Le parole del G8 di Genova, 20 anni dopo

Redazione
19/07/2021

Black bloc, Piazza Alimonda, scuola Diaz, zona rossa, no-global: quante parole, sentite per la prima volta 20 anni fa, hanno il potere di riportarci nuovamente a quei giorni del luglio 2001.

Le parole del G8 di Genova, 20 anni dopo

Sono passati 20 anni dai fatti del G8 di Genova, che tra il 19 e il 22 luglio 2001 sancirono un prima e un dopo nella vita di migliaia di ragazze e ragazzi, italiani e no. L’evento in cui morì Carlo Giuliani, quello delle barbarie nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto, della devastazione dei black bloc e della «più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la seconda guerra mondiale», come la definì Amnesty. A 20 anni di distanza, quei giorni hanno consegnato all’immaginario collettivo immagini, e parole, ancora indelebili. Ecco quali.

Alimonda, la piazza dove morì di Carlo Giuliani

Gaetano Alimonda è stato un cardinale e arcivescovo cattolico, nato a Genova nel 1818 e morto nel 1891. Il suo nome però, è ormai esclusivamente associato a quello di Carlo Giuliani, il ragazzo di 23 anni ucciso da un colpo di pistola sparato dal carabiniere Mario Placanica proprio lì, in piazza Alimonda, il 20 luglio 2001. I fatti sono noti e le immagini ben impresse nella memoria di tutti: da un lato Giuliani, volto coperto ed estintore in mano. Dall’altro Placanica che, seduto nel discovery blu dell’Arma, spara due colpi e uccide. Qualche giorno dopo, sulla targa della piazza qualcuno scrisse, al posto di “Gaetano Alimonda, vescovo”, “Carlo Giuliani, ragazzo”.

Black bloc: l’onda nera

Il “blocco nero“, o “Schwazerblock” in tedesco, fa riferimento a una tecnica di guerriglia urbana teorizzata in alcuni documenti anarchici comparsi in Germania negli Anni 80. Col tempo, il termine ha identificato i manifestanti contro lo Stato e il capitalismo, caratterizzati per l’abbigliamento nero, il volto coperto e l’uso della violenza nei confronti delle forze dell’ordine e di quelli che sono considerati simboli del potere come banche e sedi di multinazionali, prese d’assalto e distrutte. A Genova nel 2001 arrivarono circa 400 black bloc da tutto il mondo, e le prime violenze cominciarono il 20 luglio nei pressi della stazione di Brignole. Per tre giorni, il capoluogo ligure fu teatro delle devastazioni. Prima del G8 italiano, i black bloc si erano resi protagonisti di azioni simili a Seattle e Praga nel 1999, in occasione della Conferenza ministeriale del Wto e della riunione di Fondo monetario internazionale e Banca mondiale, e a Goteborg, un mese prima di Genova, per la riunione del Consiglio europeo e per il vertice tra Ue e Stati Uniti.

Diaz-Bolzaneto: la «macelleria messicana»

Le violenze compiute dalle forze dell’ordine nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto furono definite, da Amnesty International, «la più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dalla seconda guerra mondiale». Il 21 luglio 2001, tra le 22 e mezzanotte, poliziotti e carabinieri fecero irruzione nella scuola Diaz-Pertini, base del Genova Social Forum che univa manifestanti pacifici, e diedero vita a una mattanza durata ore: 93 furono arrestati, 82 i feriti. Tra questi, 63 finirono in ospedale, tre in prognosi riservata e uno, il giornalista inglese Mark Covell, finì in coma. Le forze dell’ordine entrarono alla Diaz per, dissero, una perquisizione. A supporto di questa tesi, gli agenti mostrarono come prova delle molotov, affermando di averle ritrovate nella scuola. Si scoprì invece che erano state sequestrate in piazza nel corso di altri scontri. In 19, tra gli arrestati della Diaz, furono trasferiti nella caserma di Bolzaneto, dove furono duramente picchiati. Il vicequestore Michelangelo Fournier definì le violenze della Diaz da «macelleria messicana». Nel 2015 la Corte europea dei diritti dell’uomo, in una sentenza di condanna nei confronti dello Stato italiano, evidenziò come durante l’operazione si fossero calpestati gli articoli 3, 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, relativi alla tortura e alle condizioni e punizioni degradanti e inumane.

Il G8 di Genova e i limoni

Per molti, i limoni sono stati il simbolo della manifestazione. Per abbellire gli esterni troppo spogli del Palazzo Ducale di Genova, infatti, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi decise di appendere dei limoni alle fioriere e rendere il tutto più gradevole agli occhi dei suoi ospiti. Ma i limoni servivano anche ai manifestanti per proteggersi dai gas lacrimogeni lanciati dalle forze dell’ordine: bastava bagnare una sciarpa o un fazzoletto con del succo di limone, e coprirsi naso e bocca, per vanificare almeno temporaneamente l’effetto stordente dei fumi. Per questo, migliaia di manifestanti girarono per Genova, in quei giorni, con dei limoni nello zaino.

Genova e il movimento No global

Furono 300 mila i ragazzi e le ragazze, generalmente indicati come “no-global“, che in quei giorni arrivarono a Genova per manifestare tutto il loro dissenso contro i potenti della Terra. Le numerose rivendicazioni erano accomunate da un forte senso di solidarietà: la pace, l’ecologismo, un diverso approccio alla lotta contro la povertà, il rigetto del consumismo, una maggior tutela delle minoranze (si parlava già di migranti). L’attivista Susan George lo definì «Il primo movimento di massa della storia che non chiede niente per sé, vuole solo giustizia per il mondo intero». Alla storia sono passati gli episodi più violenti, ma la stragrande maggioranza di chi era a Genova, in quei giorni, chiedeva solamente un modo migliore. E lo faceva in maniera pacifica.

Zona rossa

Il Covid e la divisione in fasce dell’Italia ha riportato nel lessico comune la zona rossa, oggi intesa come l’area con la più alta incidenza di casi di coronavirus e con le restrizioni più stringenti. A Genova (e nelle città che hanno ospitato e ospitano vertici internazionali a “rischio”) la zona rossa indicava la parte di città inaccessibile a chiunque, e riservata alle autorità italiane e straniere. Nel corso del G8, la zona fu sfondata in Piazza Dante da quattro ragazzi, e fu circondata in molti altri punti dai manifestanti. Tra i protagonisti le tute bianche, gruppo di attivisti della sinistra extraparlamentare, e ovviamente i black bloc, che si concentrarono in piazza Tomaseo. In piazza Paolo da Novi, sempre a ridosso della zona rossa, si concentrarono altre manifestazioni.