Non c’è pace nella Lega dove la spaccatura tra Matteo Salvini e l’ala governista – rappresentata dai ministri Giorgetti e Garavaglia e i governatori del Nord – si allarga giorno dopo giorno. L’ultimo terremoto si è registrato oggi. Mentre il segretario riceveva a Pistoia il presidente del Brasile Jair Bolsonaro (non solo di estrema destra, ma negazionista del Covid) chiedendogli addirittura scusa in nome degli italiani per le contestazioni ricevute, uscivano le anticipazioni dell’intervista di Bruno Vespa a Giancarlo Giorgetti contenuta nel libro Perché Mussolini rovinò l’Italia (e come Draghi la sta risanando), in uscita il 4 novembre per Mondadori Rai Libri.
La bordata di Giorgetti: la svolta europeista di Salvini «è una incompiuta»
«Se vuole istituzionalizzarsi in modo definitivo, Salvini deve fare una scelta precisa», dice il ministro per lo Sviluppo economico. «Capisco la gratitudine verso la Le Pen, che dieci anni fa lo accolse nel suo gruppo. Ma l’alleanza con l’AfD non ha una ragione». La svolta europeista di Salvini dunque «è un’incompiuta. Ha certamente cambiato linguaggio. Ma qualche volta dice alcune cose e ne fa altre. Può fare cose decisive e non le fa».
«Matteo è abituato a essere un campione di incassi nei western, ma stanno passando di moda»
«Il problema non è Giorgetti, che una sua credibilità internazionale se l’era creata da tempo», rincara la dose il ministro leghista. «Il problema è se Salvini vuole sposare una nuova linea o starne fuori. Questa scelta non è ancora avvenuta perché, secondo me, non ha ancora interpretato la parte fino in fondo. Matteo è abituato a essere un campione d’incassi nei film western. Io gli ho proposto di essere attore non protagonista in un film drammatico candidato agli Oscar. È difficile mettere nello stesso film Bud Spencer e Meryl Streep. E non so che cosa abbia deciso…». Giorgia Meloni però, obietta Vespa, «continua a mordervi il fondo dei pantaloni». «È vero», risponde Giorgetti, «ma i western stanno passando di moda. Secondo me, sono finiti con Balla coi lupi. Adesso in America sono molto rivalutati gli indiani nativi».
Giorgetti sulla collocazione della Lega in Europa
Quale sarebbe dunque la collocazione della Lega in Europa? Il cammino verso il Partito popolare europeo, osserva Giorgetti, è «un’ipotesi che regge se la Cdu non si sposta a sinistra. Armin Laschet, il candidato sconfitto alle elezioni, è un’espressione della nomenklatura del partito. C’è fermento, gli elettori chiedono una partecipazione dal basso, ci si aspetta che si guardi a destra più che a sinistra. La Cdu deve ricrearsi una natura liberale, moderata e conservatrice. Anche guardando al Ppe», è il ragionamento di Giorgetti che aggiunge: «Io non ho bisogno di un nuovo posto. Io voglio portare la Lega in un altro posto». Un altro posto ma con o senza Salvini? Segretario e vice riusciranno a mantenere un binario comune? «Continueremo a lavorare così finché il treno del governo viaggia veloce, altrimenti rischiamo noi di finire su un binario morto», la risposta di Giorgetti. Il ministro poi mette in chiaro che all’interno della Lega «non ci sono due linee. Al massimo, sensibilità diverse. Amando le metafore calcistiche, direi che in una squadra c’è chi è chiamato a fare gol e chi è chiamato a difendere. Io, per esempio, ho sempre amato Andrea Pirlo. Qualcuno deve segnare, qualcuno deve fare gli assist».
Per Giorgetti Draghi potrebbe guidare il Paese anche dal Colle
Immancabile poi una riflessione sulla corsa al Quirinale per il dopo Mattarella. Giorgetti non ha dubbi a riguardo: «Draghi potrebbe guidare il convoglio anche dal Quirinale». «Già nell’autunno del 2020 le dissi», ricorda il titolare del mise a Vespa, «che la soluzione sarebbe stata confermare Mattarella ancora per un anno. Se questo non è possibile, va bene Draghi». Che potrebbe guidare il «convoglio» del governo «anche da fuori». «Sarebbe un «semipresidenzialismo de facto, in cui il presidente della Repubblica allarga le sue funzioni approfittando di una politica debole». «Come ha fatto a suo tempo Napolitano», osserva Vespa. «Lui l’ha fatto dinanzi a un mondo politico spaesato», precisa Giorgetti, «Draghi baderebbe all’economia».