Il fascino di uno sprint, di una vittoria giocata in poche centinaia di metri, magari decisa per millimetri o anche l’eleganza della pedalata scultorea durante una cronometro. O ancora lo scatto in solitaria su una rampa dura per cercare l’azione, una fuga di decine di chilometri e l’arrivo in solitaria. Il fascino del ciclismo è poliedrico e questa edizione del Giro d’Italia, per quanto funestata dal maltempo e dai contagi di Covid, ha già offerto un menù che ha deliziato i palati degli appassionati. Dalla potenza in volata di Jonathan Milan fino ad alcune azioni da manuale, come quella di Ben Healy.
Alle grandi scalate si aggiunge la new entry del Monte Lussari
Tutto fantastico, certo. Ma questa settimana scocca l’ora delle aquile, la più attesa, di chi deve volare sopra le montagne, facendo sognare i tifosi, sia che si trovino al caldo, di fronte alla televisione, sia che intirizziti attendano lungo le strade il passaggio dei corridori, alla spicciolata, sulle pendenze micidiali delle grandi scalate. La storia della corsa rosa targata 2023 sarà scritta su salite bellissime, che hanno raccontato pagine epiche del Giro, ma che sono in parte delle new entry. Mancano le leggende del Passo dello Stelvio, del Passo del Gavia, o anche un Pordoi o un Fedaia, ma ce ne saranno tante altre – forse un pelo meno raccontate al pubblico – più una novità da cerchiare in rosso e destinata a segnare il futuro del Giro d’Italia: il Monte Lussari, gigante inedito delle Alpi Giulie. Fino a pochi anni fa un pezzo di strada era poco più di una mulattiera, quindi non era mai stato preso in considerazione. La sensazione è che dopo questa cronoscalata, il Lussari sarà una montagna deluxe per le prossime edizioni. Un nuovo Zoncolan.

Il Bondone tra l’impresa di Gaul e la delusione di Moser
Alcune delle salite iconiche sono già alle spalle, come l’incantevole Campo Imperatore, legato indissolubilmente al nome di Marco Pantani, che nel 1999 volava tra la neve riscaldando i tifosi che lo aspettavano sul gigante d’Abruzzo. La Cima Coppi di quest’anno (ossia l’apice dell’altitudine toccata durante la competizione) doveva essere il Gran San Bernardo – teatro nel 1952 dell’attacco di Gino Bartali a Fausto Coppi e nel 1957 della salita in solitaria del lussembrughese Charly Gaul mentre la strada veniva liberata dalla neve – ma la tappa è stata modificata a causa della condizioni climatiche del versante svizzero e così per vedere il tetto del Giro bisognerà aspettare la 19esima tappa con le Tre Cime di Lavaredo. Al nome di Gaul è però legata un’altra montagna da scalare nei prossimi giorni: il Monte Bondone. Era il 1956 quando Gaul affrontava tra la folla e la neve quell’ascesa fino ad allora inedita. Realizzò un’impresa storica: arrivò primo al traguardo ma in condizioni di assideramento. Fu così trasportato in hotel e dovettero tagliargli la maglietta di dosso per immergerlo nell’acqua calda. Una fatica immane, ripagata dalla gioia della vittoria del Giro d’Italia, primo grande successo in una corsa a tappe per lo scalatore lussemburghese.

Ma il Bondone riporta alla memoria anche il nome di Francesco Moser, che era di casa da quelle parti. Il ricordo non è però dei migliori: nel 1978 andò in pesante crisi, scivolando dal secondo al terzo posto nella classifica generale, superato da un altro italiano, Gianbattista Baronchelli, che – si racconta – mentre pedalava subiva gli insulti dei tifosi di Moser che speravano di assistere a ben altro spettacolo. E nel trittico delle vette più attese nei prossimi giorni spiccano le già citate Tre Cime di Lavaredo, che vantano uno scalpo eccellente: Eddie Merckx. Nel 1974, il Cannibale, in maglia rosa, durante la salita cedette agli attacchi della furia spagnola, José Manuel Fuente, e di Gianbattista Baronchelli. Il campione belga portò comunque a casa la vittoria del Giro per soli 12 secondi su Baronchelli. Sette anni dopo, nel 1981, fu proprio Baronchelli a pagare dazio a quelle temibili rampe, staccandosi da Giovanni Battaglin che portò a casa il primato nella classifica generale. La cartolina più recente, però, ritrae lo Squalo Vincenzo Nibali, nel 2013, che in maglia rosa realizzò l’impresa. Andando oltre il freddo e compiendo un capolavoro che gli appassionati possono rivivere al Museo di Roma, a Trastevere, in una mostra che intreccia il Giro e la storia del nostro Paese, dal 24 maggio fino al 18 giugno. «Un intero Paese unito intorno ai suoi eroi, inseguiti con lo sguardo dai bordi delle strade, seguiti attraverso le radioline o i televisori che illuminavano le cucine delle case», sintetizza l’evento nella Capitale, che ha attinto dall’archivio storico Riccardi. Foto che saranno cartoline da imprimere nella mente. Come la settimana decisiva che si appresta a vivere la corsa rosa.
