Durante la sua prima intervista da Presidente del Consiglio, concessa a Bruno Vespa per Porta a Porta, Giorgia Meloni ha stilato un primo bilancio dei primi due mesi del suo governo. «Rispetto a chi auspicava e prefigurava una partenza di questa maggioranza come una catastrofe, tutto il racconto che è stato fatto su di noi sta loro tornando indietro come un boomerang», ha dichiarato per poi rilanciare molti temi che hanno caratterizzato la sua campagna elettorale tra cui l’accesso al Mes.
Giorgia Meloni sul Mes
Senza mezzi termini, la leader di Fratelli d’Italia ha assicurato che «finché io conto qualcosa, posso firmare col sangue che l’Italia non accederà al Mes». Si tratta del fondo monetario che, con l’obiettivo di mantenere la stabilità finanziaria nell’Eurozona, sostiene nei momenti di crisi gli Stati membri che hanno adottato l’euro come moneta unica. Quando una nazione ha bisogno di liquidità, può infatti presentare richiesta di assistenza e, in caso di accettazione della domanda, beneficiare dell’erogazione di prestiti, dell’acquisto di titoli di Stato o dell’attivazione di linee di credito precauzionale. In cambio, deve però aderire a condizioni piuttosto impegnative impegnandosi a realizzare riforme strutturali e adottare misure fiscali per migliorare il proprio bilancio.

Un meccanismo che la premier ha definito «poco utile» tanto che «non è mai stato usato da nessuno». Le condizionalità, ha affermato, sono troppo stringenti e «il Mes è un creditore privilegiato, perché in caso di difficoltà è il primo a dover essere restituito». La presidente ha tuttavia aperto alla sua ratifica – pur sostenendo che non sia un grande tema – perché se l’Italia dicesse di no sarebbe isolata in Europa: «Se siamo gli unici che non approvano la riforma blocchiamo anche gli altri». In ogni caso, ha annunciato che parlerà col direttore del meccanismo per capire se c’è un modo per rendere lo strumento «più utile».

Gli altri temi toccati a Porta a Porta
Oltre al no secco ad accedere ai fondi europei del Mes, la premier ha confermato la stretta sul reddito di cittadinanza, i ristori per i commercianti che pagano commissioni sul Pos, il no all’immigrazione incontrollata come quella di chi «ha i soldi per pagare gli scafisti, che noi accogliamo», il pieno sostegno all’Ucraina – dove ha intenzione di recarsi nei primi mesi del 2023 – ma anche la necessità di rendersi indipendenti dall’aiuto internazionale dei partner stranieri, per non diventarne dipendenti, che sia dal gas russo o dall’elettricità cinese.