Grandi manovre nella Guardia di Finanza, corpo prossimo al rinnovo dei vertici che il governo Meloni dovrà nominare entro fine maggio. Caserma Piave, come ricordato da Tag43, è snodo cruciale per dossier informativi, nomine, rapporti con l’intelligence. L’esecutivo sta cercando di prendere le misure al potere e la scelta del successore del generale Giuseppe Zafarana sarà cruciale per gli equilibri istituzionali. Che vedono oggi un grande dinamismo del “partito” dei finanzieri, attivo tra partecipate e apparati di sicurezza.
Chi deciderà il futuro vertice della Finanza
La sfida per la successione a Zafarana formalmente si giocherà tra Palazzo Chigi e ministero dell’Economia. Ma sullo sfondo il vero arbitro della partita resta Sergio Mattarella, che ha le idee ben chiare in proposito. Intanto però, secondo quanto risulta a Tag43, Giorgia Meloni sta definendo il suo approccio alla Finanza con i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari. E il Mef vede Giancarlo Giorgetti confrontarsi con due interlocutori ben informati sui fatti. Giulio Tremonti, da un lato, è il sussurratore che garantisce anche agli occhi degli apparati statunitensi. Dall’altro c’è Paolo Savona, direttore della Consob e teorico dell’intelligence economica in Italia. Ben conscio, dunque, del valore sistemico delle informazioni strategiche custodite dalla Finanza in questo contesto decisivo. E, dunque, della necessità di un equilibrio tra le correnti.

Zafarana pensa al suo futuro
Secondo alcune voci, Zafarana potrebbe ottenere una seconda proroga dopo quella del Milleproroghe 2021. E il Quirinale propende chiaramente per questa soluzione. Fonti vicine a Caserma Piave ribadiscono che il generale piacentino sta “cercando lavoro”. E l’interessato cosa pensa? Se dipendesse da lui, non vorrebbe un’altra proroga ma un incarico di vertice nell’imminente rinnovo dei cda delle grandi aziende partecipate. In alternativa il suo obiettivo sarebbe la successione al dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (Dis), coordinamento dell’intelligence nazionale, se Elisabetta Belloni venisse nominata presidente dell’Eni. Ma tale ipotesi appare remota. Nel frattempo la corsa alla successione si gioca attorno a tre nomi.
Corsa a tre: Carrarini, Cuneo, Carbone
Estremamente dinamico in questa fase è Fabrizio Carrarini, già vice capo di gabinetto del Mef ai tempi di Roberto Gualtieri. Carrarini punta sul ruolo di comandante interregionale della Guardia di Finanza dell’Italia nord occidentale nella strategica sede di Milano. Il presidio di Cinque Giornate, in una Lombardia all’ombra delle Regionali, è snodo di sistema per molte inchieste e ricerche che riguardano la lotta alla pandemia e la ripartenza economica del Paese. Il punto di riferimento di Carrarini nelle Fiamme Gialle è stato il generale Luciano Carta, presidente uscente di Leonardo. Un altro profilo che gli addetti ai lavori definiscono estremamente “talentuoso” è quello di Fabrizio Cuneo, già Capo di Stato Maggiore del Comando Generale e oggi comandante per l’Italia centro-settentrionale. Cuneo, 60 anni, specializzato in inchieste contro riciclaggio e evasione, è ritenuto un investigatore di razza. Chi potrebbe unire le varie cordate e non apparire divisivo è però un terzo nome: Michele Carbone, 61 anni, barlettano, comandante interregionale dell’Italia meridionale della Guardia di Finanza. Già Comandante della Scuola Ispettori e Sovrintendenti dell’Aquila, preposta alla formazione militare e professionale di base dei quadri intermedi dell’Amministrazione, Carbone ha anche una spiccata conoscenza del sistema internazionale. Costruita, in particolar modo, in campo antiriciclaggio. Stanno coltivando ambizioni, che seconda quanto risulta a Tag43 non possono sfociare però in reali candidature alla successione, anche altri generali di peso. Tra questi, il Capo di Stato Maggiore Francesco Greco e Umberto Sirico, comandante dei reparti speciali distintisi nell’era Covid. Non per demeriti personali, tutt’altro. Per entrambi la funzione operativa è talmente delicata da rendere impossibile pensare a un avvicendamento in parallelo a quello del comandante.

Come si muove il partito della Finanza
Nella Finanza, i cui ufficiali si portano con sé sintonie e rivalità spesso figlie dei rapporti costruiti all’Accademia di Bergamo, ogni spostamento o conferma è come un domino. La politica deciderà, ma nel ruolo di sussurratori si muovono diversi esponenti del mondo istituzionale. Carta e Zafarana, “partito” romano dei finanzieri che spingono per la continuità con la stagione di ieri, non sono i soli. L’attuale fase di nomine vede coinvolti anche esponenti di spicco delle generazioni passate. La discesa in campo di figure come Giorgetti, Tremonti e Savona riapre le porte a molti figli dell’impetuosa stagione di inizi Duemila. Molto ascoltato, sulle nomine, sarà Gianni De Gennaro. L’ex capo della Polizia conosce il mestiere della sicurezza nazionale e suo fratello Andrea è vicecomandante di Zafarana. Vicino a Washington ma non ostile al “partito francese”, De Gennaro è in cerca di nuovi riferimenti dopo l’uscita da Palazzo Chigi del suo delfino Franco Gabrielli, e può essere figura di mediazione capace di dare consigli al governo. Assieme a lui, un altro “grande vecchio” molto in attività è l’80enne Nicolò Pollari, generale in pensione che nell’era dei governi Berlusconi II e III (2001-2006) guidò il Sismi, coordinando l’attività d’intelligence nell’era successiva all’11 settembre. Pollari, che come Mantovano è un erede dello storico centrodestra, è tra le figure tornate in campo. La posta in gioco è pesante e si intreccerà con le nomine nelle partecipate e nell’intelligence: la fiamma dell’esecutivo non può non sovrapporsi con le Fiamme Gialle e il loro ruolo di hub strategico per la stabilità istituzionale. Necessaria per rimettere ordine a un sistema che vorrebbe radicalmente cambiare i rapporti di forza in materia di potere.