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Torno in scatola

Ghosn, ex numero 1 di Nissan, è arrivato in Libano nascondendosi dentro un baule. Fuggito dal Giappone, dove si trovava agli arresti domiciliari, ha sfruttato le diverse falle nel sistema e l’aiuto di un ex agente delle forze speciali Usa. Le tappe del rocambolesco viaggio.

14 Luglio 2021 11:3514 Luglio 2021 12:46 Redazione
L'ex presidente di Nissan Ghosn è fuggito dal Giappone dove era agli arresti domiciliari dentro una cassa per strumenti musicali

In un’intervista con la Bbc, l’ex presidente di Nissan, Carlos Ghosn, ha raccontato di come è scappato dal Giappone per evitare una condanna a 15 anni di carcere: nascondendosi in un baule caricato a bordo di un aereo. «Mi avevano negato la possibilità di vedere mia moglie», ha detto il manager nato in Brasile. «A quel punto ho deciso di scappare». Ma, non potendo farsi vedere, avrebbe potuto lasciare il Giappone solamente nascondendosi. Ma perché il manager era stato arrestato? Nel 2018 Ghosn finì in manette con l’accusa di evasione fiscale e uso indebito di beni aziendali, per un totale di 90 milioni di euro. Dopo 130 giorni in isolamento in carcere fu trasferito agli arresti domiciliari, in attesa di un processo, che sarebbe durato almeno cinque anni e con una probabile condanna a 15 anni di reclusione. Così, la decisione di lasciare il Paese.

Ghosn, la fuga in un baule per strumenti musicali

Una fuga del genere non poteva avvenire senza complici esperti e senza sfruttare alcune falle nel sistema. L’ex presidente di Nissan si è così affidato a Michael Taylor, ex membro delle forze speciali statunitensi specializzato in esfiltrazioni (le operazioni di recupero e fuga di ostaggi da un Paese straniero), e a suo figlio Peter, di 27 anni. Con loro, Ghosn, senza computer e con il telefono costantemente intercettato, è riuscito a comunicare tramite un altro cellulare, non rintracciabile. L’imprenditore ha glissato su come sia riuscito ad ottenerlo, ma ha posto l’accento sul fatto che in Giappone «basta pagare la cifra giusta per ottenere tutto». A proposito di cifre, i complici, invece, per aiutarlo avrebbero ricevuto un compenso in denaro da parte di un imprenditore mediorientale, scosso dalle condizioni in cui un «suo fratello» (Ghosn ha origini libanesi) era trattato in Giappone.

La svolta è arrivata quando i Taylor hanno scoperto che le immagini delle telecamere posizionate nell’appartamento di Ghosn non venivano esaminate in diretta, ma solo alcuni giorni dopo. E che, a differenza dell’aeroporto di Tokyo, in quello di Osaka i controlli sui bagagli sono molto meno stringenti. In particolare, nel terminal mancano apparecchiature per scansionare bagagli di grosse dimensioni. Da qui l’idea di utilizzare una cassa simile a quelle con cui i musicisti trasportano gli altoparlanti, capace di contenere un uomo non troppo alto, ma dal peso di 75 chili.

Ghosn, in fuga nascosto da una mascherina

Architettato il piano, nel pomeriggio del 27 dicembre 2019, Ghosn è uscito per recarsi all’hotel Grand Hyatt, dove gli era permesso di pranzare. Invece di dirigersi al ristorante, è salito in una delle stanze, ha incontrato i suoi complici, si è cambiato ed è uscito, indossando una mascherina chirurgica (già molto comune nel Paese anche prima della pandemia). Si è, quindi, recato alla stazione ed è salito su un treno ad alta velocità. Se è riuscito a passare inosservato, lo deve anche alla grande confusione dovuta alla prossimità del capodanno. Arrivato al terminal alle 22.30, dentro la cassa trasportata da Michael Taylor, Ghosn ha capitalizzato al meglio un’altra falla nel sistema. Data l’ora tarda, e la voglia degli addetti alla sicurezza di rientrare a casa, i controlli non sono stati troppo stringenti e, dopo un giro su un nastro trasportatore, l’uomo si è trovato all’interno del jet privato che lo avrebbe condotto a Istanbul.

In Turchia come un normale passeggero

Uscito finalmente dal Giappone, non era ancora maturo il tempo per i sospiri di sollievo. In Turchia, infatti, Ghosn si sarebbe dovuto imbarcare come un normale passeggero, accompagnato dal dubbio che i Giapponesi avessero scoperto della fuga e magari già lanciato l’allarme. Ancora una volta decisiva si è rivelata l’astuzia di Taylor che è riuscito a prenotare un altro aereo privato, raccomandandosi che venisse tutelata in ogni modo la discrezione di un passeggero importantissimo. Un rischio enorme, ma che valeva la pena compiere e che alla fine si è rivelato azzardo vincente. Alle 6 del mattino del 30 dicembre, Ghosn è atterrato al terminal di Beirut, davanti all’area riservata ai vip. Cambiatosi d’abito e con il passaporto francese in mano è uscito dall’aeroporto e si è messo in contatto con la moglie. Una volta riunitasi, la coppia si è stretta in un lungo abbraccio. I Taylor, veri artefici della fuga da film, sono stati arrestati negli Stati Uniti con l’accusa di favoreggiamento e il Giappone ne ha chiesto l’estradizione. Se dovessero essere condannati rischiano una condanna a quattro anni di carcere.

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