Oltre 250 miliardi di euro impantanati e un milione di posti di lavoro sotto chiave della burocrazia. Fermi, insieme alle centinaia di opere già progettate. Indipendentemente dagli obiettivi fissati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Dalla statale Maglie-Leuca in Salento all’autostrada Cispadana, dal progetto per il fiume Sarno alla bretella Campogalliano-Sassuolo: sono alcuni dei cantieri bloccati, da Nord a Sud. In alcuni casi lo stop dura più di 20 anni, in un gioco dell’oca interminabile che costa all’Italia miliardi di euro.
Le opere ferme sono 739
Secondo un dossier elaborato dall’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) infatti, le opere ferme sono 739 per un investimento di 72 miliardi di euro e soprattutto per un giro di affari stimato di 252 miliardi di euro. Il tutto significa almeno un milione di posti di lavoro stoppati da burocrazia e procedure farraginose. Nel dettaglio: “Le segnalazioni raccolte su tutto il territorio nazionale sono così suddivise: circa 472 opere per 29,5 miliardi di euro al nord Italia, 105 per circa 14 miliardi di euro al centro e 162 per 28,5 miliardi di euro al sud”, riferisce il rapporto. E ancora: “Per quanto riguarda le grandi opere, ovvero quelle sopra i 100 milioni, se ne contano 93 per oltre 66 miliardi di euro, mentre le opere medio-piccole sono 646 per circa 5,5 miliardi”.
Nel 2021 saranno aperti solo 20 cantieri
La nomina dei 29 commissari straordinari del ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, per 57 grandi opere è soltanto un primo passo verso il rilancio in uno scenario paludato. Dall’Alta velocità Brescia-Padova alla realizzazione dell’AV Palermo-Catania-Messina, il Mit ha certamente dato impulso alla realizzazione di lavori di opere oggi ferme. Il governo ha anche garantito un cronoprogramma. Ma, stando alle parole di Giovannini, nel 2021 saranno aperti solo 20 cantieri. Per un numero più consistente, 50, occorre attendere il 2022. “Attenzione: quelle opere presenti nell’elenco del ministero non sono subito cantierabili. Il discorso è semplice: non è che arriva il commissario e parte il cantiere. Il compito assegnato dal ministero è quello di far chiudere l’opera entro il 2026”, spiega il presidente di Ance, Gabriele Buia, a Tag43.it.
I progetti sbloccati dal governo
Certo la nomina dei commissari fa uscire dallo stallo alcune opere come la statale Jonica, inserita nel 2001 nell’elenco delle opere strategiche della Legge Obiettivo. Dopo 20 anni, 12 interventi per miliardi di euro, risulta ancora in fase di progettazione. Spetta al commissario Massimo Simonini sciogliere i nodi. Così come agli altri 28 commissari indicati per avviare 57 cantieri che dovrebbero movimentare, entro il 2023, oltre 80 miliardi. “Le infrastrutture ferroviarie hanno un valore di 60,8 miliardi, quelle stradali 10,9 miliardi, i presidi di pubblica sicurezza 528 milioni, le opere idriche 2,8 miliardi, le infrastrutture portuali 1,7 miliardi, la metropolitana 5,9 miliardi”, riferisce il Mit. Ma la somma è meno di un terzo rispetto ai 252 miliardi indicati dall’Ance.
Contenziosi e criticità delle gare
Dietro a queste cifre, ci sono storie che si trascinano da anni. La statale Maglie-Leuca, in provincia di Lecce, è un caso esemplare. Era il 1994, 27 anni fa, quando il progetto è stato ideato. L’approvazione preliminare è arrivata nel 2004 per una portata di quasi 300 milioni di euro. Ma tutto è andato a rilento per una serie di problemi: il contenzioso tra amministrazioni, il finanziamento dell’opera e alcune criticità nelle fasi di gara hanno generato ulteriori ritardi. Ora associazioni, imprese e sindacati hanno minacciato azioni giudiziarie contro il ministero delle Infrastrutture se non partiranno i cantieri. Ci sono poi storie che intrecciano lavoro e messa in sicurezza del territorio, come il progetto Sarno. Si tratta della riqualificazione del fiume, resasi necessaria dopo la frana che, nel 1998, provocò la morte di 160 persone. Il progetto è stato finanziato con fondi europei, dal 2011: sono trascorsi 10 anni e l’unica novità è che, solo negli ultimi giorni, qualcosa si è mosso a livello regionale. “Ma serve un’accelerazione più decisa”, chiedono i settori imprenditoriali. In che modo? Buia prova a dare qualche indicazione: “Bisogna attuare tutte le misure di semplificazione per arrivare a una normativa semplice per garantire che le opere siano velocemente cantierabili. Serva una normativa semplice per evitare che ci siano i commissari, che restano una figura anomala. Significa che la legge ha fallito e serve una procedura straordinaria”.

Il problema non è solo meridionale. Il lotto del raccordo autostradale tra l’A4 e la Val Trompia è un altro case history. È un’opera concepita nel 1998. Il progetto è stato inserito nel primo programma delle opere strategiche della Legge Obiettivo 443/2001: l’intento sarebbe quello della realizzazione di un collegamento autostradale tra l’Autostrada A4 (in corrispondenza di Brescia) e i vari centri urbani della Val Trompia. L’investimento ammonta di circa 250 milioni di euro: attualmente si attende la consegna del progetto esecutivo dell’opera. L’Italia bloccata crea anche situazioni grottesche. La bretella autostradale Campogalliano Sassuolo è stata ideata nel 2004, i lavori sono stati aggiudicati nel 2014 e nel 2019 c’è stato il parere positivo da parte del Mit: solo da qualche mese sono iniziati gli espropri. Un’odissea lunga 17 anni. In mezzo c’è stata una marea di incagli burocratici e di proteste dei cittadini. Tanto che ancora oggi il comitato “No bretella”, formato da varie associazioni ha scritto al ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, per chiedere lo stop all’opera, giudicata “vecchia come concezione, perché pensata ormai più di 40 anni fa”, denunciando che la Valutazione di impatto ambientale risale ormai al 2004. Un caso nel caso: i ritardi rischiano di alimentare ulteriori slittamenti.