Il mondo dei videogiochi sta affrontando una fase di mutamento importante. La capillare diffusione di internet ha trasformato anche la dimensione del gaming, traghettandola dalla modalità tradizionale, in single player, verso piattaforme online, in grado di ospitare, seppur in maniera virtuale, centinaia di giocatori contemporaneamente. La possibilità di condividere la propria esperienza con altri, tuttavia, non è l’unica vera novità della dimensione attuale. Basti pensare alle battaglie stagionali degli sparatutto, come Call of Duty: Warzone, esempi di un’attenzione dirottata sempre più su titoli capaci di aggiornarsi a cadenza regolare. Diminuisce, così, lo spazio per il comparto narrativo a vantaggio di deathmatch e di combattimenti privi di fil-rouge.
Il futuro dei videogame di avventura
Ciò, tuttavia, non sembra pregiudicare, almeno per il momento, la produzione di nuove saghe di avventura, pensate soprattutto per il giocatore singolo e che in passato – come The Last of Us e Red Dead Redemption – hanno fatto incetta di premi nel settore. Se Playstation, come riporta il Guardian, non ha alcuna intenzione di abbandonare il genere, Xbox rilancia la sfida: «Penso che probabilmente ora ne stiamo costruendo più di quanti ne abbiamo fatti in tutta la nostra storia», ha affermato il numero uno, Phil Spencer. «Stiamo investendo attivamente in novità sempre più rischiose, ma in caso di successo, più redditizie».
Videogame di avventura, quali rischi
Al giorno d’oggi, realizzare un videogioco narrativo autonomo è altamente rischioso, complici degli ingenti costi da sopportare. Per far lavorare in modo coeso un team di centinaia di persone occorre un budget non indifferente, anche di centinaia di milioni di dollari, con l’incognita costante di dar vita a un flop. Una soluzione, secondo Spencer, sarebbe quella di inserire sempre più gamer nei team di produzione, consentendo loro di provare le demo prima di sviluppare definitivamente il titolo. «Sarebbe l’occasione per instaurare una relazione più stretta tra creatore e consumatore». Un primo passo in tal senso è già stato fatto con gli appassionati che da anni su una piattaforma cloud di Microsoft progettano e vendono alcune loro idee, soprattutto su giochi come Minecraft e Forza Horizon. «Chiunque può creare un’app: basta un pc e un’unità floppy. Crei un gioco, lo metti su un floppy e lo vendi».
Dello stesso avviso è Matt Booty, capo di Microsoft Studios: «Penso che molti giochi conterranno idee dei nostri utenti. Già con Forza Horizon 5 abbiamo introdotto la possibilità di creare sfide e percorsi a ostacoli, progettando dei livelli di gioco su misura dei giocatori».
Le nuove frontiere del gaming
Nell’intervista, il Guardian ha affrontato poi la questione dell’espansione del mercato verso nuove frontiere come l’India o l’Africa. Ipotesi tutt’altro che remota: «Sarei sorpreso se nei prossimi tre o cinque anni non vedessi numerosi studi in posti che non sono i tradizionali centri di sviluppo dei videogiochi», anche se, ha sottolineato Booty. «ci dovrebbe essere uno studio di centinaia di persone in ognuno di questi luoghi, che crei la miglior versione di gioco per quel tipo di mercato».