Il Cile svolta a sinistra. Gabriel Boric è il nuovo presidente dopo aver battuto con ampio margine – oltre il 55 per cento – l’ultraconservatore José Antonio Kast. L’affluenza ha superato il 50 per cento con 8 milioni di voti.
La esperanza le ganó al miedo.
Gracias! pic.twitter.com/avAvx8CG9C— Gabriel Boric Font (@gabrielboric) December 20, 2021
Boric, leader delle proteste del 2019 ed ex capo della sinistra studentesca
Ha vinto dunque il cambiamento proposto dal leader della coalizione Apruebo Dignidad, che a 36 anni sarà il prossimo 11 marzo il più giovane inquilino della Moneda. Nascerà con lui il governo più a sinistra dai tempi di Salvador Allende. Dai risultati del ballottaggio è emerso che Boric, deputato ed ex leader della sinistra studentesca, ha prevalso facilmente nella regione metropolitana, un’area che già al primo turno aveva premiato Apruebo Dignidad, nella regione di Valparaíso e, a sorpresa anche ad Antofagasta, regione dove il 21 novembre al primo turno aveva prevalso il candidato dell’antipolitica Franco Parisi.

La carriera politica di Boric
Boric è entrato in parlamento nel nel 2014 con il partito Convergencia Social, che si è unito alla coalizione del Fronte Ampio quando è stato fondato nel 2017. Fu tra i leader delle proteste di piazza del 2019-2020 ed è stato in prima linea nella stesura di una nuova Costituzione per rompere definitivamente con la dittatura di Augusto Pinochet. Sostenuto dal Fronte Ampio, ha vinto le primarie di sinistra per le elezioni presidenziali del 2021 contro Daniel Jadue, che rappresentava il Partito Comunista, essendo più centrista di quest’ultimo.
Il programma del nuovo presidente cileno
Critico nei confronti del sistema economico neoliberale cileno, Boric punta a sostituire il sistema pensionistico privato con uno pubblico, introdurre tasse progressive per le aziende e i cittadini ricchi, aumentare il salario minimo e ridurre la settimana lavorativa a 40 ore. Il suo programma include l’aumento della spesa sociale, anche per creare un’assicurazione sanitaria universale e lanciare un piano nazionale di salute mentale, così come la riforma delle forze di polizia, la cui condotta è stata controversa durante la repressione delle proteste del 2019, e l’investimento nella lotta contro il riscaldamento globale.

La telefonata di Kast
Kast, leader del Frente social cristiano e considerato il Bolsonaro cileno, è stato il primo a telefonare a Boric riconoscendo la sua vittoria: «Da oggi lei è il presidente eletto del Cile e merita tutto il nostro rispetto».
Acabo de hablar con @gabrielboric y lo he felicitado por su gran triunfo. Desde hoy es el Presidente electo de Chile y merece todo nuestro respeto y colaboración constructiva. Chile siempre está primero 🇨🇱✌️ pic.twitter.com/AvpBKs0GFT
— José Antonio Kast Rist 🇨🇱 (@joseantoniokast) December 19, 2021
Le congratulazioni del presidente uscente Piñera
Congratulazioni sono arrivate a Boric anche dal presidente della Repubblica uscente, il conservatore Sebastian Piñera. Durante la telefonata di rito, Boric ha assicurato che sarà il presidente «di tutti i cileni» e non governerà «solo tra quattro mura». Erede politico delle rivolte dell’ottobre 2019, Boric propone di rafforzare il ruolo dello Stato nell’economia, un aumento delle tasse per finanziare la spesa sociale e la fine del sistema pensionistico privato ereditato dalla dittatura.
Salvini e l’endorsement per Kast
In Italia, il ballottaggio cileno aveva avuto ripercussioni all’interno della maggioranza. Con il segretario della Lega Matteo Salvini schierato per Kast. «Il Cile sceglie per il suo futuro. A nome mio, di tutta la Lega e di milioni di italiani auguro a José Antonio Kast la vittoria affinché il Cile abbia un futuro di ordine e sicurezza, di pace e giustizia», recitava il videomessaggio postato sui social. Un endorsement che aveva scatenato le reazioni del Pd. I dem infatti avevano ricordato come il padre di Kast, emigrato in Cile dalla Germania alla fine della Seconda Guerra mondiale, fosse stato membro del Partito Nazista. Uno dei fratelli, Miguel, fu invece ministro del Lavoro dal 1980 al 1982, negli anni della dittatura di Augusto Pinochet.