Mentre l’Ucraina e la Moldavia hanno ottenuto lo status di Paesi candidati all’ingresso nell’Ue, la Georgia per ora resta in lista di attesa. I leader dei 27 all’ultimo vertice di Bruxelles del 24 giugno si sono limitati a riconoscere a Tbilisi la «prospettiva europea». «Il futuro di questi Paesi e dei loro cittadini è all’interno dell’Unione europea», hanno scritto i leader europei nelle loro conclusioni. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha sottolineato che la Georgia otterrà lo status di candidato «una volta che saranno state affrontate le priorità specificate nel parere della Commissione sulla domanda di adesione». Dovrà in altre parole rafforzare la sua democrazia e, soprattutto, liberarsi dall’ingerenza degli oligarchi. O, meglio, dell’oligarca: il filoputinano Bidzina Ivanishvili che, nonostante abbia ufficialmente lasciato la politica, continua a interferire attraverso una rete di fedelissimi nella vita del Paese.

Il caso Gvaramia
Dopo la decisione dei 27, il movimento georgiano Sirtskhvilia (Vergogna) è sceso in piazza a Tbilisi chiedendo le dimissioni del governo per difendere il diritto di entrare in Europa, con bandiere ucraine e moldave. Il primo ministro Irakli Garibashvili, considerato delfino di Ivanishvili, a inizio giugno si diceva certo di una decisione positiva da parte di Bruxelles sulla domanda di candidatura presentata all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina. Il questionario era stato compilato in tempi record (solitamente il tempo concesso è di tre mesi). A pesare però sono stati ufficialmente il rallentamento nel percorso di riforme e la mancanza di libertà di espressione. Parla da solo il caso di Nika Gvaramia, direttore del canale televisivo di opposizione Mtavari Arkhi, condannato il 16 maggio a tre anni e mezzo di carcere per accordi pubblicitari poco trasparenti stretti nel 2019 mentre era a capo dell’emittente Rustavi-2. Gvaramia però era stato uno degli avvocati dell’ex presidente Mikheil Saakashvili in carcere dallo scorso ottobre con l’accusa di abuso di potere. L’eroe della rivoluzione delle rose, sostenitore di Euromaidan e nemico di Putin lo scorso mese era stato ricoverato in gravi condizioni in una clinica di Tblisi per malnutrizione, encefalopatie, anoressia e astenia, un quadro compatibile con torture e violenze, fisiche e psicologiche.

Le violenze contro la stampa del luglio 2021
Ma un segnale l’Ue l’aveva mandato già l’8 giugno scorso quando era stata adottata una risoluzione sulle violazioni della libertà di stampa e sulla “minaccia alla sicurezza dei giornalisti” in Georgia, in cui veniva menzionato anche l’attacco ai giornalisti del 5 luglio 2021 quando più di 50 persone, per lo più operatori e cronisti, furono attaccate da gruppi ultraconservatori contrari allo svolgimento di un corteo LGBT a Tbilisi. L’operatore Alexander Lashkarava morì cinque giorni dopo per le lesioni subite. Il ministero dell’Interno georgiano dichiarò che la causa del decesso fosse stata una overdose.

La rete di fedelissimi con cui Ivanishvili controlla la Georgia
Secondo alcuni osservatori però lo stop alla candidatura da parte dell’Ue è dovuto soprattutto a questioni politiche. E in particolare all’influenza ancora esercitata da Bidzina Ivanishvili che fino al 2021 ha guidato il partito di governo Sogno Georgiano prima di annunciare il suo ritiro dalle scene. Ci sarebbe lui dietro la mancata adesione di Tbilisi alle sanzioni occidentali nei confronti di Mosca e all’atteggiamento critico nei confronti di Kyiv, nonostante la maggior parte della popolazione si sia schierata con l’Ucraina. Come ha spiegato a Meduza Nodar Rukhadze, uno dei fondatori del movimento Vergogna, Ivanishvili continua a controllare il Paese attraverso una rete di fedelissimi. Il ministro degli Interni Vakhtang Gomelauri è stato per diversi anni la sua guardia del corpo; il ministro della Salute e del lavoro Zurab Azarashvili proviene dalla banca Cartu di proprietà di Ivanishvili e il procuratore capo Shalva Tadumadze era il suo avvocato. Non solo: il primo ministro Garibashvili è stato più volte citato come rappresentante ufficiale di Ivanishvili nella causa aperta e vinta dall’oligarca contro Crédit Suisse.

L’Ossezia rischia di essere annessa a Mosca
Ivanishvili, 66 anni, dopo aver costruito la sua fortuna in Russia, con la candidatura alla presidenza del 2011 aveva annunciato la cessione di tutte le sue attività nella Federazione e la rinuncia alla cittadinanza. A fine aprile 2022, però, Transparency International ha pubblicato uno studio secondo il quale continuerebbe a gestire affari nel Paese attraverso società offshore, parenti e prestanome. Mettendo a rischio, sostengono i ricercatori, la sicurezza interna e la politica estera del Paese in un momento drammatico per l’area. La Georgia infatti è per il 20 per cento occupata dalla Russia e il referendum in Ossezia del 17 luglio prossimo potrebbe portare l’annessione dell’autoproclamata repubblica a Mosca.
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