Le contraddizioni di Salvini su Rocca, condannato per droga

Elisa Serafini
20/12/2022

Il candidato presidente della Regione Lazio Francesco Rocca fu condannato per un giro di eroina nel 1986. Ora verrà appoggiato anche da Salvini, che definisce «venditore di morte» chi smercia stupefacenti. E si è già dovuto rimangiare la definizione davanti al caso Morisi.

Le contraddizioni di Salvini su Rocca, condannato per droga

«Scusi lei spaccia?». «Sì». Così avrebbe potuto svolgersi un dialogo tra il candidato presidente della Regione Lazio indicato dal centrodestra, Francesco Rocca, e Matteo Salvini, se si fosse svolto nel 1985, quando Rocca venne accusato e poi condannato per spaccio di eroina. Questo avvocato ed ex presidente nazionale della Croce Rossa ha un curriculum importante, con esperienze nel management sanitario a livello nazionale e internazionale. Con una macchia che viene dal passato.

La storia dello spaccio: il legame con un gruppo criminale nigeriano

Nel 1986 Rocca venne sottoposto a un interrogatorio, nell’ambito di un’indagine su un giro di spaccio di eroina a Casal Palocco, quartiere residenziale frazione di Roma, e confessò: aveva venduto eroina per conto di un gruppo criminale nigeriano, ricoprendo il ruolo di “tramite” tra distributore e importatore della sostanza. La condanna fu di tre anni e due mesi per detenzione e cessione di sostanze stupefacenti. Il racconto è stato fatto dallo stesso Rocca, all’interno di un’udienza del processo “Mafia capitale” del 2016, dove è stato sentito come testimone della difesa di Angelo Scozzafava. Solo un anno dopo, alla nomina ai vertici della Croce Rossa, Rocca raccontò di quell’esperienza come di un errore: «L’umanità è fragile, ogni individuo è fragile e può sbagliare, ma si deve rispondere alle fragilità, generali e individuali». Così Rocca, dopo la condanna, ha continuato la sua strada professionale, diventando avvocato e infine si è spostato nell’ambito sanitario, scalando posizione dopo posizione.

Le contraddizioni di Salvini su Rocca, condannato per droga
Francesco Rocca candidato del centrodestra alla Regione Lazio. (Getty)

La macchia dell’iscrizione all’Albo degli avvocati con una condanna

Una delle condizioni per essere iscritti all’Albo degli avvocati è avere una condotta “specchiata”. Chi ha subito condanne penali per reati non colposi è tenuto a presentare una dichiarazione all’Ordine degli avvocati che poi valuterà l’ammissione. Fino al 2012, anno dell’introduzione di una nuova legge forense che ha riformato i requisiti per l’iscrizione, l’ammissione all’Albo era sottoposta a criteri e sanzioni disciplinari differenti. 
Oggi, una persona con una condanna per spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti avrebbe difficoltà a iscriversi all’albo professionale degli avvocati.

Quel populismo giustizialista già rimangiato davanti al caso Morisi

Tecnicamente, Rocca è ex spacciatore, o «venditore di morte» come definisce Matteo Salvini chi smercia o cede droga. Un ex spacciatore a cui Salvini avrebbe potuto citofonare, come fece nel famigerato episodio del gennaio 2020 a Bologna. Un ex spacciatore che “il Capitano” dovrà sostenere e di cui ha appena commentato: «Un’ottima scelta». Il leader della Lega incorre, quindi, nella contraddizione del populismo giustizialista che non solo non fa distinzioni tra i diversi tipi di reato (in alcuni Paesi, come il Portogallo, lo spaccio è depenalizzato, in altri è legale acquistare sostanze stupefacenti), ma sembra non lasciare spazio alle “seconde occasioni”. 
Migranti e spacciatori appartengono a categorie vituperate da Salvini, che ha spesso generalizzato il difficile tema della criminalità e dell’uso e cessione di droga, salvo poi giustificare chi ne facesse uso all’interno del partito stesso (come nel contesto del caso che ha coinvolto l’ex social media manager Luca Morisi).

Le contraddizioni di Salvini su Rocca, condannato per droga
Francesco Rocca. (Getty)

Da Michetti in giù, le difficoltà del centrodestra nel trovare candidati

Dopo quella dimenticabile di Enrico Michetti, la candidatura di Rocca rientra nell’ambito dei nomi “collaterali”, personaggi ufficialmente esterni alla politica, ma di fatto legati a uno o più esponenti politici. Personaggi che non possono di certo vantare un forte appeal mediatico o carismatico, ma che rispondono a logiche di potere locale. Basterà questo a far vincere il centrodestra nella regione di Giorgia Meloni?