Il 25 aprile è archiviato, ma lo stesso non può dirsi del malumore che serpeggia dentro Fratelli d’Italia per l’attivismo di Gianfranco Fini. Tutto è cominciato alla vigilia della Festa della Liberazione con quel suo «pontificare dagli studi di Lucia Annunziata», si sfogano i meloniani con Tag43, invitando la premier a chiudere i conti col Ventennio, con tanto di bacchettata per la sua ritrosia proprio sull’antifascismo. Ed è accaduto ancora con l’intervista rilasciata dal vecchio leader al Corriere della Sera. Se alcuni, infatti, hanno interpretato le parole dell’ex presidente della Camera come «una correzione di rotta» nel momento in cui riconosce «la ‘risposta inequivocabile’ di Giorgia», per altri invece il fondatore di An «ha provato a mettere il cappello sulla linea tenuta dalla premier nella lettera al Corsera con la sottolineatura delle parole (‘i valori conculcati dal fascismo’) che la presidente del Consiglio avrebbe ripreso dal documento finale del congresso di Fiuggi».
Le uscite di Fini hanno infastidito FdI ma le sue possibili mire non preoccupano
Su una cosa, aggiungono dietro garanzia di anonimato, «ha fatto chiarezza e cioè sul fatto che non abbia aspirazioni». Eh sì, perché la domanda che aveva ricominciato a circolare è proprio questa: cosa vorrà fare Gianfranco Fini da grande? Con tanto di voci circa le sue ambizioni a una candidatura alle prossime Europee. E altrettante stroncature, tipo quella del ministro Francesco Lollobrigida per il quale «ognuno ha la sua storia e ognuno», come ha riportato Repubblica, «dovrebbe sapere qual è il suo tempo». Una preoccupazione, in realtà, «più mediatica che reale», stando a quanto a racconta a Tag43 una fonte parlamentare di Fratelli d’Italia: «Un conto è il fastidio per le uscite di Fini, che c’è effettivamente tra i parlamentari, un altro è la preoccupazione sulle sue mire che non esiste né nella Base e né ai vertici».

L’ex leader di An non ha truppe: Bongiorno e Valditara sono passati alla Lega mentre Menia a FdI
In casa FdI non è piaciuto il «Fini in cattedra che dà lezioni. Anche perché», spiega, «dentro la nostra comunità non è mai stato superato il fatto che l’ex leader di An abbia distrutto un grande patrimonio prima con l’ingresso e poi con la fuoriuscita dal Pdl e infine con il fallimento del progetto di Futuro e libertà». Ma da qui a interrogarsi sul futuro dell’ex terza carica dello Stato ce ne passa, «sia per via delle pendenze processuali ancora aperte (è imputato per riciclaggio nel processo sulla casa di Montecarlo, ndr) e sia perché su nomine e candidature l’ultima parola spetta a Meloni». Senza contare, infine, il peso specifico politico dell’ex pupillo di Almirante che a sentire diversi Fratelli d’Italia è «ormai senza truppe». A ben guardare, in effetti, di finiani di stretta osservanza nei Palazzi non ce ne sono. Da Giulia Bongiorno e Giuseppe Valditara, accasati nella Lega, al direttore editoriale del Secolo d’Italia Italo Bocchino, oggi sacerdote del verbo meloniano, passando per il senatore di FdI Roberto Menia, avvicinatosi quattro anni fa al progetto di Meloni, dopo aver tenuto in piedi i comitati tricolore di Tremaglia, ma senza mai rinnegare il suo percorso precedente.

Fondazione Liberadestra finita in un nulla di fatto
E che dire della Fondazione Liberadestra presieduta dallo stesso Fini e lanciata nel 2013, ma di cui si sono perse le tracce? Sarebbe dovuto essere lo strumento per continuare a fare politica, seppure escludendo un impegno diretto, come assicurò il leader di An nel novembre di quell’anno nella redazione del Corriere del Mezzogiorno, dove si recò per presentare il suo libro Il Ventennio – Io, Berlusconi e la destra tradita. Ma in Rete oggi sopravvivono solo i profili social di Facebook e Twitter, seppure gli ultimi post risalgano rispettivamente al 2018 e al 2017. Mentre la pagina ufficiale del think tank rimanda beffardamente per errore a una serie di link relativi a servizi di onoranze funebri. In questa avventura, come riportava all’epoca La Repubblica, erano coinvolti Mario Ciampi, già direttore editoriale di Farefuturo, il militante Pierluigi Scibetta e Antonietta Masino, autrice di una tesi di laurea sull’allora numero uno di Fli. Tra gli animatori c’era inoltre l’ex parlamentare aennino Giuseppe Consolo. Non a caso alcuni incontri politici, come racconta a Tag43 chi negli anni addietro ogni tanto vi ha partecipato, «si tenevano nello studio dell’avvocato». Ed è proprio Consolo che, raggiunto al telefono, ha spiegato laconicamente che «la Fondazione è poi confluita nel mio studio legale».
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