Gianni Minà si è spento ieri sera all’età di 84 anni. A dare l’annuncio della morte la famiglia con un post sui social: «Gianni Minà ci ha lasciato dopo una breve malattia cardiaca. Non è stato mai lasciato solo, ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari. Un ringraziamento speciale va al Prof. Fioranelli e allo staff della clinica Villa del Rosario che ci hanno dato la libertà di dirgli addio con serenità».
Nato a Torino nel 1938, giornalista, autore, intrattenitore, conduttore, documentarista, appassionato di America Latina, cominciò il mestiere nella redazione di Tuttosport in cui arrivò nel 1959 per diventarne poi direttore dal 1998 al 1998. Entrato in Rai come collaboratore dei servizi sportivi, seguendo ben cinque Olimpiadi, tre mondiali di calcio e i più importanti incontri di pugilato, esordì nel programma Sprint. Nella sua lunga carriera ha realizzato reportage e documentari per rubriche come Tv7, Dribbling, Odeon. Tutto quanto fa spettacolo, Gulliver ed è stato tra i fondatori del programma L’altra domenica. Per il Tg2, dal 1976, ha realizzato oltre a servizi sportivi anche reportage dall’America Latina. Poi la collaborazione con Mixer, l’ideazione e la conduzione di Blitz, della Domenica Sportiva e del talk show Storie. Proprio per Blitz – programma che negli Anni 80 fu per Rai2 il rivale di Domenica in – intervistò tra gli altri Federico Fellini, Eduardo De Filippo, Muhammad Ali, Robert De Niro, Jane Fonda, Gabriel Garcia Marquez, Enzo Ferrari. Tra le sue interviste sicuramente quella più celebre, di 16 ore, a Fidel Castro nel 1987. A chi gli chiedeva invece quale fosse stato l’incontro più bello, Minà non aveva dubbi e rispondeva: «Quello con Muhammad Alì, il più grande di tutti, perché ha rotto un sistema, una cultura. All’inizio di ogni intervista, esordiva sempre con le sue idee di riscatto per il popolo nero e enumerava tutto quello che un nero americano non era riuscito ad avere nella vita: ‘Tutti hanno una terra per la quale lottare, combattere… tutti. Solo noi, solo i neri d’America non hanno una terra di riferimento’. Purtroppo le sue battaglie non hanno prodotto grandi cambiamenti, ma non mi sento di dire che ha perso». Un solo rimpianto: non essere riuscito a intervistare Nelson Mandela. «L’ho perso, come ho mancato l’intervista a Marcello Mastroianni, una persona gentile e ironica».

Con i Beatles in giro per Roma in 500
Minà ha sempre vissuto il giornalismo come missione. «Sono nato giornalista, lo sono stato, lo sono e lo sarò», aveva sottolineato un anno fa, alla presentazione al Bif&st del docufilm Gianni Minà – Una vita da giornalista. In quella occasione aveva ritirato fuori la 500 con cui accompagnò i Beatles in giro per Roma nel 1965. Arrivarono davanti al Piper e c’era troppa fila, Gianni li portò al Club 84. Forse nacque lì quel racconto sui favolosi Anni 60. «Mi hanno sempre attratto persone capaci di andare controcorrente, anche a costo dell’isolamento, della solitudine», racontava. «Persone capaci di raccontare storie, di mostrare visioni altre. E inevitabilmente hanno acceso la mia curiosità, perché, come diceva il mio amico Eduardo Galeano, capace di raccontare la storia dell’America Latina attraverso racconti ironici e apparentemente non importanti, fatti di cronaca, ‘il cammino si fa andando’, non sai mai dove queste storie ti possano portare. È il bello della vita, tutto sommato».
Quello scatto da Checco Er Carrettiere
E c’è uno scatto che racchiude il suo sentirsi giornalista: una foto in un ristorante di Trastevere insieme con Muhammed Alì. Sergio Leone, Robert De Niro e Gabriel Garcia Marquez. «Questa foto giustifica il mio lavoro di giornalista», scriveva su Instagram. «È stata fatta a Roma, a Trastevere, davanti al ristorante “Checco Er Carettiere” ed è la summa di quello che è stato il mio modo di essere, del piacere che dà l’amicizia e della possibilità di riunire una sera d’estate, per un inatteso gioco del destino,cinque amici avidi di curiosità per ascoltare i racconti del più affascinante tra di noi, Muhammad Ali, un pugile, ma prima di tutto un combattente della vita. Con lui Sergio Leone, un visionario che ha dato al cinema tutta la fantasia possibile, Robert De Niro, che da molti anni viene indicato come il più prestigioso attore dell’arte cinematografica, e perfino Gabriel García Marquez, lo scrittore colombiano premio Nobel che, prima di andarsene da questo mondo, ci ha regalato le pagine più affascinanti della letteratura del ‘900. Una combriccola così è proprio irripetibile e ancora adesso non so capacitarmi di come sia stato possibile riunire, una sera a Roma, questi amici. È per questo motivo che nasce il progetto Minà’s Rewind: l’esigenza di condividere tutte le esperienze fatte grazie al mio meraviglioso, unico mestiere».