Una nuova vita, l’ennesima, di Francesco Boccia, quella da capogruppo al Senato del Partito democratico. Nato lettiano fino a diventare schleiniano, se così si può dire, nuotando tra le correnti e muovendosi tra i marosi delle crisi di governo, con capacità da campione olimpico, che gli hanno garantito posizioni di potere. Boccia è la plastica dimostrazione di chi riesce a resistere alle intemperie della politica e ai cambi di leadership: una qualità che lo rende una sorta di Dario Franceschini in versione pugliese, vincitore sempre e comunque, nonostante non sia mai risultato vincente nelle competizioni che lo hanno visto direttamente in corsa.

Meglio non candidarsi: le due sconfitte contro Vendola
Boccia ha insomma cambiato pelle in tempo per aggrapparsi al carro di Elly Schlein, diventando il coordinatore della mozione della deputata, poi vincitrice a sorpresa delle Primarie Pd. E la sua storia è ricca di riposizionamenti. L’inizio della carriera politica è stato caratterizzata dalla vicinanza a Enrico Letta: entrambi erano indicati come i due golden boy moderati del centrosinistra, gli eredi della Margherita destinati a scalare posizioni. Nel 2005, l’allora 37enne Boccia era il candidato designato, in quota Letta, dagli apparati di partito per le Regionali in Puglia. Ma non aveva fatto i conti con l’ascesa di Nichi Vendola, all’epoca un outsider, che vinse le Primarie e successivamente fu eletto presidente della Regione. Con coraggio, cinque anni dopo Boccia ci riprovò con il supporto del Pd, da Letta a Massimo D’Alema, andando incontro a un’altra prevedibile débâcle: finì per sbattere ancora contro Vendola, reduce dall’esperienza di amministrazione.

L’unica vera battaglia sua: la web tax per i colossi di internet
Da allora l’attuale presidente dei senatori dem ha capito che bisognava muoversi con maggior sagacia. Il sodalizio pugliese più solido è stato stretto con Michele Emiliano, che ha sostenuto anche alle Primarie nazionali, del 2017, quelle perse contro Matteo Renzi. Ma prima Boccia aveva indossato i panni del montiano, durante il governo Monti, per allontanare le tentazioni del Pd di prendere le distanze dal governo tecnico. Così, mentre infuriava la polemica sull’Articolo 18, l’allora coordinatore dell’area economica del Pd predicava calma: «Prendiamo in seria considerazione ciò che dice Monti» sullo statuto dei lavoratori. Nel frattempo ha condotto l’unica vera battaglia che porta il suo marchio: l’introduzione della web tax per tassare i giganti di internet.

Sostenitore dell’alleanza col Movimento 5 stelle di Conte
Dopo la sconfitta di Emiliano alle Primarie, è riuscito comunque a strappare una candidatura per tornare a Montecitorio, in quota minoranza, nel 2018. La scorsa legislatura ha segnato il salto di qualità. Nel 2019 ha cercato la corsa solitaria al congresso del Pd, ottenendo un deludente 4 per cento al “primo turno”. Un consenso che ha portato in dote al favorito, Nicola Zingaretti, nella volata ai gazebo. L’avvicinamento al segretario del momento gli ha consentito, con la nascita del governo Conte II, di conquistare l’incarico di ministro per gli Affari regionali. In quei mesi ha assunto una linea sempre più concorde con quella di Zingaretti nel sostenere la necessità di un’alleanza con il Movimento 5 stelle, all’interno di una coalizione guidata da Conte. Non a caso è visto, ancora oggi, come il principale teorico della necessità di dialogare con i grillini e lo ha ripetuto in un’intervista a La Stampa: «Conte è una persona seria e intelligente. Penso non ipotizzi alcuna concorrenza ma voglia solo aggregare quante più forze possibili. Mi sembra evidente che la posizione del Pd e quella di M5s abbiano punti di convergenza». Una nuova apertura di credito.

Dopo il ruolo di ministro, commissario in Campania
Ma tra un corteggiamento e l’altro all’avvocato di Volturara Appula, Boccia ha trovato il tempo di diventare, per il tempo necessario, un sostenitore del governo Draghi, nonostante l’ex presidente del Consiglio non lo avesse confermato nella casella ministeriale, in ossequio alla linea dettata dal suo sodale Letta. Anche quando il segretario ha deciso di rompere con Conte, Boccia ha evitato di alzare i toni, incassando il ruolo di commissario in Campania, che gli ha dato maggiore potere nella composizione delle liste per le Politiche. Scontata la ricandidatura, questa volta al Senato, grazie ai buoni uffici con il segretario. Dopo il disastro elettorale del Pd, non si è perso d’animo: ha fiutato l’aria della richiesta di rinnovamento nel partito, e ha così abbracciato la causa di Schlein, prendendo le distanze addirittura da Emiliano. Con una postazione di primo piano durante la campagna congressuale, trampolino di lancio per approdare alla guida del gruppo dem a Palazzo Madama.