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Fortezze verdi contro il Sahara

Decine di piccoli giardini circolari per fermare la desertificazione del Sahel. Sono i tolou keur, un progetto che si inserisce nel Great Green Wall.

23 Agosto 2021 13:0523 Agosto 2021 14:23 Fabrizio Grasso
i giardini circolari del sahel

Papaia, anacardi e limoni per fermare l’avanzata del Sahara. Assieme ad alcune piante medicinali e ai baobab, rappresentano infatti le colture base dei tolou keur, giardini circolari con cui si tenta di arginare la desertificazione del Sahel, regione africana che si estende fra il Senegal e il Gibuti. Come riporta Wired, l’idea è dare nuova linfa al Great Green Wall, progetto lanciato nel 2007 dall’Unione Africana, con il sostegno dell’Unione europea, della Banca Mondiale e delle Nazioni Unite. L’obiettivo era creare, come sottolinea il nome stesso, una “Grande Muraglia Verde” piantando alberi in un’area di 780 milioni di ettari nel tentativo di rallentare l’avanzata del deserto. Accompagnato da grandi ambizioni, il progetto si è però arenato a causa di diatribe politiche su dove bisognasse piantare gli arbusti e dibattiti scientifici che ne hanno messo in dubbio l’efficacia.

Perché i giardini circolari per fermare il deserto

Aly Ndiaye, ingegnere senegalese che ha realizzato il progetto, ha sottolineato che una serie di piccoli giardini «permanenti, utili e sequenziali» potrebbe risultare molto più efficace rispetto a una linea ininterrotta di alberi. La loro particolare conformazione circolare consente alle radici di crescere verso l’interno, intrappolando liquidi e batteri, aumentando le riserve idriche del terreno. A oggi ne sono stati creati a dozzine in tutta la regione, ma la speranza è di superare il migliaio. L’obiettivo è ora quello di sensibilizzare la popolazione, integrandola nel progetto affinché possa capire i problemi ambientali e partecipare attivamente. «La comunità deve assumersi alcune responsabilità», ha detto alla Reuters Chukwuma J. Okolie, docente di Geoinformatica presso l’Università di Lagos, in Nigeria. Molti abitanti dell’area hanno già accolto l’invito degli esperti, impegnandosi nella cura di questi giardini anche dopo l’orario di lavoro. È il caso di Moussa Kamara, 47enne di Boki Dawe, in Senegal, che zappa la terra di un tolou keur  dopo aver chiuso la sua panetteria. «Siamo parte di un progetto importante», ha detto alla Reuters. «Ogni albero coltivato aiuterà la gente per i prossimi 20 anni».

L’aiuto delle tecniche agricole locali

A credere nell’efficacia dei tolou keur è anche Geert Sterk, geoscienziato dell’Università di Utrecht che da anni studia l’avanzamento del Sahara. Secondo lo studioso, piuttosto che creare un muro verde, «è molto meglio integrare la nuova vegetazione con i sistemi agricoli della zona». Gli agricoltori potrebbero supportare il processo di rigenerazione naturale del territorio molto più velocemente di tanti interventi esterni anche grazie all’utilizzo di pratiche agricole locali. In Burkina Faso, ad esempio, i contadini intrappolano l’acqua piovana nelle zai, fosse poco profonde che alimentano le radici degli alberi. Inoltre, è pratica diffusa quella di spargere il letame sui campi per spingere le termiti a scavare il terreno e migliorarne la qualità. Occorre però agire subito, in quanto le sabbie non conoscono riposo. Variabilità climatica, allevamenti intensivi e costruzione di dighe fluviali infatti stanno lentamente logorando il territorio africano, già colpito da lunghe siccità. Ad aggravare la situazione sono poi i numerosi conflitti che, costringendo la popolazione ad abbandonare casa, alimentano la desertificazione e il degrado ambientale.

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