«Questo è il primo provvedimento di questa natura a livello internazionale. L’Italia è la prima nazione che dice no alla carne sintetica con un atto formale e ufficiale. Un risultato importante». Con queste parole il ministro dell’Agricoltura e la sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, annunciava l’approvazione del ddl sul divieto di produzione di vendita e produzione di cibo sintetico. Era il 28 marzo e l’ok al disegno di legge era suonato talmente solenne da spingere sia il titolare dell’Agricoltura che il collega della Salute, Orazio Schillaci, a tenere una conferenza stampa nella sede del governo, mentre la premier Giorgia Meloni usciva da Palazzo Chigi per festeggiare il risultato raggiunto insieme alla Coldiretti, accorsa a Largo Chigi proprio in occasione del varo del ddl. «Si tratta di una legge all’avanguardia verso un mondo che resti civile e in linea con quello che è stato lo sviluppo dell’umanità», aveva aggiunto Lollobrigida in conferenza stampa, l’ultima del governo dopo un Cdm. Perché da allora i ministri si sono chiusi in un silenzio che dura ancora oggi.

Il ddl contro gli eco-vandali atteso al Senato ma quando?
Ebbene, dopo oltre un mese dal passaggio in Cdm, il ddl è sparito, evaporato, perso nel percorso – pur breve – tra Palazzo Chigi e uno dei rami del parlamento. Ma quello del ddl sulla carne sintetica non è un caso isolato. Un altro disegno di legge approvato con gran giubilo dal governo e perso nei corridoi dei Palazzi è quello sui cosiddetti eco-vandali. L’11 aprile il Cdm aveva licenziato, per iniziativa del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, un disegno di legge per punire con sanzioni fino a 60 mila euro chi distrugge beni culturali o paesaggistici e fino a 40 mila per chi li deturpa o imbratta. Una mossa, nelle intenzioni dell’esecutivo, utile a bloccare le azioni degli attivisti per il clima che negli ultimi mesi hanno imbrattato, tra le altre, le facciate del Senato e di Palazzo Vecchio a Firenze. «Gli attacchi ai monumenti e ai siti artistici producono danni economici alla collettività. Per ripulire occorrono l’intervento di personale altamente specializzato e l’utilizzo di macchinari molto costosi. Chi compie questi atti deve assumersi la responsabilità anche patrimoniale», aveva sentenziato Sangiuliano. Ma anche in questo caso il ddl si è perduto. Dovrebbe arrivare al Senato. Quando? Chissà.

Il disegno di legge Concorrenza ancora non pervenuto
L’elenco non è terminato. Dove è finito, per esempio, il ddl Concorrenza? Per approvarlo non è bastato un passaggio in Cdm, ma ne sono serviti ben due, dopo dissidi in maggioranza in particolare sulla norma sui venditori ambulanti. Il provvedimento è atteso alla Camera ma per il momento, a due settimane dal passaggio a Palazzo Chigi, nessuno a Montecitorio lo ha ancora visto.
Non riescono a cancellare nemmeno le norme pre-repubblicane
E poi: il 16 marzo il governo ha approvato un ddl per abrogare una serie di norme pre-repubblicane relative al periodo 1861-1870. Nulla di rivoluzionario, la ministra per le Riforme, Elisabetta Casellati, aveva trovato oltre 2.500 norme ormai inutili (decreti che approvano o modificavano gli statuti di diverse banche, come la Popolare di Como, il Banco di Sicilia, la Cassa di risparmio di Vercelli, ma anche norme che autorizzavano i Comuni di Lanusei, Robilante, Lecco a imporre una tassa sui cani e Cesena e Milano una tassa sui cavalli).

Il disegno di legge approvato in Consiglio dei ministri rappresentava «solo una prima di tappa di un lungo periodo attraverso il quale porterò avanti l’opera di semplificazione normativa», era stata la promessa. L’analisi sui decreti regi in vigore stava procedendo a «ritmo serrato. A breve proporrò un secondo provvedimento ed entro luglio prevedo di abrogarne circa 20 mila», ha aveva detto la ministra. Risultato? Il provvedimento non è mai arrivato alla Camera, anzi ha dovuto fare un nuovo passaggio in Cdm.
Lavoro e cassa integrazione, quando si arriva in parlamento?
E c’è già chi scommette che ci sarà un prossimo desaparecido. Nel controverso Cdm del Primo maggio, il governo ha approvato il cosiddetto dl Lavoro (quello che riduce il cuneo fiscale per aumentare le buste paga dei lavoratori, rivede il Reddito di cittadinanza e cambia le regole sui contratti a termine), ha dato il via libera anche a un disegno di legge con alcune norme sulla somministrazione di lavoro e sulla cassa integrazione. Anche qui, quando arriverà in parlamento? Difficile a dirsi.
Primo maggio: il Governo festeggia con i fatti. Anche oggi al lavoro per migliorare la condizione dei lavoratori. #1maggio pic.twitter.com/1nJmb14UDl
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) May 1, 2023
Anche il governo Meloni va avanti a suon di decreti
I ddl (che è utile ricordare non seguono un’iter di urgenza e non hanno una scadenza) anche con il governo Meloni fanno fatica ad andare avanti mentre i decreti legge (questi sì con carattere di urgenza, possono essere promossi solo dal governo e devono ricevere il via libera parlamentare entro due mesi dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale) volano. Da quando è in carica, l’esecutivo Meloni ha approvato 24 decreti, una media di quattro al mese, superiore a quella dei governi precedenti. Pure Meloni, quindi, conferma la tendenza degli ultimi anni a legiferare solo attraverso decreti legge. Mentre i ddl si perdono nei corridoi, anche quando sono annunciati in pompa magna dallo stesso esecutivo. Pratica che Meloni non ha mancato di criticare quando sedeva all’opposizione. Tempi passati.