Non c’è più la sigla dell’Eurovisione. Il Nessun dorma di Pavarotti e il “signori e signore, buon pomeriggio”, pronunciato dall’inconfondibile voce di Adriano De Zan. Il benvenuto agli appassionati della bicicletta, un rito quotidiano. Perché il Giro d’Italia è sempre uno spettacolo itinerante di strada, di muscoli e sudore, ma è anche un grande show televisivo, sedimentato nella memoria collettiva grazie alle immagini che scorrono sul piccolo schermo. Una cammino costante, dal bianco e nero, alle dirette full immersion in hd.
Il Giro, regno di Adriano De Zan
Il regno De Zan, dopo il canonico buon pomeriggio, proseguiva con la domanda: “Quanto manca alla fine?” Il rischio era che, se i corridori avessero sgambettato troppo forte, la diretta sarebbe terminata in un amen. Pochi chilometri e arrivederci a domani. I ciclisti, si sa, non badavano ai palinsesti, allora troppo avari di tempo. La lunga scalata al microfono di De Zan ha attraversato decenni, passando dai cannibalismi di Eddy Merckx alle imprese griffate Pantani. In mezzo, il talento cristallino di Bernard Hinault e Miguel Indurain. In totale, 40 edizioni per accompagnarci sull’uscio del nuovo Millennio.
C’è stato un solo intervallo: la parentesi Mediaset, tra il 1993 e il 1997, esempio di passaggio del testimone non riuscito. Il figlio Davide ha provato a innovare, a scuotersi di dosso l’eredità. Ma il papà aveva rubato il cuore degli appassionati. Una classe innata, capace di adeguarsi a ogni opinionista, da Giorgio Martino a Davide Cassani, che oggi, da commissario tecnico della Nazionale, segue in moto la diretta. De Zan, per molte generazioni, è stato il volto, o meglio la voce, del Giro d’Italia. E probabilmente lo resterà per sempre.
In giro per l’Italia attraverso il Giro d’Italia
Ogni tempo, però, ha i propri eroi, le proprie bellezze. Il cedimento alla nostalgia è un’operazione riduttiva, il passato va celebrato, ma va altrettanto ammirata l’attualità. Oggi il fascino risiede nelle immagini a disposizione h24, dalla partenza all’arrivo, senza perdersi nemmeno un colpo di pedale. La diretta a oltranza concede la possibilità di fare il giro per l’Italia, attraverso il Giro d’Italia, godendo degli scorci incantevoli, offerti dalle telecamere della Rai, che riprendono ogni borgo. Attorno si muovono storie, tradizioni e aneddoti svelati allo spettatore dalla sapiente voce dello scrittore Fabio Genovesi. In una corsa che è rosa per antica tradizione, si aggiungono tante donne per raccontarci l’edizione numero centoquattro. Giada Borgato, raffinata opinionista al fianco di Francesco Pancani, pionieristica leader nell’universo delle commentatrici, dove un posto d’onore spetta ad Alessandra De Stefano. La giornalista ha tirato la migliore delle volate per un ciclismo più femminile anche ai microfoni. De Stefano conduce con piglio, rendendo sapide le polemiche, il Processo alla Tappa, pietra angolare di una bicicletta che diventa spettacolo televisivo, fenomeno sociale e culturale.
Il Processo alla tappa che mette il pepe sul Giro
L’ arditezza che avvalla il volo pindarico del pedale come mezzo culturale è confermata da chi ha potuto godere sin dagli anni Sessanta del Processo alla Tappa. Sono i testimoni oculari della gesta memorabili, giornalisticamente parlando, di Sergio Zavoli, ideatore di uno show progenitore dei moderni talk. Fu una narrazione sopraffina di campioni e di gregari, di trionfi epici e di crisi nere, in un vortice di cronaca e cultura. Quel cenacolo del ciclismo era animato da monumenti come Gianni Brera e Pier Paolo Pasolini, giusto per rendere l’idea e non indugiare oltre nei nomi.
Da Fausto Coppi a Vincenzo Nibali, ciclisti in tv
Per una volta è lecito tuffarsi nell’album dei ricordi, senza mancar di rispetto alla contemporaneità, per quel passato in bianco e nero, che ritrae Fausto Coppi e Gino Bartali, ospiti al Musichiere sulla Rai. A colori è, invece, l’immagine di Vincenzo Nibali, all’epoca campione in carica del Tour de France, che nel 2015 calcò il palco del Festival di Sanremo, come già Mario Cipollini aveva fatto nel 2003. Lo Squalo dello Stretto nel 2018 lì, a Sanremo, avrebbe gustato una delle vittorie più inattese ed emozionanti alla Classicissima di primavera. Filmati che, rivisti adesso, cristallizzano in televisione, insieme strumento di velata malinconia e di narrazione contemporanea, volti del passato e facce del presente, magari stravolte, sbuffanti, sfigurate. Ci sono state mostrate di frequente in questa prima settimana di corsa flagellata dal maltempo, confermando il legame inscindibile tra Giro e televisione.