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Conte il ribassista

L’ex premier sa che il M5s uscirà sconfitto dalle prossime elezioni. Così mette le mani avanti, pensando che la débâcle spinga la Base grillina contro il governo. Ma non ha fatto i conti con chi vuole che Draghi resti in sella.

1 Settembre 2021 17:14 Redazione
La strategia di Conte e del M5s dopo le amministrative

da Dagospia

 

Perché Giuseppe Conte non ha un candidato a Primavalle? Semplice, perché non vuole lasciare traccia di una sua sconfitta. D’altronde è nello stile di Giuseppi cuor di azzeccagarbugli tirarsi indietro davanti alle difficoltà. Conte sa bene che le Amministrative saranno un duro colpo per i grillini e sta infatti puntando tutte le sue fiches sulla disfatta dei 5 stelle, che a Roma, Milano, Torino e Bologna non toccheranno palla (solo a Napoli forse terranno botta, grazie però a Fico e Di Maio). La coppia Conte-Travaglio è convinta che una sonora sconfitta alle Amministrative incoraggerà la Base grillina, oltre che Di Battista, a rivoltarsi contro il governo. E non è un caso che nella sua ultima intervista al Corriere Peppiniello abbia iniziato a mettere le manine avanti dicendo che un eventuale disastro alle Comunali non potrà essere imputato alla sua leadership, perché il nuovo corso (quale?) è iniziato da poco tempo (ma a Palazzo Chigi c’era lui o il suo cartonato?).

la strategia di Conte sposata da Letta per affossare il governo
Il segretario del Pd Enrico Letta (Getty Images).

La strategia contiana non dispiace a Enrico Letta

La strategia suicida non dispiace neanche a Enrico Letta e alle varie correnti del Pd. Il primo sa di poter portare a casa un buon risultato dalle Amministrative e non vede l’ora di intestarsi la sconfitta della Meloni a Roma. L’obiettivo di Enrichetto è quello di allargare il perimetro del Pd con il ritorno a casa di Roberto Speranza con la sua Leu (ma senza i sinistrorsi di Articolo 21 e soprattutto Massimo D’Alema). Idea subito raccolta da Area riformista degli ex renziani (Marcucci, Guerini, Lotti, etc) che punta a reintegrare il partito mai nato di Matteo Renzi e Carletto Calenda (che nonostante le fatiche non riuscirà a imporsi a Roma). Trasformare il Pd in un nuovo contenitore di centrosinistra, nel quale Conte si butterebbe a capofitto con la vecchia idea del federatore tanto sponsorizzata da Goffredo Bettini. C’è solo un ostacolo lungo il cammino: Mario Draghi. L’Europa vuole che resti lì dov’è e anche i singoli parlamentari di casa nostra la pensano allo stesso modo, visto che nessuno ha intenzione di lasciare la poltrona prima della scadenza naturale della legislatura e, soprattutto, tutti vogliono maturare il tanto odiato ”vitalizio”. Insomma, la fase della frammentazione dei partiti inizierà dopo le Amministrative, quella della ricomposizione dopo l’elezione del nuovo Capo dello Stato e tutti sono pronti a scommettere che nessuno meglio di Sergio Mattarella sia in grado di guidarla verso il voto politico del 2023…

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