Parlando matematicamente si tratta di una dimissione al mese; politicamente il ragionamento si fa più delicato. Quello dei portavoce dei ministri del governo Meloni sta diventando un problema. O forse lo è già da un po’. Dall’entrata in carica – era fine ottobre del 2022 – se ne sono dimessi quattro. Questo l’elenco: Gerardo Pelosi (che si è separato dal ministro per le Imprese, Adolfo Urso), Marco Ventura (che ha lasciato la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, ancor prima di iniziare l’incarico). Poi – con molta probabilità un record senza precedenti – due in un giorno solo: Marina Nalesso, che ha detto addio al suo posto al fianco del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e Giovanni Sallusti fuggito dall’incarico di portavoce del ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara.
Il nipote di Sallusti lascia per «motivi personali e familiari»
Troppi per non pensare a qualche difficoltà. Sallusti, in una nota ufficiale del ministero, si trincera dietro «motivi personali e familiari», sempre utili in questi casi. Il nipote del direttore de il Giornale Alessandro Sallusti rimarrà a collaborare come consigliere del ministro. E ne avrà bisogno Valditara. In questi mesi di governo, infatti, si è distinto per una comunicazione piuttosto aggressiva, con immancabile coda di polemiche. L’ultima è stata l’attacco alla dirigente scolastica di Firenze che aveva inviato una lettera agli studenti in difesa della Costituzione e dei principi antifascisti, dopo l’aggressione ad alcuni ragazzi proprio fuori dal liceo Leonardo Da Vinci di Firenze a opera di alcuni facinorosi di destra.
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«In Italia non c’è nessun pericolo fascista, non c’è nessuna deriva violenta o autoritaria. Difendere le frontiere e ricordare il proprio passato o l’identità di un popolo non ha nulla a che vedere con il fascismo o, peggio, con il nazismo. Quindi inviterei la preside a riflettere più attentamente sulla storia e sul presente». E giù polemiche. Come dimenticare poi l’obbligo di lavori di pubblica utilità per contrastare il bullismo in aula e l’affermazione sull’umiliazione che è un «fattore di crescita».
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Già spariti la Nalesso e il suo crocifisso al collo
Nessuna nota dal ministero della Cultura, invece, per commentare l’uscita della portavoce di Sangiuliano, Marina Nalesso. La giornalista Rai era stata al centro di diverse polemiche per aver condotto il Tg2 con un crocifisso in bella vista al collo. Rimane invece Andrea Petrella, guidatore della “macchina” comunicativa di Sangiuliano. Le ultime dimissioni, come detto, sono giunte dopo mesi già turbolenti. Al ministero dell’Università è arrivata Sonia Ricci (ex Domani) dopo che Marco Ventura se ne è andato prima ancora di cominciare. Poi c’è stata la bufera al Mimit, da dove sono usciti il portavoce, Gerardo Pelosi, e Valentina Colucci, segretaria particolare.

Fitto ancora senza portavoce, Marino poco attivo
Ma non è finita qui. Oltre ai portavoce che se ne vanno, ci sono quelli mai arrivati, quelli sotto accusa perché il ministro comunica poco e quelli che non riescono a iniziare il lavoro. Sotto la prima voce possiamo far rientrare il ministro per il Sud e con la delega pesante anche al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), Raffaele Fitto, ancora sprovvisto di portavoce. Tra quelli poco “produttivi” si può elencare invece Ignazio Marino, fedelissimo della ministra del Lavoro, Marina Calderone, al centro di polemiche anche in maggioranza per la scarsa attività sia legislativa sia comunicativa.
Alla fine Sechi ottiene la nomina
Per “quelli che riescono ad arrivare”, invece, si deve aprire il capitolo Palazzo Chigi. Dopo giorni di tira e molla sullo sbarco di Mario Sechi come portavoce di Giorgia Meloni alla fine il direttore dell’Agi ha ottenuto la nomina come capoufficio stampa e relazioni con i media della premier. Il suo ruolo sarà effettivo dal prossimo 6 marzo. La premier ha fatto non poca fatica a comporre la squadra stampa, con difficoltà conseguenti sulla comunicazione dell’esecutivo (tanto da spingere la presidente del Consiglio a lanciare la rubrica social, quindi autogestita, “Gli appunti di Giorgia”). Nei primi giorni del governo aveva rifiutato l’incarico di portavoce il giornalista di Sky Tg24, Andrea Bonini. Nel frattempo era arrivato Fabrizio Alfano, giornalista dell’Agi, e già portavoce di Gianfranco Fini ai tempi della presidenza della Camera. A Chigi c’è pure un nome “storico” e da anni al fianco di Meloni, come Giovanna Ianniello, indicata sul sito istituzionale come coordinatrice della comunicazione istituzionale, anche se il suo ruolo per molti giornalisti è in realtà indefinito.

Pazza idea Ianniello con Rocca in Regione Lazio
Proprio la Ianniello sarebbe stato uno degli scogli principali dell’approdo di Sechi, attorno a cui serpeggiavano dubbi e malumori dei parlamentari e di alcuni fedelissimi della premier, come la segretaria Patrizia Scurti. Ora la Ianniello “furiosa” potrebbe dunque essere sacrificata, per premiare un approccio più istituzionale nella comunicazione di Meloni. L’ex portavoce non gradiva l’arrivo di Sechi e già non era in buoni rapporti professionali con Alfano, vice capo ufficio stampa di Palazzo Chigi. Ed ecco la pazza idea: spostare Ianniello e “promuoverla” nel ruolo di portavoce del presidente della Regione Lazio Francesco Rocca. Così Meloni risolverebbe in un colpo solo due problemi: avrebbe un suo occhio alla Pisana e disinnescherebbe le tensioni nella comunicazione di Palazzo Chigi.
(ha collaborato Domenico Di Sanzo)
