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Gianni Agnelli, profilo glam di una icona di stile

Icona di stile. Affascinante come un attore perché, diceva di lui Fellini, scelto dalla fortuna. Protagonista della dolce vita in Costa Azzurra e del gossip. Ritratto glamour dell’Avvocato a 20 anni dalla morte.

24 Gennaio 2023 09:0324 Gennaio 2023 09:06 Andrea Frateff-Gianni
Gianni Agnelli, profilo glam di una icona di stile

Difficile spiegare oggi ai cosiddetti millennial chi sia stato e quale peso abbia avuto nella storia del nostro Paese Gianni Agnelli, semplicemente “l’avvocato”, di cui oggi decorre il ventennale dalla morte. Per capirlo basta ricordare quanto scritto da Enzo Biagi nel libro Il Signor Fiat nel 1976: «Hanno fatto un’inchiesta: 99 cittadini su 100 sanno chi è il Papa, tutti conoscono Gianni».

«Piace come piace un attore perché la fortuna lo ha scelto. È un vittorioso»

Nato a Torino il 12 marzo 1921 da Edoardo, vicepresidente della Fiat, e da Virginia Borboun del Monte, figlia a sua volta del principe di San Faustino e dell’americana Jane Campbell, Gianni Agnelli è stato un’istituzione del capitalismo del Novecento oltre che membro di una famiglia che in Italia per molto tempo è stata considerata superiore per prestigio e influenza addirittura ai Savoia. Ritratto da Andy Warhol in una celebre opera pop, amico dei Kennedy e di Henry Kissinger, di lui Federico Fellini diceva: «Piace come piace un attore perché la fortuna lo ha scelto. È un vittorioso. Mettigli un elmo in testa, mettilo a cavallo. Ha la faccia del re». Il giornalista Marco Ferrante, il biografo più accreditato della famiglia, nel suo Casa Agnelli, succulento libro genealogico edito da Mondadori, per descrivere l’avvocato lo inserisce temporalmente tra due estremi: Vestivamo alla marinara, il romanzo del 1975 della sorella Susanna e l’intervista a Mixer di Giovanni Minoli del 1984. Provengono infatti da qui le abusate massime che vanno da «innamorarsi è da cameriere» al  «ci sono uomini che parlano di donne, e uomini che parlano con le donne. Io di donne preferisco non parlare». «Per 30 anni», continua Ferrante, «molto di ciò che sarà scritto a proposito di Gianni Agnelli viene da queste due fonti saccheggiate oltre ogni limite».

Gianni Agnelli, icona di stile e ultimo re d'Italia
Gianni Agnelli nel 1970 (Getty Images).

L’avvocato come icona di stile

Personaggio mitologico, “l’avvocato” è stato l’ideale di ogni maschio nel mondo: «il James Bond incarnato ma senza la smania cafona del Martini agitato», ha scritto Fabiana Giacomotti su Il Foglio nel 2021. Rappresentazione vivente del potere e soprattutto icona di stile assoluto. «Il suggello dell’eleganza sta sempre in un dettaglio seminascosto», sosteneva Oscar Wilde, che di eleganza se ne intendeva. Gianni Agnelli, al di là degli impeccabili abiti sartoriali firmati Caraceni, di dettagli ne collezionò un’infinità. Dal famoso orologio portato sopra il polsino alla cravatta messa sopra il pullover. Dalle camicie botton-down, ma slacciate, di Brooks Brothers alle polacchine alte marchiate Tod’s sotto l’abito elegante. Dai jeans scoloriti, stirati con la riga, ai larghissimi revers a lancia delle giacche, indossate durante i consigli d’amministrazione.

Gianni Agnelli, icona di stile e ultimo re d'Italia
Gianni Agnelli con Henry Kissinger (Getty Images).

L’autobiografia tenuta in un cassetto

«Una sua autobiografia sarebbe stata un libro affascinante», scrive l’amico Jas Gawronski nel suo libro di interviste Dialoghi del 900, recentemente ripubblicato da Aragno, «il progetto prese l’avvio, gli presentai un amico giornalista americano abbastanza conosciuto con cui simpatizzò e che registrò con lui qualche ora di colloquio per stendere una prima versione. Ma l’avvocato, non contrario all’idea in teoria, quando la vide realizzata su carta si fece prendere dal suo proverbiale riserbo e scartò il progetto, almeno fino a quando sono in vita, mi disse». Per saperne di più ci si deve accontentare del documentario, reperibile su Sky Atlantic diretto da Nick Hooker e prodotto dagli americani di HBO, andato in onda nel 2018, a 15 anni dalla morte. Il biopic americano, spiega Gigi Moncalvo nel suo recente Agnelli Coltelli, edito da Vallecchi, che «è stato realizzato in tutta evidenza con l’autorizzazione di John Elkann, dato che molte immagini sono state attinte dall’Archivio Storico Fiat, un luogo inaccessibile se non si ottiene il nulla osta dai piani alti» è un documento straordinario per comprendere a pieno la nostra unica Crown possibile. Dentro c’è tutto: la narrazione delle tragedie che hanno colpito negli anni la famiglia, l’aneddotica relativa al «don’t Forget you are an Agnelli» della severa tata inglese Miss Parker, le testimonianze delle due sorelle superstiti e degli amici di una vita che vanno da Henri Kissinger a Taki Theodoracopulos. Più una sfilza di nipoti, cugini, e amanti che ne compongono attraverso i loro ricordi un ritratto particolarmente esauriente.

Gianni Agnelli, icona di stile e ultimo re d'Italia
Gianni Agnelli con Anita Ekberg (Getty Images).

La Dolce Vita in Costa Azzurra

Molto spazio è inoltre dedicato al cosiddetto “periodo playboy”, quello speso a godersi i piaceri della vita in Costa Azzurra in compagnia dell’Aga Khan, di Baby Pignatari, di Ranieri di Monaco, di Porfirio Rubirosa. Gli anni trascorsi alla Leopolda, splendida villa a Villefranche-sur-Mer, i racconti delle giornate passate nudo al timone di straordinarie barche a vela, i tuffi dall’elicottero, le Ferrari guidate con scelleratezza e l’elenco delle sue conquiste, vere o presunte, che vanno da Anita Ekberg a Jacqueline Kennedy. E poi naturalmente l’amore per la Juve, la squadra di famiglia, vezzeggiata e coccolata per tutta la vita. Celebre è un’intervista con Biagi nella quale il giornalista gli chiese: «Tommaso Buscetta ha dichiarato di recente di essere un grande tifoso della Juventus. Mi ha detto di dirglielo. Come risponde?». L’avvocato sorrise e poi dopo una breve pausa: «Lo rivede lei? Bè, se lo rivede gli dica che questa è una delle cose di cui non avrà da pentirsi». Chissà cosa direbbe ora della sua Vecchia Signora.

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