Negli Anni 60 era al culmine del potere. Contava oltre 180 mila membri, era temuta e, soprattutto, praticamente intoccabile. La Yakuza, la mafia giapponese, è stata a lungo una delle più grandi organizzazioni criminali del mondo. Oggi qualcosa è cambiato. E non solo per le nuove leggi che, dagli Anni 90 in poi, hanno messo nel mirino le famiglie dei gangster in giacca e cravatta, colpendo chiunque abbia contatti con loro.
Anche la Yakuza invecchia e cerca di attirare giovani leve
Il modello valoriale adottato dalla malavita nipponica, basato su rituali e codici trasmessi di generazione in generazione, si è sciolto sotto i colpi incessanti della modernizzazione. Il criminale asiatico in doppiopetto che distribuisce biglietti da visita agli imprenditori, che non deve nascondersi dalle autorità e gode pure di una legittimazione sociale, non va più di moda. Basta dare un’occhiata ai numeri diffusi dalla polizia. Nel 2006, il 30,6 per cento dei membri della Yakuza aveva 30 anni. Nel 2020, questa percentuale è precipitata al 14 per cento. Meno del 5 per cento ha 20 anni. Al contrario, il 51,2 per cento degli affiliati ha 50 anni o più. Gli over 70 rappresentano invece poco più del 10 per cento del totale. Risultato: oggi le bande giapponesi sono costrette ad affidarsi a uomini di mezza età per fare il lavoro più sporco, mentre lottano nel tentativo di attirare sangue giovane per ricostituire i loro ranghi in continua e graduale diminuzione. Il declino della Yakuza è graduale, appunto, ma costante. Nel 2006, ancora, si contavano 87 mila affiliati, inclusi gli associati non ufficialmente registrati. Quattordici anni più tardi questo numero è sceso a 14.400 membri, a cui si aggiungono 13.800 associati. L’emorragia va avanti incessante, anche per la Yamaguchi-gumi, la più nota e famosa organizzazione Yakuza del Giappone, guidata da Shinobu Tsukasa, ferma a circa 8.900 elementi. Più di un decennio di repressione delle autorità, unita all’incertezza economica, sta rendendo più difficile per la mafia tentare i giovani con la promessa di fare soldi facili. L’offerta delle famiglie non è più una proposta attraente. Ai membri è infatti proibito aprire conti bancari, ottenere una carta di credito, stipulare polizze assicurative e pure firmare un contratto per avere un telefono cellulare. Senza contare il rischio dell’arresto e di passare decenni in carcere.

Tramonta l’idea romantica del fuorilegge erede dei samurai
«La mia generazione sognava di entrare a far parte di gang di alto rango, essere popolare tra le donne, avere soldi e guidare auto di lusso. Ma i tempi sono cambiati. Ai giovani di oggi non piace l’idea di essere legati a una banda». I media giapponesi sono pieni di testimonianze del genere, uscite dalla bocca di ex malavitosi che rimpiangono i tempi d’oro e maledicono il presente. Il modello Yakuza, imperniato su una visione romantica dei mafiosi, considerati onorati fuorilegge, eredi dei samurai senza padrone (ronin), si sta sciogliendo come neve al sole. L’appartenenza alle varie famiglie è in caduta libera dalla metà del 2000, quando i cittadini hanno fatto pressioni sulle autorità locali per scacciare le bande dai territori dopo anni di incidenti violenti. Le leggi più severe – le prime risalgono al ’91 – hanno indebolito il ruolo della Yakuza nella vita sociale, politica ed economica del Giappone. Ad esempio, chi consegna denaro a uno yakuza, anche se in seguito a estorsioni o minacce, è considerato complice e non vittima. E ancora: le aziende sono state ampiamente disincentivate a collaborare con il crimine organizzato.
La metamorfosi e la fine del codice d’onore
In generale, la Yakuza ha una struttura gerarchica, come del resto la mafia italiana, ed è suddivisa in numerose bande, dette kumi. Il suo nome deriverebbe da tre numeri, 8-9-3, che costituivano il punteggio più basso di un gioco di carte giapponese (Oicho-Kabu). Si traducono rispettivamente in hachi, kyuu e san: ha-kyuu-sa, da cui ya-ku-za. La grande differenza rispetto alle altre organizzazioni criminali esistenti, è che la Yakuza non mantiene il segreto né sulla sua gerarchia interna né sulla composizione della leadership dei vari gruppi. Molti di questi hanno addirittura un logo, nonché una sede e una registrazione presso varie associazioni o sindacati patriottici. È impossibile rintracciare con precisione l’origine di questo fenomeno criminale, che deriva tuttavia da organizzazioni legali e semi legali dell’era feudale giapponese. Dopo il boom nel Secondo Dopoguerra, la Yakuza ha mantenuto un rapporto tutto sommato proficuo con la politica giapponese e con le forze dell’ordine, rappresentando una sorta di forma d’ordine sui generis. Accanto ad attività legali, le bande si occupavano tra le altre cose, di speculazioni finanziarie e immobiliari, estorsioni, gioco d’azzardo, infiltrazione nelle attività economiche e sfruttamento della prostituzione. Nel corso degli anni molte bande hanno però superato le tradizionali linee rosse imposte dal loro codice d’onore, entrando in business “proibiti”, quali lo spaccio di droga, o macchiandosi di crimini come le rapine. Le organizzazioni sono così diventate via via sempre più violente, spingendo le autorità ad adottare un pungo sempre più duro. Il “perverso meccanismo” innescato dalla modernità prosegue ancora adesso, e andrà avanti fino all’inevitabile punto di non ritorno. Intanto, le ultime sentenze hanno stabilito che il crimine in ambito yakuza è attribuibile non soltanto al singolo ma all’intera organizzazione della quale fa parte, nonché a chi la guida. Dal 2008 in poi, inoltre, il boss è diventato responsabile dei danni causati dai suoi uomini.

I rischi di una totale clandestinità
Le bande criminali che si erano sempre mosse sul confine della legalità ora – anche per la pressione degli Stati Uniti su Tokyo perché argini il crimine finanziario – sono in ginocchio. Ciò nonostante, non esistono piani per decapitare le gang. Certo, sono stati fissati paletti ben precisi per limitare le attività illegali, ma la Yakuza continua a operare in bella vista. Il suo mondo è in declino, potrebbe addirittura auto estinguersi. Eppure, c’è chi teme possibili terremoti. Il pensiero più diffuso è che, nel caso in cui le tradizionali organizzazioni criminali giapponesi dovessero finire in una spirale di totale illegalità, oltre che ad abbracciare la clandestinità, i fuorilegge diventerebbero più crudeli e impossibili da controllare. A quel punto non vi sarebbero più differenze tra la mafia e la Yakuza. Il Giappone riuscirebbe a contrastare un nuovo fenomeno criminale con caratteristiche del tutto diverse rispetto a quelle incarnate dagli “eredi” maledetti dei ronin?