L’Universo non smette di regalare sorprese. L’ultima scoperta, in ordine di tempo, riguarda Giove, in particolare la Grande Macchia Rossa al vaglio degli scienziati dal lontano 1830. Si tratta di un vortice che da secoli agita l’atmosfera del Paese. Un nuovo studio tutto italiano della Nasa dimostrerebbe che la tempesta ha una profondità di circa 300 – 500 chilometri, notevolmente minore rispetto ai 3000 chilometri cui arrivano i venti che soffiando in direzione est-ovest che danno vita ai sistemi di nubi (bande) tipici del pianeta gassoso.
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Coordinatrice dello studio su Giove è l’italiana Marzia Parisi
Ad annunciare la scoperta è la stessa Nasa che, nel primo semestre del 2019 ha dato vita alla missione Juno, uno studio su rilevazioni supportato dal Jovian Infrared Auroral Mapper (Jiram), strumento d’osservazione di matrice italiana. Dietro il mezzo c’è lavoro di Thales Alenia Space Italia e il supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e di Leonardo. Coordinatrice dello studio, pubblicato sulla rivista Science, è Marzia Parisi, ex dottoranda dell’Università La Sapienza di Roma oggi al Jet Propulsion Laboratory della Nasa. Con lei anche Daniele Durante e Luciano Iess del Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale dell’Università capitolina e Alessandro Mura dell’Istituto nazionale di astrofisica a Roma.
LIVE NOW: The science team from our #JunoMission reveals news from Jupiter!
The new findings provide the first 3D look at how the planet’s roiling atmosphere operates underneath the top layers of clouds. https://t.co/zFoBkqGXfM
— NASA (@NASA) October 28, 2021
«La Grande Macchia Rossa è tanto profonda all’interno di Giove quanto la Stazione Spaziale Internazionale è in alto sopra le nostre teste», ha detto alla Cnn la dottoressa Parisi. Larga circa 16 mila chilometri, si credeva finora molto simile a «un disco assai esteso, ma molto sottile», come ha confermato Scott Bolton, direttore del Southwest Research Institute di San Antonio. Le nuove scoperte non solo sovvertono tale teoria, ma aprono anche nuovi scenari. «Stiamo iniziando a mettere insieme tutti questi singoli pezzi e ottenere la nostra prima vera comprensione di come funziona l’affascinante e violenta atmosfera di Giove».
«I dati raccolti attestano una massa pari a circa la metà dell’atmosfera terrestre e poco meno di quella di tutta l’acqua del Mar Mediterraneo», ha proseguito Durante. Tante ancora le ricerche da effettuare, come ha ricordato Luciano Iess, che ha anche preannunciato gli sviluppi futuri. «La scoperta contribuirà a capirne la natura, l’evoluzione e, forse, la sua possibile scomparsa».
I cicloni polari sono molto simili agli uragani terrestri
Altre novità riguardano i cicloni polari. Cinque anni fa, gli scienziati avevano catturato diverse foto del pianeta, scoprendo cinque tempeste cicloniche al polo sud che formavano un pentagono e otto al polo nord, a loro volta riunite con schema ottagonale. Le nuove misurazioni hanno scoperto che tali celle non hanno subito grandi spostamenti sulla superficie.
The Great Red Spot and other features we see at Jupiter's cloud tops actually extend deep into the atmosphere. The instruments aboard our #JunoMission spacecraft are parting the veil on how these systems work. New science: https://t.co/Cs8liMVYE5
📸 processed by Tanya Oleksuik pic.twitter.com/lu1nGjgbAS
— NASA Solar System (@NASASolarSystem) October 28, 2021
«Allo stesso modo degli uragani sulla Terra, tali cicloni cercano di spostarsi verso il polo ma vengono continuamente respinti dal ciclone situato al centro», ha detto Alessandro Mura, anch’egli membro del progetto Juno. Questo equilibrio vale per entrambi i poli di Giove e, secondo gli esperti, fornisce una chiara spiegazione del fattore che ha tenuto le tempeste nella stessa posizione. «Le osservazioni mostrano che i cicloni di Giove si perturbano a vicenda, come se fossero trainati da forze elastiche al centro. Di conseguenza, oscillano lentamente intorno a una posizione di equilibrio».