È tutto pronto a Nuova Delhi per il Raisina Dialogue, la principale conferenza annuale indiana sulla geopolitica e la sicurezza dell’Indo-Pacifico. All’evento, in calendario dal 2 al 4 marzo, saranno presenti i più importanti leader politici mondiali, oltre a businessman, accademici e personaggi di spicco della società civile, chiamati a partecipare a panel, discutere sullo stato del mondo ed esplorare opportunità di cooperazione in molteplici ambiti.

Giorgia Meloni invitata ad aprire il Raisina Dialogue
Quest’anno – è la voce che rimbalza dall’India e che Palazzo Chigi non ha smentito – Giorgia Meloni sarà l’ospite d’onore, un riconoscimento che nel 2022 era toccato a Ursula von der Leyen. La premier italiana dovrebbe aprire la kermesse il 2 marzo insieme al primo ministro indiano, Narendra Modi. I due si erano incontrati lo scorso novembre a Bali, in Indonesia, a margine del vertice del G20. Per Meloni si tratterebbe del viaggio più importante da quando è stata eletta, al pari della recente trasferta in Ucraina. Anche perché, secondo quanto riportato dal giornale The Hindu, in occasione dell’incontro tra Meloni e Modi sarà annunciato un accordo di cooperazione italo-indiano nel settore della Difesa. Piccolo indizio a conferma dell’indiscrezione: sullo stesso tema si erano confrontati, a metà febbraio alla fiera Aero India di Bangalore, il ministro della Difesa indiano, Rajnath Singh, e il sottosegretario alla Difesa italiano, Matteo Perego di Cremnago che aveva incontrato successivamente anche il Capo di Stato Maggiore della Difesa, il generale Anil Chauhan. Parlando ai rappresentanti governativi presenti al Conclave dei ministri della Difesa Perego di Cremnago aveva insistito sulla necessità di potenziare le relazioni con Nuova Delhi. «L’India è la quinta potenza economica mondiale e nel 2030 potrebbe essere la terza oltre a diventare il Paese più popoloso al mondo», ha sottolineato il sottosegretario, aggiungendo che «l’interscambio con il nostro Paese è intorno ai 14 miliardi, seppur in crescita del 42 per cento rispetto all’anno precedente, è decisamente inferiore al potenziale». Per dare una idea, nel subcontinente sono attive 140 grandi società italiane, 600 aziende comprese sei banche. Ora il nostro Paese è al quarto posto tra gli esportatori Ue, ma solo al 28esimo a livello globale. Il Raisina Dialogue può essere dunque considerato per Giorgia Meloni un fondamentale esame diplomatico. Una prova che non comprende soltanto la parternship con l’India e le relazioni in salita con la Cina ma anche le rinnovate relazioni militari con il Giappone (elevate a “partenariato strategico”), l’approfondimento delle occasioni commerciali con i membri dell’ASEAN e la corsa energetica per accaparrarsi le commesse più ghiotte in Asia centrale.

Meloni e l’avvicinamento all’India in chiave anti-cinese
Negli ultimi anni Narendra Modi ha incontrato tre presidenti del Consiglio italiani – Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte e Mario Draghi – ognuno dei quali ha contribuito a rilanciare le relazioni bilaterale Italia-India, deteriorate dopo l’annoso caso dei marò e lo scandalo AgustaWestland che aveva causato la sospensione dei contratti di Finmeccanica-Leonardo, situazione che poi fu sbloccata da Mario Draghi. Nel faccia a faccia con Meloni, il quarto con un leader italiano, Modi potrebbe concludere il primo accordo sulla difesa, strettamente legato alla strategia Indo-Pacifica dell’Italia. Un’eventuale fumata bianca sarebbe rilevante per entrambe le parti: per Nuova Delhi, che aggiungerebbe così un nuovo tassello nella sua politica estera incentrata sul multilateralismo, ma soprattutto per Roma. L’Italia infatti è l’unico Paese del G7 ad aver firmato un Memorandum of Understanding sulla Via della Seta (che senza un intervento dell’esecutivo si rinnoverà automaticamente nel 2024). L’intesa sottoscritta nel 2019 dal governo Conte 1 è stata più volte criticata da Meloni che ha lasciato intendere di poterla e volerla congelare. Ebbene, la premier italiana potrebbe cercare di smarcarsi dalla Cina avvicinandosi all’India. Il Times of India sottolinea come per Nuova Delhi sia «importante che l’Italia segua da vicino la strategia dell’Indo-Pacifico dell’Unione europea» e che contribuisca alla causa sia «strategicamente che economicamente». Non solo: l’India non ha mai sostenuto la Nuova Via della Seta ed è quindi ben lieta di accogliere una premier, Meloni, che ha definito un grande errore l’ingresso italiano nella BRI. Certo, non si sa ancora se Roma cestinerà o meno l’accordo con Pechino, molto dipenderà da un altro viaggio, quello che Meloni dovrebbe effettuare in Cina il prossimo maggio. Vero è che gli accordi stipulati dall’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio hanno portato nel 2022 l’interscambio commerciale tra i due Paesi a 77,88 miliardi di dollari. Meno del previsto, visto che altri Stati che non avevano sottoscritto la BRI come la Germania, hanno raggiunto i 297 miliardi, ma comunque una cifra da non sottovalutare. Anche perché se il memorandum dovesse essere cestinato, Pechino potrebbe mettere in campo rappresaglie commerciali.

Gli interessi economici in ballo tra Nuova Delhi e Pechino
Modi e Meloni hanno diversi punti in comune: a cominciare dal fatto che sono di due leader di destra e con decise posizioni anti immigrazione. Come detto, si sono incontrati per la prima volta al G20 di Bali con la promessa di rilanciare le relazioni italo-indiane. Prima, però, Nuova Delhi chiederà molto probabilmente all’ospite d’onore che cosa ha intenzione di fare l’Italia con la Via della Seta. Roma cancellerà il MoU? Dal canto suo, l’India ha annunciato un maxi investimento dal valore di svariati miliardi nel settore della Difesa, che ha ingolosito non poco Roma. Non è da escludere, dunque, che le parti possano firmare una sorta di memorandum. Tra pochi mesi però Meloni dovrà apparire altrettanto convincente con la Cina. Pena il deterioramento dei rapporti economici con il Dragone che potrebbe scontentare non poche industrie italiane. Per l’Italia mantenere un equilibrio in politica estera si fa sempre più difficile. È impossibile essere “amici di tutti”, tanto più in Asia.