Lombardia, l’asse Meloni-Giorgetti sarà la svolta nel centrodestra?

Andrea Muratore
10/10/2022

Il leghista ritenuto più lontano da Meloni è in realtà l'uomo chiave per consolidare l'asse di governo con FdI. La futura premier ha bisogno di un alleato responsabile a Roma mentre il Carroccio cerca di preservare il potere in Lombardia. In quest'ottica Salvini e Fontana sono sacrificabili.

Lombardia, l’asse Meloni-Giorgetti sarà la svolta nel centrodestra?

Letizia Moratti, Giorgia Meloni, Giancarlo Giorgetti: il futuro della Lombardia, dell’assetto del centrodestra di governo e della segreteria leghista di Matteo Salvini, già commissariato dopo il dimezzamento alle urne del 25 settembre, sono nelle loro mani.

Moratti, l’arma segreta di Meloni 

A pochi giorni dalle Politiche, Moratti ha rilanciato la sua corsa alla presidenza di Regione Lombardia senza che in Lega si udisse un tintinnar di sciabole in difesa di Attilio Fontana pronto a ricandidarsi. Non è un mistero che Moratti abbia da tempo una sintonia profonda con Giorgia Meloni sempre meno propensa ad appoggiare l’attuale governatore. La leader di FdI infatti teme che il leghismo salviniano trovi nel Pirellone la sua ultima ridotta e sfrutti la Lombardia per organizzare una opposizione interna al governo. Anche per questo non vuole – e forse non può – perdere l’occasione storica di consolidarsi in una regione ove la destra sociale non è mai stata padrona di casa.

Lombardia, l'asse Meloni-Giorgetti sarà la svolta nel centrodestra?
Giorgia Meloni (Getty)

La rete di FdI in Lombardia e i contatti con Cl

Prima del voto, lo schema, confermato da più parti in FdI, prevedeva per Moratti un ruolo ministeriale d’alto profilo in cambio dell’appoggio alla Lega per la rielezione di Fontana. L’evaporazione dello strapotere leghista al Nord ha però aperto cambiato gli equilibri e aperto nuovi scenari. Ora Meloni può pensare in grande. A Fratelli d’Italia serve radicarsi in Lombardia dove il partito pur ricco di colonnelli (da Daniela Santanché a Ignazio La Russa) è cresciuto più nelle urne che nelle strutture. L’alleanza col mondo del cattolicesimo liberale, vicino a organizzazioni come Comunione e Liberazione, e con la borghesia cittadina che ha in Moratti un punto di riferimento potrebbe aprire la strada a FdI per rafforzare le sue liste in vista delle Regionali e addirittura per ambire a dare la spallata a Fontana. Qui però entra in scena il terzo incomodo: Giancarlo Giorgetti.

Il ruolo di Giorgetti sull’asse Milano-Roma

Il più draghiano e governista dei leghisti, sulla carta il più lontano da Fratelli d’Italia, sarebbe desideroso di un confronto franco con la premier in pectore che lo stima e lo avrebbe persino sondato per un ministero, arrivando a ipotizzare il suo nome per il Viminale agognato da Salvini. Ora può costruire con il ministro uscente un’inedita partita anche per la Lombardia. Da un lato, infatti, Giorgetti mal tollera Salvini e vuole tornare centrale nella Lega grazie a un do ut des con Fratelli d’Italia sulla scia della riapertura del dossier autonomia in cambio della fedeltà della pattuglia leghista al nuovo esecutivo, in cui spera possano entrare figure di riferimento per queste istanze come l’ex ministra agli Affari Regionali Erika Stefani. Dall’altro, Meloni sa che anche se dovesse vincere in Lombardia, avrà bisogno di piloti leghisti per navigare tra le rapide della regione più grande, popolosa e produttiva d’Italia. In Fdi qualcuno lo dice tra i denti: lo schema vincente è una coalizione di centrodestra che tenga i poteri lombardi dentro, il ribellismo della Lega di piazza sotto e Salvini fuori. Fuori, perlomeno, dai vertici del partito. Come anticipato da Tag43, «l’asse Fdi-Giorgetti è una realtà in termini di dialogo e confronto sui temi più importanti per il Paese», conferma una fonte interna al centrodestra.

Lega di lotta e di governo

A Giorgetti interessa, in sinergia coi governatori del Nord-Est, una Lega che recuperi posizioni grazie alla buona amministrazione; a Meloni una Lega dialogante al governo e capace di essere partner affidabile; a Moratti una Lega che non sbarri la strada alle sue ambizioni a Milano o Roma sulla scia di quello che ritiene essere un pregiudizio personale nei suoi confronti da parte della leadership. Il minimo comun denominatore di queste tre partite è il fatto che l’ostacolo è uno: Salvini. Il quale, sulla partita per la Regione sembra non toccare palla. Un accordo tra Lega e Meloni per una sostituzione di Fontana sarebbe la fine della sua segreteria, mentre un ritorno in auge di Giorgetti non mediato dal segretario sarebbe un atto di sfiducia. Senza contare che un’uscita di Fontana varrebbe come una sconfessione di ciò che resta del progetto avviato tra il 2018 e il 2019.

Pirellone a Milano
Il “Pirellone”, sede del Consiglio Regionale della Lombardia (Getty)

Per Giorgetti «l’emancipazione da Salvini dopo anni di convivenza forzata è un passo necessario», si ragiona nel campo lombardo di Fdi. L’asse con Meloni gli serve per tornare centrale. A sua volta la futura premier può con la sponda di Moratti aprire la strada a un consolidamento delle liste con candidati all’altezza. E, ricordano sempre in Fdi, evitare l’unica discesa in campo che sul fronte del centrosinistra è veramente temuta, quella del sindaco di Milano Beppe Sala che, è il ragionamento, potrebbe essere tentato si sfidare la destra a trazione leghista.

La Lombardia sarà il capolinea di Salvini?

E chi più di tutti trema oggi è proprio Matteo Salvini. Il quale rischia di tramontare proprio nella sua regione. Alcuni media hanno addirittura avanzato l’ipotesi che possa essere lo stesso Giorgetti, in prima persona, a guidare il centrodestra a Milano. Ma chi lo conosce bene ribadisce che il ministro dello Sviluppo Economico ormai si è pienamente romanizzato e padroneggia molto meglio i tempi e i modi dei Palazzi della Capitale che non quelli lombardi. Il fatto stesso che se ne parli mostra, però, quanto forte sia la volontà di Giorgetti di emanciparsi da un abbraccio a cui è stato costretto perlomeno fin dall’inizio del governo Draghi, nell’instabile ruolo di pendolo tra la Lega di lotta e quella di governo. Un dualismo per la cui archiviazione la sponda con Meloni, inattesa sulla carta, è la migliore soluzione.