“Lo sviluppo di tecnologie innovative è uno dei pilastri su cui poggia la strategia di Eni volta al completo abbattimento delle emissioni di processi industriali e prodotti, nonché la chiave per una transizione energetica equa e di successo”: queste sono le parole di Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni. L’attenzione dell’azienda verso la sostenibilità viene dimostrata ancora una volta proprio oggi con l’annuncio che CFS (Commonwealth Fusion Systems), società spin-out del Massachusetts Institute of Technology di cui Eni è il maggiore azionista, ha condotto con successo il primo test al mondo di fusione magnetica.
In poche parole…
Cosa significa? Si tratta di una tecnologia mai sperimentata e applicata a livello industriale finora che porterebbe alla creazione di una fonte energetica sicura, sostenibile e inesauribile che riproduce i princìpi tramite i quali il Sole genera la propria energia, garantendone una enorme quantità a zero emissioni e rappresentando una svolta nel percorso di decarbonizzazione.
Perché è così importante? La tecnologia oggetto del test rappresenta un passo importante per creare le condizioni di fusione controllata e questo renderà possibile il suo impiego in futuri impianti dimostrativi. Studiare, progettare e realizzare macchine in grado di gestire reazioni fisiche simili a quelle che avvengono nel cuore delle stelle è il traguardo tecnologico a cui tendono le più grandi eccellenze mondiali nella ricerca in ambito energetico.
La storia della ricerca
Eni è impegnata da tempo in questo ambito di ricerca e nel 2018 ha acquisito una quota del capitale di CFS per sviluppare il primo impianto che produrrà energia grazie alla fusione. Contestualmente, l’azienda ha sottoscritto un accordo con il Plasma Science and Fusion Center del Massachusetts Institute of Technology (MIT), per svolgere congiuntamente programmi di ricerca sulla fisica del plasma, sulle tecnologie dei reattori a fusione, e sulle tecnologie degli elettromagneti di nuova generazione.
Ad oggi, settembre 2021, CMS ha raggiunto un traguardo fondamentale nel percorso per la realizzazione di un reattore a fusione sperimentale molto più compatto, semplice ed efficiente in confronto a quelli che impiegano superconduttori a bassa temperatura più tradizionali.
La roadmap per il futuro
Sulla base di questi risultati, CFS conferma che entro il 2025 verrà prodotto il primo impianto sperimentale a produzione netta di energia (SPARC) e successivamente quella del primo impianto dimostrativo (ARC), il primo impianto capace di immettere energia da fusione nella rete elettrica che, secondo la tabella di marcia, sarà disponibile nel prossimo decennio.