«We won», ha scritto su Discord un amico di mio figlio. Hanno vinto loro, gli sciamannati malmostosi, se con questa endiadi inesatta si può rendere l’espressione appena incoronata dall’Oxford Dictionary come parola dell’anno, ossia «goblin mode». Il suo trionfo mostra quanto noi adulti siamo sconnessi da quel che succede veramente nel mondo giovanile, sia reale sia virtuale. Ci stracciavamo le vesti sui teenager frivoli ed esibizionisti che sculettano su TikTok, senza accorgerci della marea montante di adolescenti e poco-più-che-ventenni spettinati, trascurati e con le occhiaie, non sociopatici ma resi scorbutici dal fatto che non dormono se non quando crollano all’alba davanti allo schermo dopo una notte passata a chattare di videogiochi esoterici con altri loro simili sull’altra faccia del Pianeta. Una genìa che supera e trascende i generi – “obliterate gender, ascend to goblin”, ammonisce il goblin-pensiero – e che per questo è molto più sovversiva della presunta “ideologia gender” temuta dai sovranisti. Anche perché il goblin-mode esiste davvero nella realtà odierna, a differenza dei goblin propriamente detti, cioè gli esserini soprannaturali deformi e dispettosi, presenti con varie denominazioni un po’ in tutto il folklore europeo, dall’antica Grecia al Nord Europa passando per la Sicilia.

Forse erano goblin anche i nostri vecchi democristiani
I goblin avevano la brutta abitudine di rapire i neonati umani per sostituirli con i loro ripugnanti bebè – era la neonatologia di una volta: i figli nascevano tutti perfetti, se poi risultavano malformati la colpa era di un qualche mostriciattolo che ci aveva messo la zampaccia, approfittando di un momento di distrazione della madre. Il fantasy si è poi appropriato di questa figura, attribuendole una psicologia con sfumature più contemporanee: i vari Green Goblin super criminali megalomani nemici di SpiderMan, i goblin di Dungeons&Dragons o di Gothic, nanerottoli senza personalità che sono forti solo in gruppo, quelli bancari e falsari di Harry Potter. Forse erano goblin i nostri vecchi democristiani, che un’archeologica battuta riassumeva come «Piccoli, Storti e Malfatti». Fatto sta che l’Oxford Dictionary ci attesta che, al pari dei vecchi diccì nell’Italia della prima Repubblica, nel 2022, i goblin sono diventati il partito di maggioranza relativa.

Sgradevoli e incomprensibili creature, ribelli al vangelo prestazionale
Ma forse, per i genitori del 2022, l’accezione più appropriata resta quella antica e originale di perfidi scambiatori di figli. Perché è proprio questa la sensazione di molti padri e madri, sconcertati dalla metamorfosi dei loro ragazzi in questi due anni pandemici. Chi sono questi scimmioni trasandati che sembrano infischiarsene di tutto, dai normali ritmi sonno-veglia all’igiene allo studio, irragionevolmente tirchi salvo che per le loro passioni, per le quali sono smodatamente prodighi? Dove sono finiti il loro promettente ragazzino e l’ambiziosa ragazzina che ci inorgoglivano con i loro buoni risultati scolastici, i successi nelle gare sportive e i giudiziosi progetti per il futuro? Qualcuno deve averceli portati via, sostituendoli con queste sgradevoli e incomprensibili creature, ribelli al vangelo prestazionale in cui li hanno cresciuti la famiglia e la scuola.

Si tratta di un esistenzialismo senza Sartre né Juliette Greco
Da genitrice di ragazzi soggetti al goblin-mode, anziché rimpiangere i bei tempi andati in cui i Goblin erano solo la band che eseguiva la colonna sonora di Profondo rosso, cerco di capirci qualcosa. Interpellato sul senso del termine, uno dei miei figli si limita a girarmi un tweet di Cancela Lansbury di qualche mese fa: «L’uso dilagante di goblin come sinonimo di “pigro” è veramente anti-intellettuale. I goblin sono attivi, dispettosi, forse fisicamente trascurati – ma è una trascuratezza risultato di un lifestyle tutt’altro che passivo – perché si infilano nelle fogne e in posti dove non dovrebbero andare. I goblin non guardano Netflix». E mi viene in mente che anche i giovani esistenzialisti negli Anni 50-60, quelli con i capelli lunghi e i maglioni neri, venivano etichettati come musoni rinunciatari che si lavavano poco, salvo poi riabilitarli come benemeriti sensori dell’incipiente angoscia dell’uomo condannato allo sperdimento nella società massificante e consumista dell’ottimismo obbligatorio e di Nostra signora televisione. Forse il goblin-mode è esattamente questo, un esistenzialismo senza Sartre né Juliette Greco, in versione riveduta sul web e corretta dall’ironia dei giovani-vecchi di oggi. Che non si scomodano a indicarci un Sartre goblin (oddio, il soma era un po’ goblinesco, effettivamente) o una Juliette Greco, perché sanno che non ne vale la pena. La parola dell’anno 2022 sarà già ammuffita nel 2023. Così com’è successo nel 2022 a quella del 2021, “vaccino”.