Io, patria e famiglia

Redazione
13/12/2021

Per Giorgia Meloni al Quirinale deve andare un "patriota" come Berlusconi. Termine usato anche per Caio Giulio Cesare Mussolini, candidato alle Europee nel 2019, per il marò Latorre e da Jonghi Lavarini. Così Fratelli d'Italia si è impossessato della parola.

Io, patria e famiglia

Giorgia Meloni al Colle vuole un «patriota». La «pacchia è finita», ha detto domenica chiudendo Atreju la leader di Fratelli d’Italia citando l’alleato Matteo Salvini, «nelle prossime elezioni del Quirinale il centrodestra ha i numeri per essere determinante e noi vogliamo un presidente eletto per fare gli interessi nazionali e non del Pd. Non accetteremo compromessi, vogliamo un patriota». Patriota come, evidentemente, è Silvio Berlusconi, «mandato a casa dalle consorterie europee perché non firmava trattati poi firmati da Mario Monti, quindi ha difeso l’interesse nazionale». Dunque niente Mario Draghi per il Colle più alto. Sul premier Meloni sospende il giudizio di “patriottismo”. «Non ho ancora elementi, ci sono dei dossier che per me sono fondamentali per fare questa valutazione: Tim, autostrade, Borsa. Una serie di tematiche che raccontano più delle parole quanta disponibilità ci sia a difendere l’interesse nazionale italiano», ha aggiunto la leader di FdI a Mezz’ora in più

 

meloni e il patriottismo
Giorgia Meloni (Getty Images).

Così Meloni definì il patriota

Ma cosa intende esattamente la leader di FdI per patriota? Lo spiegò lei stessa nel 2017 al congresso nazionale del partito a Trieste. «Noi siamo i patrioti, quelli che pensano che l’amore per l’Italia venga prima di tutto il resto: noi diciamo prima l’Italia e prima gli italiani», disse dal palco. Dunque patriota è chi «si occupa di difendere gli interessi del suo popolo e dei nostri figli». Attenzione, spiegò Meloni dal palco, «patriota non è un termine ottocentesco, ma un concetto moderno, attuale: i patrioti sono quelli che lottano ogni giorno per gli italiani. Patriota è anche colui che ha il coraggio di dire che questo progetto di Unione europea è finito, che il progetto è fallito, che va chiuso e riaperto sulla base di confederazione di popoli liberi e non di popoli sudditi». Meglio dell’Europa matrigna sono i Paesi Visegrad «che ovviamente la Ue e la stampa internazionale asservita dipinge falsamente come pericolosi estremisti». Due anni più tardi, nell’ottobre 2019, durante la manifestazione del centrodestra di Piazza San Giovanni (sì, quella di «Io sono Giorgia, sono una madre e sono cristiana») riassunse il concetto con un «Noi difenderemo Dio, patria e famiglia, e fatevene una ragione», uno slogan coniato dal gerarca fascista Giovanni Giuriati nel 1931 anche se nella versione originale famiglia e affetti venivano dopo, giusto per restare filologici. L’ottobre scorso Meloni aveva apportato qualche modifica alla prima “stesura” nell’appello lanciato dalla festa di Vox, il partito di estrema destra spagnolo che l’aveva accolta come una superstar. «Dobbiamo lavorare insieme perché l’Europa del dopo-Merkel sia l’Europa dei Conservatori, l’Europa dei patrioti», disse Meloni tra gli applausi invitando a ripartire «da quelle terre che l’Europa, la civiltà europea, l’hanno creata, forgiata e sviluppata nei millenni».

La candidatura alle Europee del “patriota” Caio Giulio Cesare Mussolini

Il patentino di patriota poi è sicuramente un buon biglietto da visita per un candidato. E infatti Meloni lo aveva consegnato anche a Caio Giulio Cesare Mussolini, in corsa nel 2019 per le Europee con FdI. «Ecco Caio Giulio Cesare Mussolini, un patriota», lo aveva presentato in un video davanti all’Eur, il Colosseo quadrato di Roma quintessenza dell’architettura del Ventennio. «È un onore per me essere candidato per Fratelli d’Italia», rispose lui, «un partito di patrioti come lo sono io». Un patriottismo evidentemente non riconosciuto visto che Mussolini con le sue 21.489 preferenze si piazzò solo quinto e dunque niente seggio a Strasburgo.

Foibe e marò: patriottismi e retorica

Nell’antologia non possono mancare i riferimenti a due sempreverdi della retorica meloniana: le foibe e i marò. Il 10 febbraio 2018, in occasione della Giornata del ricordo, mise in chiaro: «Oggi i patrioti combattono i vigliacchi nemici dell’Italia che vorrebbero negare e nascondere questa tragedia».

Meloni poi non si fece sfuggire l’atto eroico del marò Latorre – per lui e Girone, accusati dell’omicidio di due pescatori nel Kerala nel 2012 la procura di Roma ha chiesto l’archiviazione – che «ha salvato la vita ad una ragazza che stava per soffocare per colpa di una crisi epilettica. E auguri di pronta guarigione alla giovane salvata dal nostro fuciliere di Marina. Questa è l’Italia che ci piace, questa è l’Italia dei patrioti»

Il barone nero Jonghi Lavarini e i veri patrioti

Nell’area vicina a Fratelli d’Italia sono però parecchi ad autodefinirsi patrioti. Uno degli ultimi è stato Roberto Jonghi Lavarini, il cosiddetto Barone nero coinvolto nell’inchiesta di Fanpage sui finanziamenti del partito. «Sono assolutamente indipendente e apartitico ma nessuno faccia finta di non conoscermi o, peggio, si permetta di offendere gratuitamente me e la comunità di veri patrioti che rappresento», ha scritto lo scorso ottobre su Twitter a corredo di foto con Salvini e Meloni.

 

Patriota è diventato un po’ il marchio di fabbrica di interventi, discorsi, orazioni. Per esempio lo scorso novembre il deputato meloniano Andrea Delmastro circa l’introduzione da parte della Corte Penale internazionale del crimine di blocco navale lo scorso novembre ha ribadito: «Per Fratelli d’Italia chi difende i confini non è mai né politicamente né giuridicamente un criminale, ma un patriota. Criminale è chi, in nome della accoglienza oltranzista, alimenta la filiera dedita alla tratta di esseri umani con una lunga scia di morti nel Mediterraneo».

Patriota e patriottismo oggi 

Meloni insomma rispolvera all’occorrenza concetti a lei – e alla destra tutta – cari: la patria e il patriottismo. E poco importa se oggi, tra globalizzazione, investimenti stranieri, Unione europea suonino come slogan sbiaditi, frutto di uno sguardo «miope», per usare le parole di Umberto Galimberti all’Aria che tira.