Al recente vertice del G7 in Giappone il fronte occidentale ha deciso di varare altre sanzioni per fiaccare la macchina da guerra della Russia, come si legge nel comunicato finale siglato dai leader dei sette Paesi più industrializzati che hanno anche accolto a braccia e borse aperte Volodymyr Zelensky: il presidente ucraino è stato impegnato nell’ennesima trasferta alla ricerca di ulteriore sostegno, economico e militare, alla vigilia dell’annunciata controffensiva che per ora non è ancora stata davvero avviata. Vedesi alla voce Bakhmut. L’Unione Europea ha inoltre preannunciato l’11esimo pacchetto dall’inizio della guerra e gli Stati Uniti hanno già dato il via libera a nuovi provvedimenti restrittivi contro società russe del settore energetico, della difesa e delle risorse naturali. La volontà dell’Occidente è quella di impedire che Mosca eluda le sanzioni, puntando sul coordinamento per migliorare l’efficacia delle misure vecchie e nuove.

Dai diamanti al gas e al petrolio, così la Russia fa fronte alle sanzioni
Una grande rilevanza mediatica ha ottenuto il tema della stretta sull’export di diamanti russi, comunicata in pompa magna a Hiroshima dal presidente del Consiglio europeo, il belga Charles Michel, con la frase «i diamanti russi non sono per sempre», mutuata da un noto spot pubblicitario, creato proprio dalla società belga De Beers negli anni. Il Belgio è cuore del mercato e della lavorazione dei diamanti, importati in gran quantità da Mosca. E non è un caso che a livello europeo proprio il Belgio si sia opposto alle sanzioni. In ogni caso al Cremlino non hanno certo tremato e il portavoce di Vladimir Putin, Dmitry Peskov, ha replicato che quando un prodotto non viene più comprato da una parte, viene acquistato altrove e il mercato mondiale è ricco di alternative. È questo in sostanza il modello che la Russia ha adottato ormai dal 2014, da quando è iniziata la guerra nel Donbass e da quando sono arrivate le prime restrizioni occidentali. In quasi 10 anni sono stati sviluppati anticorpi relativamente robusti e medicine alternative per l’economia russa, dipendente in larga parte dall’esportazione di materia prime. Se la guerra ha chiuso, anche se non ermeticamente, i mercati occidentali, ha spalancato quelli asiatici, soprattutto proprio per quel riguarda gas e petrolio, diretto adesso verso i mercati di Cina e India, e comunque in tutto il mondo, tra schemi che prevedono per il gas il rafforzamento dell’export di gnl via mare e per il petrolio l’utilizzo delle flotte fantasma. I diamanti sono insomma la punta dell’iceberg.
Ukraine is unbreakable.
So is our support and friendship.
Slava Ukraini. @ZelenskyyUa pic.twitter.com/nNnEeZFY7J
— Charles Michel (@CharlesMichel) May 20, 2023
L’economia russa è rimasta a galla e i tempi per sfiancare Mosca si allungano
Fiaccare la macchina da guerra russa con le sanzioni è rimasto per ora più un desiderio che altro: la strategia del Cremlino non è stata deviata di un millimetro e a creare qualche problema alla strategia militare sono stati più i dissidi interni tra il ministero della Difesa e il gruppo Wagner piuttosto che proclami e provvedimenti presi tra Washington e Bruxelles. L’economia russa, contrariamente alle previsione dei catastrofisti, è rimasta a galla, pur con i soliti problemi strutturali aggravati dal conflitto, ma non è stata intaccata profondamente: non portando a nessun tracollo con tanto di rivolte sociali e politiche di un elettorato comunque prigioniero del Cremlino, né appunto subendo le sanzioni in maniera pesante, convertendosi progressivamente alla cornice della guerra. Dopo la contrazione del Pil nel 2022, con un calo del 2,1 per cento, per quest’anno il Fondo monetario internazionale prevede per la Russia una crescita minima dello 0,7 per cento, cifra ovviamente tutta da confermare e legata all’andamento del conflitto, ma in sostanza si tratta di numeri in linea con quello che sta accadendo nel resto d’Europa, con la differenza che Mosca è sempre più accerchiata dalle sanzioni. Come ha scritto il Guardian dopo il vertice di Hiroshima, l’ultimo giro di vite contro la Russia è la prova che l’Occidente rimane saldamente al fianco dell’Ucraina, ma è anche un segno di fallimento e nonostante si parli di una rapida vittoria, non c’è stato alcun colpo decisivo nella guerra economica che abbia portato a un ripensamento al Cremlino. A Washington il Post aveva già fatto notare che la campagna per indebolire Mosca non è certo veloce come qualcuno sperava. La guerra tra la Russia e l’Occidente sarà lunga e chi mostrerà più resilienza, non solo dal punto di vista economico, ma anche politico, ne uscirà meno ammaccato.