L’avvocato e «il Signor Fiat», questi erano solo alcuni dei nomi con i quali veniva identificato Gianni Agnelli. In ogni suo intervento, l’imprenditore, immagine dell’Italia nel mondo, si è sempre saputo distinguere e ha lasciato il segno con aforismi memorabili. A 20 anni di distanza dalla sua morte, ecco quali sono le sue frasi più celebri.

Le migliori frasi di Gianni Agnelli a vent’anni dalla morte
La personalità di Gianni Agnelli la si può intuire in una sua frase presa dall’«Intervista sul capitalismo moderno» di Arrigo Levi: «Un padrone che non esige che un’impresa dia profitto è un pessimo padrone». Un’altra frase celebre fu quella rilasciata a Eugenio Scalfari su La Repubblica: «L’Italia digerisce tutto, la sua forza sta nella mollezza degli apparati, nella pieghevolezza degli uomini politici, nelle capacità di adattamento degli italiani. È un materasso, il sistema italiano».
Nonostante avesse la nomea di playboy, Gianni Agnelli riconosceva l’importanza della famiglia. Nel libro-intervista del 1988 «Dinastie» di Enzo Biagi, disse: «Si può far tutto, ma la famiglia non si può lasciare». Sulla stessa falsariga, «l’Avvocato» affermò: «Ho conosciuto mariti fedeli che erano pessimi mariti. E ho conosciuto mariti infedeli che erano ottimi mariti. Le due cose non vanno necessariamente assieme».

L’amore per la Juventus e la Ferrari
Ovviamente, Gianni Agnelli è stato un tifosissimo della Juventus ed è anche grazie a lui che la società ha acquisito tanti tifosi in tutt’Italia. A tal proposito disse sull’Espresso del febbraio 1997: «Per me, la Juventus sentimentalmente vale moltissimo… Tra gli anni Cinquanta e Sessanta quando i flussi migratori al Nord erano cospicui, tanti meridionali hanno proprio scelto Torino per poter vedere in azione la Juventus. Per molti ammirarla dal vivo è sempre stato un sogno». Per Agnelli il calcio non era un semplice sport, visto che al fratello Umberto, sui rapporti con Palmiro Togliatti, dichiarò: «Il tifo per il pallone può anche unire i massimi rappresentanti di due mondi opposti, il capitalismo e il rivoluzionario».
Un’altra sua passione era la Ferrari. Tuttavia, in occasione del Gran Premio a Monza del 1998 dichiarò: «Non rinuncerei a uno scudetto della Juve per il mondiale della Ferrari».