Tutto pronto al MiCo di Milano (megacentro congressi di 28 mila metri quadrati, in zona Fiera) per accogliere gli oltre 4.600 delegati, tra dirigenti ed eletti, di Fratelli d’Italia che, da venerdì 29 aprile al primo maggio, daranno vita alla Conferenza programmatica del partito guidato da Giorgia Meloni dal titolo “Italia, energia da liberare. Indipendenza, libertà, crescita. Appunti per un programma conservatore”. Una tre giorni di dibattiti, incontri, confronti organizzati per tavoli tematici (ben 18) che affronteranno tutte le sfide politiche, economiche, sociali e culturali di più stretta attualità: Europa confederale, agricoltura, la «cultura della libertà», Stato e indipendenza nazionale, famiglia, ambiente, libertà economica, giustizia, crescita e sviluppo, giovani e molti altri ancora.
Il parterre di ospiti alla kermesse milanese
Oltre alla leader, Giorgia Meloni, è prevista la presenza di un nutrito numero di ospiti, da Francesco Alberoni a Stefano Zecchi, dai governatori d’area Acquaroli, Marsilio, Musumeci (quest’ultimo uscente), al direttore del Tg2 Giuliano Sangiuliano, da Giulio Tremonti al direttore di Rai News 24 Paolo Petrecca, da Paolo Del Debbio all’ex presidente della Confindustria Veneta Matteo Zoppas, da Luca Ricolfi all’ex procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio a Marcello Pera, dal diplomatico Stefano Pontecorvo a Vittorio Feltri a Raffaele Fitto, da Stefano Donnarumma, Amministratore Delegato di Terna al “pro-life” Alfredo Mantovano all’immancabile consigliori della leader, Guido Crosetto e molti altri ancora. Previsti i saluti istituzionali del Presidente regionale Attilio Fontana e del Sindaco Giuseppe Sala. Sdoganato, per la grande occasione, anche Carlo Fidanza, europarlamentare e capo-delegazione del partito alla Ue, dopo l’autosospensione del primo ottobre avvenuta a seguito della nota vicenda del party “nero” svelata da Fanpage.

I meloniani si dicono pronti a governare
Secondo molti osservatori, la kermesse rappresenta una sorta di prova generale, da parte del partito (che tutti i sondaggi danno come prima forza del Paese, all’incirca a pari merito col Pd di Enrico Letta, e comunque di gran lunga prima nel Centrodestra, avendo scalzato la leadership della Lega), per accreditarsi come legittimo candidato a guidare il prossimo governo. E anche all’interno del partito non si nascondono dietro a un dito: «La conferenza programmatica di Milano», sottolinea il coordinatore regionale pugliese di Fratelli d’Italia Marcello Gemmato, «rappresenta i preparativi per un governo che reputo possibile, sia per la qualità dei contenuti che sicuramente verranno prodotti sia per la competenza della classe dirigente, del mondo culturale, imprenditoriale e dell’associazionismo che ruota intorno a Fratelli d’Italia e a Giorgia Meloni». E a Gemmato fa eco Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione del partito, sostenendo che «siamo pronti a governare e semplicemente vogliamo iniziare a presentare le nostre idee, poi saranno gli italiani a darci o meno la fiducia…».
Milano andata e ritorno
Sono proprio le parole di Gemmato e Donzelli che permettono di capire la scelta di Milano come sede della convention: non, come sottolineano maliziosamente – e forse anche un po’ sbrigativamente – gli avversari, un omaggio ai ‘padri’ fondativi (quei Fasci di combattimento da cui, nel 1919, proprio a Milano, nacque il movimento fascista) nel centenario della Marcia su Roma che segnò l’avvio della presa del potere da parte del fascismo mussoliniano, e nemmeno una semplice prova di forza nei confronti degli amati-odiati alleati del centrodestra – Lega in primis, e Forza Italia, che proprio in Lombardia conservano la stragrande maggioranza dei consensi – con i quali Fratelli d’Italia sta cercando una difficilissima quadra, tra governo e opposizione, e con i quali sta, in modo difficoltoso, cercando di ripianare i molti temi divisivi (a partire dalla Giustizia: Fratelli d’Italia, per esempio, non sosterrà, tutti i referendum leghisti, alle prossime elezioni amministrative siciliane, dove il partito di Giorgia Meloni chiede una riconferma senza se e senza ma di Nello Musumeci, sul cui nome gli alleati sono, per usare un eufemismo, molto perplessi). La scelta del palcoscenico milanese risponde a un’esigenza ben più strategica: accreditarsi, e forse legittimarsi, nei confronti di un establishment politico, ma soprattutto economico e civile, quello appunto meneghino che, volenti o nolenti, in tutta la storia repubblicana ha qualificato la piazza di Milano come laboratorio di idee e azioni, come crocevia di interessi e di istanze, come snodo imprescindibile per l’affermazione della leadership politica nazionale.

I peccati originali del partito di Giorgia Meloni
Per un partito essenzialmente romanocentrico che si appresta a guidare il Paese diviene pertanto naturale riuscire a entrare nella testa e nel cuore della capitale del Nord, convincendo – e rassicurando – l’establishment che Fratelli d’Italia ha tutti i numeri per garantire la sua affidabilità e la sua abilità per rappresentare in maniera democratica, moderna, pragmatica gli interessi di tutti, anche nei confronti dell’Europa. L’impresa non è facile. Il partito di Meloni, infatti, presenta molti punti deboli. A cominciare dal suo mai risolto legame nostalgico con l’universo fascista di provenienza: se molti, per esempio, ricordano un Gianfranco Fini pronto a rimangiarsi, dicendosene pentito, la definizione di Mussolini come il più grande statista del ‘900, o dichiarare, durante la storica visita a Gerusalemme (era il 2003) il fascismo come male assoluto, nessuno ricorda una altrettanto netta presa di posizione da parte di Giorgia Meloni (che per questo si è guadagnata l’epiteto di «neonazista nell’anima» appioppatole di recente da Luciano Canfora). E si potrebbero ricordare gli ambigui rapporti con la nebulosa dell’estremismo di destra che ancora oggi intrattiene con Fratelli d’Italia rapporti di contiguità mai rescissi con determinatezza.
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Perché Fratelli d’Italia, come Rassemblement National, non riesce a sfondare
Vi è poi l’ambito internazionale, nello specifico quello dei rapporti con l’Europa: se il partito di Meloni riafferma a ogni occasione, da ultima quello della guerra in Ucraina, la sua posizione filo-atlantica ortodossa (come nella tradizione della destra parlamentare, Msi prima, An poi), per contro, in Europa Fratelli d’Italia intrattiene rapporti privilegiati con i nazionalisti e gli euroscettici, tanto da essersi accasato nell’Ecr, il Gruppo dei Conservatori e Riformisti di destra che comprende, per esempio, il PiS polacco, il partito autonomista fiammingo Nuova Alleanza, il Fianna Fail irlandese, il Movimento Nazionale Bulgaro, il Vox spagnolo e così via. Resistendo, peraltro, ai consigli di Guido Crosetto, il quale suggerisce invece un’adesione al Partito Popolare, che riunisce formazioni decisamente più moderate. Un altro vulnus, forse il più rilevante, è la mancanza di una classe dirigente riconoscibile sia politicamente (al di là della leader) sia scarsamente, se non totalmente, inserita nel tessuto sociale ed economico del Paese, e pertanto non in grado di sviluppare una rete relazionale efficace con il mondo per esempio dell’industria e della finanza. Cosa che potrà essere apprezzata dai suoi militanti puristi, ma che taglia fuori il partito dai veri gangli del potere e del consenso. Soprattutto in una fase in cui proprio l’ambito economico appare cruciale per le sorti anche politiche e sociali del Paese. Sembrano, in tutto e per tutto, i punti deboli che hanno impedito a Marine Le Pen di affermarsi nelle Presidenziali francesi. Chissà che, partendo dal confronto con Milano, Giorgia Meloni saprà raddrizzare il timone e guidare Fratelli d’Italia alla conquista vittoriosa del prossimo governo con un più ampio e convinto consenso rispetto al suo alveo naturale di riferimento (quello, per intenderci, che ancora ieri, al funerale a Roma di Assunta Almirante, presente Giorgia Meloni, si è esibito nella squallida coreografia di saluti romani e slogan fascisti).
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