La rivoluzione verde, sventolata dai governi di mezzo mondo, stenta a decollare. I combustibi fossili la fanno ancora da padrone, mentre le energie rinnovabili restano al palo. È quanto emerge da un rapporto pubblicato dal Guardian di Tearfund, dell’International Institute for Sustainable Development e dell’Overseas Development Institute sui finanziamenti pubblici forniti dai Paesi del G7 per i combustibili fossili da inizio 2020 a marzo 2021. Allo studio ha partecipato anche la SDA Bocconi School of management.
I Paesi del G7 hanno investito 189 mld di dollari in combustibili fossili contro i 147 spesi in energia green
Sebbene i Paesi del G7 si siano pubblicamente impegnati a favore della salvaguardia ambientale e delle energie verdi, hanno investito miliardi nella direzione opposta. Nel periodo di riferimento petrolio, carbone e gas hanno ricevuto infatti 189 miliardi di finanziamenti pubblici contro i 147 spesi per sostenere l’energia green. Guardando a casa nostra, l’Italia ha investito in energia verde solo 911 milioni di dollari a fronte di 3,8 miliardi spesi per i combustibili fossili. A pesare, sottolinea lo studio, è stata l’ipotesi di nazionalizzazione di Alitalia perché “il sostegno del governo al salvataggio della compagnia aerea non includeva alcuna forma di condizionalità ambientale”.
L’80 per cento dei finanziamenti è stato concesso senza alcun vincolo ambientale
Gli analisti sostengono che, durante la pandemia, si sia persa un’opportunità importante per cambiare rotta. Nella maggior parte dei casi, infatti, gli investimenti in combustibili fossili sono stati fatti senza richiedere alle aziende alcun vincolo. La maggior parte del denaro (circa 115 miliardi sui 189 complessivi) è stato destinato all’industria automobilistica (Honda, Renault) e aeronautica (tra cui Alitalia e i colossi Ryanair, Lufthansa e Easyjet). Non solo: l’80 per cento è stato concesso senza vincolare le aziende a ridurre le proprie emissioni nei prossimi anni. «Ogni giorno assistiamo a un peggioramento della crisi climatica nel mondo», afferma Paul Cook di Tearfund. «Se le scelte del G7 non saranno indirizzate alla salvaguardia dell’ambiente, rischiamo di vanificare quello che è stato fatto finora». Come riporta il Guardian infatti, i Paesi membri del G7 sono tra i più inquinanti al mondo. Essi rappresentano un decimo della popolazione mondiale, ma sono responsabili di quasi un quarto delle emissioni di CO₂. Il futuro non è però tutto a tinte fosche. Alcune nazioni del G7 hanno infatti compiuto anche qualche passo nella direzione giusta. A febbraio, l’Italia ha esteso fino a settembre 2021 il divieto di trivellazioni, mentre il Regno Unito ha annunciato che cesserà la produzione di nuove auto a benzina e diesel entro il 2030.