Infastidisce ma è doveroso ricordare cosa pensa la destra delle donne, e cosa pensano le donne di destra. Non basta Giorgia Meloni a riscattarle nel ruolo politico, ancora troppo poco frequentato se non ci fossero le quote rosa. Non basta l’ironia della stessa Meloni che, rivolgendosi a Debora Serracchiani, le disse: «Le sembro una che sta due passi dietro agli uomini?». Purtroppo aveva ragione Serracchiani: la donna di destra, ancora oggi, nel 2022, sta non due, ma 20 passi dietro ai maschi. Non basta nemmeno che Giorgia urli di essere «donna, madre, cristiana, italiana» perché mentre lo urla per dar forza allo slogan, svela tutta la retorica che la scredita. Non a caso quelle parole vuote sono state remixate dalla carognaggine social, che ha preso di mira e colpito il ridicolo di una donna, che se fosse davvero evoluta, non griderebbe quelle sciocchezze.

La curiosa emancipazione delle donne di destra
Nessuno vuole togliere niente a Giorgia Meloni («Non me lo toglierete!», gridava. «Calmati», veniva spontaneo risponderle). Altre diverse da lei custodiscono intimamente, perfino con pudore, soprattutto il loro essere madre e il loro essere cristiane. Invece Meloni non perde occasione di sbandierare queste due condizioni, con un cinismo nei confronti della figlia e dei presepi, branditi questi in funzione antislamica e anti-immigrati, che, di nuovo, la screditano. Le donne di destra sono dietro ai maschi quando ripetono a pappagallo le formulette sulla famiglia che non deve essere disgiunta da Dio e dalla Patria; quando dicono che non toccheranno la 194 ma cercano in quella stessa legge i cavilli per depotenziarla, in un lavorìo sordo e oscuro di “sostegni”, nelle retrovie degli obiettori di coscienza, come se la scelta di abortire per una donna dipendesse solo da ragioni economiche; sono dietro a Serracchiani, le donne di destra, perché Serracchiani è per le unioni civili ed è contro l’omofobia, mentre le donne di destra sono per “il matrimonio tra un uomo e una donna” e contro “tutte le violenze”. Quando una donna e un uomo di destra dicono di essere contro “tutte” le violenze, vuol dire che si rifiutano di vedere quelle particolari, che avrebbero bisogno del loro occhio lungo, che le riconoscesse, e di un trattamento legale speciale. Invece quelle e quelli di destra considerano le botte, che i sedicenti maschi (purtroppo non di sinistra) si sentono autorizzati a scaricare addosso a un ragazzo, “colpevole” di essere omosessuale, uguali ai regolamenti di conti tra gli animali ottusi delle curve sud.
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La caccia agli immigrati e l’assoluzione per i figli
Sui femminicidi, le donne di destra si scatenano soprattutto quando chi uccide è un immigrato, ma dentro di loro, nel profondo, alberga la mamma italiana che, sotto sotto, assolve il figlio, qualunque cosa faccia, che sia mafioso, drogato, assassino. Loro sono sempre contro “tutte” le ingiustizie, contro “tutti” i soprusi, contro “tutte” le violenze: un modo olistico di lavarsi la coscienza, lasciando che omofobia, razzismo, giustizia fai-da-te scorrazzino a piede libero. Sono anche parecchi passi dietro a Serracchiani, le donne di destra, perché fanno come faceva Berlusconi con Rosy Bindi: la criticano per la pettinatura, mentre lei se ne fotte alla grande della sua pettinatura, dimostrando una certa superiorità. Meloni che diventa presidente del Consiglio non fa progredire di un millimetro l’emancipazione delle donne, è solo una variabile tecnica, poteva benissimo chiamarsi Giorgio, perché una donna che pensa e agisce come lei c’entra poco con l’emancipazione femminile.

Giulia Salemi, la figura giusta per un’operazione di washing
Lo dimostra anche nella scelta di una influencer, Giulia Salemi, che Giorgia vorrebbe come ambassador per combattere le discriminazioni di genere. Per carità, io sono Giulia, sono una donna, sono mezza iraniana non me lo potete togliere è perfetta: agli uomini ha sempre preferito il cioccolato – lo dice in un libro pubblicato da Mondadori – e non ha sbagliato nulla quando ha parlato alla Camera («alla presenza del Presidente Fontana», ha scritto tradendo l’emozione sul suo profilo Instagram, 1,8 milioni di follower) di violenza contro le donne, lanciando un appello per quelle iraniane, come sua madre. È giusta per quell’operazione washing che ha in mente Giorgia: assumerla per ripetere giaculatorie già sentite ma soprattutto grondanti buon senso sui social, la intendono così la modernità quelli della fiamma tricolore, se non fosse che Salemi sembra un po’ la zia delle influencer.
Se avesse coraggio Meloni punterebbe su Efe Bal
Non ha coraggio Giorgia Meloni: se lo avesse darebbe questo ruolo a Efe Bal, la transessuale turca naturalizzata italiana che a tutte le ore posta su TikTok un video di pura e irresistibile propaganda meloniana. È una trans di destra, con un’idea di bellezza distante anni luce da quella di Serracchiani, e molto vicina agli stereotipi di Canale5: a lei piacciono le borse costose, gli abiti firmati, i capelli biondi e la messa la domenica. Efe sarebbe parecchi passi avanti agli uomini, quei «coglioni» che – lo dice lei – le fanno guadagnare in media 2 mila euro al giorno («esentasse, naturalmente», gli hanno commentato sotto). Se Giorgia la prendesse come testimonial farebbe emergere le contraddizioni, forse meglio di no.