Sacchetto della spazzatura blu in una mano, rifiuti da raccogliere nell’altra. Con la maglia della nazionale cucita addosso come una seconda pelle e ancora eccitati dall’esito finale della partita. Al termine delle prime due partite disputate dal Giappone nel Mondiale 2022 in Qatar, i tifosi nipponici hanno fornito al mondo intero un raro esempio di educazione. Dopo aver esultato per l’inaspettata vittoria contro la Germania nella gara inaugurale, ed essersi rammaricati per l’altrettanto inattesa sconfitta contro il Costa Rica, i supporter asiatici hanno iniziato a pulire gli spalti del Khalifa International Stadium di Doha e dell’Ahmed bin Ali di Al Rayyan. Gli stessi spettatori che durante le sfide trepidavano, urlavano, intonavano cori e si disperavano per le sorti dei loro giocatori, si sono prestati, gratuitamente, per recuperare la sporcizia accumulatasi tra le tribune intorno a loro. Bucce d’arancia, tovaglioli sporchi, bibite semivuote: i tifosi giapponesi non si sono fatti sfuggire niente, hanno raccolto tutto e non hanno fatto domande su chi fosse il “proprietario” della sporcizia. Una volta finito il lavoro, sorridenti e felici, hanno consegnato i sacchi stracolmi ai lavoratori degli impianti.

Non è soltanto senso civico: conta il concetto di Kegare
I calciatori giapponesi hanno adottato lo stesso modus operandi negli spogliatoi: hanno appeso gli asciugamani, pulito il pavimento e persino lasciato un biglietto di ringraziamento. «Questo posto non è nostro, quindi dovremmo ripulire se lo usiamo. E anche se non è la nostra spazzatura, è comunque sporca, quindi dovremmo ripulirla. È un segno di rispetto per un luogo», ha spiegato un giovane sostenitore asiatico dopo Giappone-Costa Rica, finita per la cronaca 1-0 per i centroamericani. Il New York Times ha paragonato l’immagine offerta dagli spettatori giapponesi a quella dei tifosi di altri Paesi, dove lo slalom attorno a schizzi di soda appiccicosa e sacchetti di pop-corn rovesciati è spesso considerato parte integrante dell’esperienza dello stadio. Per quale motivo, allora, i supporter nipponici sono soliti comportarsi in questo modo? Si tratta soltanto di un enorme senso civico, di un’ottima educazione impartita da un sistema socio-culturale sui generis, oppure c’è dell’altro? È impossibile capirlo senza rifarsi ai valori incarnati dalla cultura giapponese, e senza spiegare alcuni concetti chiave. Come quello di Kegare.
This is what they left behind too. 😍 pic.twitter.com/mSrHzIsEbm
— FIFA.com (@FIFAcom) November 23, 2022
Tra filosofia e cultura: togliere la sporcizia significa purificarsi
La spiritualità accompagna, più o meno consapevolmente, i giapponesi durante le loro routine, anche nello svolgimento di faccende quotidiane. Ancor prima che il buddhismo raggiungesse il Paese, gli abitanti del Giappone praticavano una religione indigena chiamata shinto o shintoismo, traducibile come «la via degli dei». Ebbene, un concetto centrale nello shintoismo è quello di kegare, che significa impurità o sporcizia. Il kegare è quindi un tabù che deve essere in qualche modo essere sanato dalla persona responsabile. A questa condizione si può rimediare attraverso riti di specifici purificazione. Quando il buddhismo fu ufficialmente introdotto nella nazione (intorno al 538 avanti Cristo), gli elementi dello shintoismo furono rafforzati all’interno della nuova religione. Il risultato, visibile ancora oggi nei comportamenti dei cittadini nipponici, è che azioni quali riordinare, rispettare gli strumenti di lavoro e i luoghi pubblici, iniziarono a essere concepite come un mezzo per essere più vicini alle divinità e non, come avviene tutt’oggi in Occidente, come semplici faccende domestiche. Tornando in Qatar, l’impurità è rappresentata dai rifiuti. Il rito purificatore è incarnato dai tifosi che, muniti di sacchetti della spazzatura, raccolgono la sporcizia.

A scuola non ci sono bidelli, per strada niente bidoni della spazzatura
In Giappone il concetto di ordine, in particolare negli spazi pubblici, è ampiamente accettato come una virtù. Abitudini del genere sono apprese dai giapponesi sin dalla tenere età, vengono insegnate a casa e rafforzate nelle scuole, dove gli studenti sono tenuti a pulire regolarmente le loro aule e le strutture scolastiche. Molte scuole elementari non hanno bidelli, e parte del lavoro di pulizia è lasciato ai ragazzi. Gli impiegati, allo stesso tempo, dedicano spesso un’ora per abbellire i loro posti di lavoro. La pulizia delle aree comuni, come gli stadi, diventa quindi una sorta di responsabilità individuale. «Per i giapponesi è solo una cosa normale da fare. Quando lasci un posto, devi lasciarlo più pulito di prima», ha dichiarato Hajime Moriyasu, l’allenatore della squadra giapponese. Barbara Holthus, una sociologa che ha trascorso l’ultimo decennio in Giappone, attualmente vicedirettore dell’Istituto tedesco per gli studi giapponesi, ha spiegato che ripulire sé stessi è radicato nella cultura giapponese. «Dovresti sempre portare la tua spazzatura a casa in Giappone, perché non ci sono bidoni della spazzatura per strada. Fin dalla tenera età impari di essere responsabile della pulizia del tuo spazio», ha dichiarato Holthus. La capitale nipponica, Tokyo, ha effettivamente pochi contenitori per la spazzatura. A differenza di quanto non si possa pensare, questo mantiene le strade più pulite, fa risparmiare ai comuni i costi per lo svuotamento dei bidoni della spazzatura e tiene lontani i parassiti.
