Nemmeno sei mesi fa il superministro dell’Economia e dell’Ambiente Robert Habeck e la ministra degli Esteri Annalena Baerbock, coppia leader dei Verdi, guidavano senza rivali la classifica dei politici più apprezzati in Germania. Ora sono finiti nelle retrovie, sostituiti dal nuovo ministro della Difesa Boris Pistorius, socialdemocratico, che il cancelliere Olaf Scholz ha reclutato all’inizio dell’anno per sostituire Christine Lambrecht. Persino lo stesso Scholz, un po’ impantanato nei litigi di coalizione tra Liberali e Verdi, sta facendo meglio del duo Habeck-Baerbock. Non è solo una questione di umori dell’elettorato tedesco, ma anche di numeri, quelli dei sondaggi che danno i Grünen in picchiata, addirittura quarto partito dietro l’estrema destra di Alternative für Deutschland.

Verdi in picchiata, tra divergenze al governo e preoccupazione per i prossimi appuntamenti elettorali
Segnali poco confortanti, non solo per il presente che vede il governo tricolore a Berlino spesso e volentieri su linee divergenti, ma quello del prossimo futuro. Il 2024 sarà infatti un Superwahljahr, un anno elettorale denso di appuntamenti tra le elezioni europee e il rinnovo di 11 parlamenti regionali. Quello in corso, con solo due chiamate al voto nei Länder, è tutto sommato di transizione, anche se gli equilibri a Berlino non sono dei più solidi. E Habeck e Baerbock, che si erano proposti come il motore trainante verde e innovativo dell’Ampelkoalition (la coalizione semaforo), pare stiano facendo molto per deludere i loro elettori, soprattutto quelli tradizionali, per i quali il colore verde è appunto quello dei temi ambientali e pacifisti.

La metamorfosi dei Grünen e la crescita dell’AfD
I Grünen di oggi non sono però più quelli ribelli degli Anni 80, partito d’opposizione e quasi anti-sistema, ma si sono imborghesiti passando dai colori dell’arcobaleno al verde militare: l’invasione russa dell’Ucraina ha spostato ancora più a destra la leadership e i tailleur della ministra Baerbock fanno rimpiangere le scarpe da tennis di Joshka Fischer, uno che nel 1999 aveva difeso al Bundestag l’intervento della Nato nella ex Yugoslavia e già allora aveva avviato l’inversione di rotta sulla scacchiera internazionale. Il problema, adesso come allora, è che l’elettorato tedesco vuole un partito che metta un freno all’americanismo senza se e senza ma. Per questo sta rivalutando la moderazione socialdemocratica, senza contare l’effetto collaterale dello spostamento all’altra estremità, dove la destra sguazza tra il nazionalpopulismo razzista sul campo interno e l’antiamericanismo filoputiniano e filocinese su quello esterno: la AfD è in crescita netta, soprattutto nei Länder della vecchia Germania Est dove rischia di diventare il primo partito.

Transizione verde al palo: il partito superato dai movimenti
Persino sui temi ecologici i Verdi sono incalzati dai vari movimenti, da Fridays for Future a Last Generation, che ormai hanno sostituito gli stinti Grünen nella lotta a tutto campo per la difesa dell’ambiente. Il governo semaforo ha sì detto addio al nucleare, decisione presa comunque ai tempi di Angela Merkel, ma gli obiettivi posti sul clima a breve e medio periodo sono destinati a fallire e la tanto acclamata transizione verde ha rallentato già prima di accelerare. Colpa, anche qui, della guerra in Ucraina che ha sconvolto i piani dei governi in mezza Europa, ma resta il fatto che i Grünen devono accantonare le promesse e fare i conti con la realtà che tra l’altro vede meno gas russo e più gas statunitense, gnl da fracking, non solo più costoso, ma meno ecologico. Il partito di Habeck e Baerbock è ormai diventato complementare al sistema, l’anima grüne sbiadita e non certo discriminante rispetto a mezzo secolo fa: se tutti fanno un po’ i verdi e gli originali non cambiano allora il successo elettorale sarà solo temporaneo.