poteri ne abbiamo ceduti troppi alla Nato a guida americana. Ma vogliono anche “un’Europa diversa” che equivarrebbe a smantellare quanto di federalista è stato creato, quindi addio a ogni difesa comune, per necessità federale e non confederale. No a Washington, no a Bruxelles, e resta l’Europa delle piccole patrie. Non sarà che qualcuno vuole, senza saperlo forse, le stesse cose di Mosca?

Putin fa leva sulle debolezze del fronte nato: filorussi e pacifismo
Joe Biden in Polonia lo scorso 25 marzo (Getty Images).

I volti dell’anti-americanismo

L’anti-americanismo ha molti volti, non è lo stesso ovunque, ma limitiamoci a tre definizioni: si è anti-americani perché gli americani sono inferiori a noi europei come “cultura”; si è anti-americani perché non ci piace avere un alleato più forte che quindi ci dice che cosa fare; si è anti-americani perché ci hanno insegnato da piccoli che l’America è dal 900 quello che l’Inghilterra era stata nell’800, cioè la patria del capitalismo, per definizione aggressivo sfruttatore e guerrafondaio. Mentre le Russia/Unione Sovietica era la patria dell’amicizia fra i popoli e della pace, per definizione. Qualcuno, anche un osservatore di rango come Lucio Caracciolo lo ha fatto, si meraviglia a volte che gli Stati Uniti considerino la Russia il loro avversario storico, senza meravigliarsi si direbbe del contrario. È una vicenda tutto sommato semplice. È dal 1917 che Stati Uniti e Russia hanno lanciato due messaggi contrapposti di respiro mondiale: quello liberaldemocratico l’America (con i 14 Punti di Woodrow Wilson) e quello rivoluzionario sovietico la Russia. Erano due proposte inconciliabili: un mondo americano o un mondo sovietico. Ed essendo il mondo troppo grande per una sola proposta, in realtà un’Europa “americana” o un’Europa sovietica. Il che alla fine si realizzò, a Yalta e dintorni. L’Urss ha perso ed è uscita di scena, tornando a essere Russia, ma riscoprendo presto le stesse ambizioni che erano state prima dell’Urss e prima ancora degli zar. A noi, con chi conviene stare? Con nessuno?  E disarmati o quasi?

La guerra di Putin in Ucraina ha fatto saltare ogni logica in Europa e in Italia
Cartelloni alla Marcia per la Pace Perugia Assisi (Getty Images).

Mosca punta sui punti deboli del fronte Nato: la russofilia di una minoranza e lo storico pacifismo italiano

Putin ha dichiarato molte volte che il sistema occidentale è finito, rilanciando di fatto la candidatura russa a guidare tutta l’Europa. Ci piace l’idea? Svezia e Finlandia obiettano. È la stessa ambizione che muoveva Stalin dagli anni della guerra, e fino al 1953. Chi ha dei dubbi può leggersi le ampie analisi fatte sulla scorta degli archivi sovietici, aperti 30 anni fa, da storici americani europei russi e di altri Paesi, reperibili fra l’altro sul web (fra i molti, il paper di Voitech Mastny, Nato in the Beholder’s Eye, numero 35 della serie curata dal Wilson Center, e quello di Vladimir O. Pechatnov, The Big Three After WWII. New Documents on Soviet Thinking about Post-War Relations, numero 13). Si moltiplicano gli appelli di pace, sacrosanti e urgenti. Ma Mosca vuole portare a compimento i suoi obiettivi di guerra, se ci riesce. E sta investendo su due punti deboli del fronte Nato: la potenziale russofilia di una minoranza, non piccola, dell’opinione pubblica e dei ceti dirigenti tedeschi, sempre dubbiosi se l’essere tedeschi equivalga a essere occidentali, convinti che la propinquità geografica impone buoni rapporti e gli interessi energetici pure, e il pacifismo italiano, cattolico e non, da sempre nobile in principio e ingenuo nelle analisi. L’Italia fu una grande palestra dei “partigiani della pace” a inizio Anni 50, e come ricordava Miriam Mafai nel ritratto biografico che gli dedicò fu Pietro Secchia, l’uomo che voleva la rivoluzione con le armi, il vero organizzatore, dopo un colloquio a Mosca con Stalin.

 

Orsini choc a Cartabianca: «Mio nonno durante il fascismo ha avuto infanzia felice». Polemiche e critiche al professore della Luiss
Alessandro Orsini (Facebook)

 

Storie lontane, epoca finita. Noi oggi abbiamo Alessandro Orsini, professore, sostenitore della Nato e della Ue dice, che vorrebbe però un’Italia che le spacca entrambe tirandosi fuori da sanzioni e aiuti militari, un Draghi cacciato perché burattino di Biden, e una dichiarazione di neutralità dell’Italia così non ci arrivano bombe atomiche, e le radiazioni di quelle gettate altrove non varcano i nostri confini.  Confusion mentale fin de siècle, diceva con ironia e successo Paolo Conte ai francesi per spiegare l’essenza delle sue canzoni. Confusion mentale début de siècle, possiamo dire con tristezza dell’Italia pensante, televisiva e non, che annaspa di fronte al dramma ucraino, e al nostro.