Giovanni Gorno Tempini e Massimo Tononi. Due banchieri di professione, che devono molto ai due grandi vecchi della finanza Giovanni Bazoli e Giuseppe Guzzetti (senza dimenticare il ruolo avuto da Romano Prodi).
Gorno Tempini e le mire di Francesco Profumo su Cdp
Iniziamo da Gorno. Il 18 febbraio festeggerà 61 anni e oltre 35 anni d’attività professionale. Ma il riservato professionista, nato a Brescia e formatosi all’università Bocconi, sperava di festeggiare le due ricorrenze in modo diverso. La sua presidenza alla Cdp è entrata nel mirino del governo di centrodestra. Finora si tratta soltanto di malumori, ma in Italia si sa bene che i malumori solitamente sono il segnale di essere nel mirino di possibili ribaltamenti. Le critiche sono legate principalmente alla sua presenza nel consiglio d’amministrazione di Tim, l’ex monopolista dei telefoni di cui proprio in questi giorni si decide il destino, e alla sua incapacità di prendere posizione e agire di conseguenza. Caratteristica che onestamente non è mai stata il suo forte. Come se non bastasse, improvvisamente, si è materializzato un altro candidato forte per la presidenza della Cassa: Francesco Profumo, alla guida della Compagnia San Paolo in scadenza l’anno prossimo e dell’Acri (l’associazione che raggruppa le Fondazioni bancarie), potrebbe lasciare per dedicarsi alla Cdp. Si tratta ovviamente di voci, ma la figura di Profumo sembra avere lineamenti più graditi all’attuale governo. L’ascesa del bresciano Gorno è partita nel 1987 dagli uffici della banca d’affari Jp Morgan (vi è rimasto fino all’inizio del 2000 assumendo incarichi sempre più importanti, da Milano a Londra), e ha vissuto di fatto la svolta nei sei anni trascorsi in seno alle strutture di IntesaSanpaolo. Entrato nel 2001 alla corte della banca milanese, già presieduta dal bresciano più illustre e potente della storia moderna, Giovanni Bazoli, trova posto in Caboto, dove scala le gerarchie fino a diventarne l’amministratore delegato. Per poi essere promosso, per un breve lasso di tempo, a responsabile dell’area Finanza e Tesoreria di quello che oggi è il principale istituto di credito del Paese.

La vicinanza tra Bazoli e Gorno
A Brescia è risaputo che le famiglie Bazoli e Gorno sono vicine da sempre. Non è un caso che nel novembre 2007 il banchiere si insediò a capo della Mittel, il salottino buono del Professore. Bazoli ne era presidente e aveva nei capitali (a leva e in prestito) della Carlo Tassara di Romain Zaleski, il cavallo di Troia per muoversi a Piazza Affari. Peccato che poi, nel post bolla targato Lehman Brothers, il francese Zaleski iniziò la sua parabola discendente, arrivando a una complicata uscita di scena. È proprio in seno alla Mittel che Gorno ha dovuto affrontare, andandosene però prima dello showdown, la prima grande grana della sua carriera: l’acquisto, strapagato, di E.Capital Partners, società di consulenza specializzata in finanza etica. Operazione fortemente voluta dal ceo, sicuro dello sviluppo del business etico e sostenibile. Peccato che di lì a poco, settembre 2010, con il banchiere bresciano fuori dai giochi, il nuovo vertice Mittel dovette correre ai ripari rivendendo ai fondatori la società per circa di 18 milioni ciò che era stato pagato 50. Nonostante l’insuccesso, Gorno venne chiamato dall’allora ministro delle Finanze Giulio Tremonti alla guida della strategica Cassa depositi e prestiti. Un ruolo centrale che poteva contare sul gioco di sponda del trio composto proprio da Tremonti, Bazoli e Giuseppe Guzzetti, il plenipotenziario, dal 2000, dell’Acri, la casa delle fondazioni bancarie italiane, azioniste (15,9 per cento) della Cdp. Poi, pur con i successivi cambi di governo, è sempre entrato, uscito e rientrato nell’orbita di Cassa. Ma gli anni passano e i protettori invecchiano. E così Gorno è tornato in discussione. Voleva andare in Fondazione Cariplo ma la strada sembra gli sia stata sbarrata da Paolo Dalla Sega, anche lui manager da sempre vicino a Bazoli. Nato a Rovereto nel 1964, Dalla Sega è specializzato in progettazione e produzione di eventi d’arte, cultura e spettacolo. Tra gli altri incarichi, è docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, dipartimento di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo e quello di scienze dell’economia e della gestione aziendale.

Tononi cerca di restare al vertice di Bpm
E proprio da Trentino parte l’ascesa professionale di Massimo Tononi, un altro banchiere da sempre vicino a Guzzetti. Lo scorso dicembre la procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per lui e l’altro ex presidente del Montepaschi di Siena Alessandro Profumo, oltre che dell’ex amministratore delegato Fabrizio Viola e di Arturo Betunio, l’ex dirigente predisposto alla redazione dei documenti contabili societari. Le accuse nei loro confronti sono, a vario titolo, false comunicazioni sociali, falso in prospetto e manipolazione del mercato. L’inchiesta si riferisce ai crediti deteriorati della banca di Rocca Salimbeni che vanno dal 2014 al 2016. Tononi è nato a Trento, si è laureato in Economia aziendale presso la Bocconi di Milano nel 1988, e fino al 1993 ha lavorato a Londra, presso la Goldman Sachs. occupandosi di fusioni e acquisizioni di imprese. Dal 1994 al 2006 è stato partner managing director, incarico che ha lasciato per diventare sottosegretario all’Economia del secondo governo Prodi. Dopo la caduta dell’esecutivo è tornato a lavorare presso la merchant bank americana. Successivamente, nel 2011, è stato nominato presidente di Borsa Italiana, poltrona che ha lasciato quattro anni dopo per approdare appunto al vertice del Monte dei Paschi. Dal luglio 2018 è il presidente di Cassa Depositi e Prestiti. Ma l’esperienza negli uffici di via Goito dura poco, perché un anno dopo Tononi se ne va lasciando il posto proprio a Gorno. Giusto il tempo di prendersi una pausa ed è poi arrivata la presidenza del Banco Bpm. Adesso Tononi sta cercando di rimanere al vertice della banca milanese, visto che la sua candidatura alla Cariplo non ha preso quota. Conferma che sembrava già scritta quando, fulmine a ciel sereno, è arrivato il rinvio a giudizio. Ovviamente nessuno mette in dubbio le sue capacità e la riconferma di Tononi (assieme a quella dell’ad Giuseppe Castagna) è ancora la soluzione più accreditata. Ma certamente il provvedimento della magistratura ha dato la stura per qualche riflessione nel cda e negli azionisti della banca milanese, specialmente nel Crédit Agricole che detiene una partecipazione di poco inferiore al 10 per cento ed è il primo socio singolo. Sapendo che i prossimi mesi saranno decisivi per l’istituto e che la Bce non guarda di buon occhio chi è stato rinviato a giudizio.