Giovanni Truppi è tornato. Non se n’è mai andato, a dirla tutta, perché sono mesi che sta facendo quelle che militarmente potremmo chiamare manovre di avvicinamento. Manovre che si manifestano in Rete, attraverso un sito interattivo atto a presentare, nella maniera più giovannitruppiana possibile, il suo nuovo album in uscita a fine mese, Infinite possibilità per esseri finiti, lavoro già anticipato dai singoli Alcune considerazioni, La felicità e, appunto, ora, da Moondrone. Singolo che singolo potrebbe non apparire, almeno a chi ancora ragiona in termini di radiofonicità, – come se le radio fossero ancora oggi qualcosa in più di un elettrodomestico, spesso superato da smartphone o altro (sfido io chi ha ancora in casa una radio che si possa definire tale) – che ha un titolo strambo, come è in effetti strambo il pezzo.

Moondrone e la collaborazione con Niccolò Contessa
Appoggiato su un unico accordo, idea di Niccolò Contessa, genio indiscusso dell’Indie italico quando la parola indie non faceva ancora venire l’orticaria a nessuno, col suo progetto I Cani, e ora passato a vita segreta, come un Thomas Pynchon che però invece di praticare il massimalismo ai massimi livelli opta per scrivere basi musicali su un accordo solo. Accordo solo, dicevamo, sul quale Giovanni Truppi, una delle menti migliori della sua generazione, che per sua fortuna non ha fatto la fine delle menti migliori della generazione di Allen Ginsberg, quelle cantate ne L’urlo, ha ben pensato di usare per uno dei suoi testi a metà strada tra il cantautorato e il teatro canzone, il suo tipico modo di spiazzare l’ascoltatore accompagnandolo per un giro turistico nella sua mente lì a indicarci un artista in perfetta forma. Moondrone, già il titolo dice molto, nel suo essere anomalo: richiama la luna, certo, ma rimane criptico. In realtà è il titolo della base che Contessa gli aveva mandato per scriverci su qualcosa. La canzone parte dal semplice concetto di «vorrei morire prima di chi amo, così da non doverne mai provare la mancanza», per poi spaziare, alla Truppi maniera, su un romanticismo assoluto, complesso, sghembo.
La ventata di freschezza a Sanremo 2022
Del resto, l’essere sghembi è caratteristica con la quale Giovanni Truppi ha deciso di presentarsi al pubblico mainstream, quando l’anno scorso ha portato Tuo padre, mia madre e Lucia, canzone invero anche sanremese, se si pensa a quel ritornello così classicheggiante, almeno stando ai canoni del cantautore napoletano di stanza a Bologna, ma comunque tocco di originalità in un Festival per il resto piuttosto omologato, tutti a notare la sua canottiera – non credo serva ricordare che per tutte le serate Giovanni Truppi si è esibito con la classica canottiera con la quale è solito calcare i palchi di mezza Italia – invece che sul commuoversi fino alle lacrime per la bellezza di una canzone che ambiva, a ragione, a spiegarci l’amore come raramente i cantautori riescono a fare, fuggendo cioè i vieti cliché.

Quella di Truppi è una complessità che suona semplice
Moondrone è fatta della stessa sostanza di cui sono fatte buona parte delle composizioni del nostro: una cifra originale, il parlato usato con innato senso del ritmo, le parole giuste al posto giusto, i concetti sviscerati di quelli che li senti e ti dici come hai fatto a non pensarli tu, consapevole che forse li hai anche pensati ma non sapevi di averlo fatto, o magari non ricordavi, e sicuramente non lo hai fatto con le parole giuste, quelle lì. Una complessità, torno lì, che però suona semplice all’ascolto, nel suo non voler ostinatamente fare l’occhiolino alle mode. Anche quel cantato così tradizionale, prima di partire con lo speech, il calcare l’accento su alcune dizioni volutamente lasciate regionalistiche, la richiesta di una attenzione oggi difficilmente concessa, tutto in pochi secondi, nei tempi dei social, della distrazione di massa. Non è un caso che il suo progetto, il disco, certo, ma anche il sito e il live da poco partito, sia labirintico, concentrico, dove perdersi non è solo facile, quanto necessario, perché altrimenti vedi solo la superficie. Nel suo caso comunque una superficie interessante, spiazzante. Sul palco lui, Truppi, con Marco Buccelli, con Truppi e Contessa autore di Moondrone e produttore con entrambi del nuovo disco, oltre che le ombre della compagnia teatrale femminile Unterwasser. Non esattamente un tentativo di inseguire un successo commerciale post-sanremese, si potrebbe azzardare. Piuttosto che prendere una scorciatoia facile facile assai meglio prendere una via panoramica che offre scorci altrimenti invisibili e addirittura impensabili, deve essersi come sempre detto Truppi. Anzi, forse non ci ha proprio pensato, andando a zonzo per la sua arte guardando per aria. Come sempre, le nuove canzoni nulla concedono al pop, almeno non a quello usa e getta cui ci si è infaustamente abituati col tempo, sono piuttosto la legittima pretesa di indossare per il tempo necessario, è sempre l’artista a decide quanto, non tanto i panni quanto la calotta cranica o il miocardio dell’artista stesso, di fare proprie parole e note per lasciarsi accompagnare in un posto che, in fondo, probabilmente neanche esiste davvero.