Da pacifisti a partito della guerra: la metamorfosi dei Verdi tedeschi

Stefano Grazioli
22/04/2022

Da pacifisti e ambientalisti, nei decenni i Grünen si sono trasformati in un partito borghese, filo-Usa e anti-russo. Ora con la guerra in Ucraina i ministri Baerbock e Habeck hanno indossato l'elmetto e accusano il Cancelliere Scholz per i suoi tentennamenti nell'inviare armi a Kyiv. L'analisi.

Da pacifisti a partito della guerra: la metamorfosi dei Verdi tedeschi

C‘erano una volta i Verdi, ecologisti e pacifisti, quelli del Nein all’energia atomica e ai Pershing II statunitensi. Negli Anni 80- sono entrati per la prima volta al Bundestag nel 1983 – i Grünen erano fondamentalmente un partito di sinistra. Facevano l’opposizione alla Cdu di Helmut Kohl, erano ribelli, radicali e ancora un po’ figli dei fiori. Joschka Fischer il primo ministro per l’Ambiente in Assia nel 1985 in una coalizione guidata dai socialdemocratici della Spd si presentò al giuramento in giacca e scarpe da tennis, bianche. Altri tempi. Quasi 40 anni dopo i Verdi tedeschi sono al governo nel Paese, sempre in coalizione con la Spd e i liberali della Fdp. Ma non sono più il partito di una volta: adesso assomigliano più alla storica nemica Cdu, borghese e conservatrice. L’ambiente è solo un tema fra tanti, il riarmo più che un’opzione è un dovere come prescrive la Nato, così come l’export di armi in Ucraina. Sono in altre parole il nuovo partito della guerra.

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Annalena Baerbock (Getty Images).

La svolta di Joschka Fischer con la guerra in Kosovo

Colpa solo dell’invasione russa nell’ex repubblica sovietica? No: il percorso in questi decenni è stato tortuoso, soprattutto per la base che ha visto le proprie certezze stravolte dalle leadership che si sono susseguite. Decisiva alla fine degli Anni 90 la guerra nel Kosovo, con l’intervento militare della Nato senza il mandato delle Nazioni Unite. I Grünen erano appena arrivati al governo, per la prima volta nella loro storia, alleati con la socialdemocrazia guidata da Gerhard Schröder. La Germania, ancora traballante dal punto di vista economico dopo la riunificazione avvenuta in fretta grazie a Kohl, non osò dire no alle bombe su Belgrado. E la svolta fu compiuta con il ministro degli Esteri Joschka Fischer che ribaltò al Bundestag il concetto verde del “mai più guerra” accostandolo al “mai più Auschwitz”, dando così il via libera al conflitto con la giustificazione umanitaria.

Da pacifisti a partito della guerra: la metamorfosi dei Verdi tedeschi
Gerhard Schroeder e Joschka Fisher nel 2002 (Getty Images).

La Fondazione Heinrich Böll Stiftung e le politiche anti russe

Nel 2003 il duo Schröder-Fischer decise però che non era il caso di associarsi alla guerra in Iraq voluta dagli Stati Uniti, a causa delle prove sulle armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein che già puzzavano di falso quando Washington reclutava la Coalizione di volenterosi così denominata da George Bush junior, ma i Verdi continuarono la loro metamorfosi. Anche tramite la loro fondazione, la Heinrich Böll Stiftung, che nelle sue attività nello spazio postsovietico si è schierata regolarmente coi movimenti rivoluzionari antirussi, sostenuti più apertamente dagli Stati Uniti, sin dalla rivoluzione ucraina nel 2004. Con Ralf Fücks e Marialuise Beck a far coppia sia nella vita che nella lotta verde, o presunta tale, trainando parlamento e fondazione, contro il Cremlino.

Da pacifisti a partito della guerra: la metamorfosi dei Verdi tedeschi
Il Cancelliere tedesco Olaf Scholz (Getty Images).

Annalena Baerbock e Robert Habeck, ministri con l’elmetto

E così nella politica estera dei Grünen, sempre più filostatunitense e antirussa tra Bundestag e Stiftung, si è persa traccia del pacifismo degli Anni 80 e la volontà del disarmo si è trasformata in corsa al riarmo. Il gas russo è diventato il male assoluto, peggio di quello di scisto, più sporco e costoso che arriverà anche dagli Stati uniti quando saranno pronti i nuovi rigassificatori tedeschi, tra qualche anno; persino l’energia atomica potrebbe rientrare in gioco, con la ministra degli Esteri Annalena Baerbock e il superministro dell’Ambiente Robert Habeck pronti a mettersi l’elmetto per andare in contro Vladimir Putin. Prima la guerra, poi l’ambiente, questo è il nuovo motto verde. Già prima di arrivare al governo, lo scorso anno, la coppia leader dei Verdi premeva per il blocco di Nord Stream 2 e maggiori aiuti militari all’Ucraina. La Russia di Putin era ed è il nemico esterno, quello interno è diventata a posteriori Angela Merkel, rea di aver permesso troppo al Cremlino nei suoi 16 anni passati al Kanzleramt, e al governo ora è il cancelliere Olaf Scholz a essere sotto accusa, anche lui troppo tentennante nel sostenere l’Ucraina. I Verdi di governo sono divenuti più militaristi e pragmatici e meno ambientalisti e idealisti, attenti ai sondaggi come lo era Frau Merkel e ben più al vento che tira a Washington. A sentire certe dichiarazioni c’è più armonia tra Biden e Baerbock che tra Scholz e la sua ministra che sembra dar più retta alle sparate dell’ambasciatore ucraino a Berlino, Andrei Melnik, che ha definito il collaborazionista nazista e criminale di guerra Stepan Bandera un eroe nazionale, che non al suo cancelliere. La guerra di Vladimir Putin ha accentuato le differenze tra Verdi e Spd, facendo guadagnare terreno nei sondaggi agli ex pacifisti, che ora raccolgono sempre più consenso tra gli elettori della destra filoamericana.