Forza Italia sorvegliata speciale. Soprattutto dalle parti dei partiti alleati, Fratelli d’Italia e Lega. Oltre che da Italia viva, visto che la morte di Silvio Berlusconi fa riemergere un vecchio pallino di Matteo Renzi e cioè lanciare un’Opa su Fi. Bisogna però prima capire se la creatura del Cavaliere riuscirà a sopravvivere al suo fondatore, e soprattutto per quanto (fino alle Europee?). Nel frattempo si preannuncia un gran da fare per gli addetti allo scouting tra Fratelli d’Italia e tra i leghisti a cui toccherà dirigere l’eventuale traffico azzurro in entrata nei rispettivi partiti. Come già scritto, infatti, per ora il timone di Fi è in mano all’ala composta da Antonio Tajani, Marta Fascina e Marina Berlusconi ed è un assetto che Giorgia Meloni spera che possa reggere sia per non destabilizzare la maggioranza di governo sia nell’ottica delle Europee 2024 e del progetto che ha in serbo la premier: creare un asse tra Conservatori e Popolari. Ma se così non fosse? In quel caso entrerebbero in azione i pontieri. A loro il compito di dare semaforo verde ai berluscones in libera uscita, con un occhio di riguardo alla pattuglia di senatori, visto che a Palazzo Madama i numeri sono sempre più ballerini. Primo passo in vista, chissà, di un futuribile partito unico, una sorta di riedizione del Popolo della libertà.
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Santanchè, che conosce il berlusconismo, in prima linea
Una cosa è certa: una iniziale scrematura dei curriculum non può non passare da esponenti milanesi di spicco di Fdi come Daniela Santanchè e – anche se in maniera più defilata per il ruolo istituzionale che riveste – Ignazio La Russa. Ma sarebbe soprattutto l’attuale ministra del Turismo a tenere le fila del dossier. Giocano a suo favore sia il ruolo di coordinatore regionale di Fdi in Lombardia e sia l’approfondita conoscenza del mondo berlusconiano di cui ha fatto parte. Ma in generale nel gruppo di testa dei “selezionatori” c’è l’intera compagine lombarda, come spiegano a Tag43 fonti parlamentari del partito, «e non solo, perché è da Milano che ha preso il via il berlusconismo, ma anche perché dopo l’affermazione di Fdi in Lombardia non si può prescindere dagli esponenti del territorio».

In Regione allertati i meloniani Garavaglia e Romani
Tradotto significa, quindi, personalità come il capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione, Christian Garavaglia, o lo stesso presidente del Consiglio regionale, Federico Romani. Che guarda caso, tra l’altro, è figlio dell’ex ministro azzurro Paolo Romani, a proposito di ponti con Forza Italia. Naturalmente, un ruolo di primo piano spetta a Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione del partito. Come è avvenuto per la composizione delle liste dalle elezioni politiche in poi, dentro Fdi non si prescinde neppure dal “cognato d’Italia”, Francesco Lollobrigida, che appunto fa parte della cerchia ristretta di Meloni e che ha in mano i principali dossier politici.

A Malan torna utile la vecchia militanza in Forza Italia
Così come da Guido Crosetto, che è tra i fondatori del partito. Il ministro della Difesa, inoltre, è piemontese. Al bisogno, quindi, in vista del rinnovo della giunta regionale, chi meglio di lui potrà avere voce in capitolo in una eventuale selezione di azzurri sul territorio? Magari insieme a un altro big piemontese del partito come l’attuale capogruppo Fdi in Senato, Lucio Malan, per il quale torna utile pure la vecchia militanza tra le file di Fi. Al netto del fatto che, comunque, ogni decisione finale spetterà, ça va sans dire, alla premier.

Come detto, tutto dipenderà dalla tenuta o meno di Forza Italia e, dunque, dalla capacità di Tajani di traghettare il partito almeno fino alle Europee. In caso contrario, in vista dell’appuntamento elettorale per rinnovare il parlamento Ue, una voce in capitolo su eventuali innesti forzisti tra le fila meloniane l’avrà infine l’eurodeputato milanese Carlo Fidanza.
Porte aperte in Via Bellerio? Ancora presto
Anche dentro la Lega, però, le antenne sono tese. Si sa che una parte degli azzurri, soprattutto l’area ronzulliana, ha sempre avuto un canale di dialogo privilegiato con Matteo Salvini. Troppo presto, tuttavia, per immaginare migrazioni e, quindi, porte aperte in via Bellerio. Da queste parti, infatti, si è sempre puntato a privilegiare le ricandidature «per chi ha operato bene», come spiegano fonti parlamentari del Carroccio a Tag43, «e questo vale sempre, non solo in vista delle Europee tra un anno». Un conto poi sono «i portatori di voti e quindi gli eventuali innesti di qualità», ragionano, «un altro è imbarcare tanto per imbarcare». Comunque sia se l’implosione di Forza Italia dovesse consumarsi a stretto giro, le camicie verdi non resterebbero a guardare e soprattutto non lascerebbero campo libero a Fdi o ai renziani, desiderosi di ridare verve al centro. Un’eventuale campagna acquisti comunque seguirebbe rigidi passaggi piramidali «perché nella Lega le gerarchie funzionano e si rispettano».

Europarlamento, si muovono i leghisti Zanni e Campomenosi
Per semplificare, insomma, l’imprimatur spetta al segretario, ma sarebbe l’ultimo miglio. C’è un passaggio intermedio imprescindibile: quello innanzitutto dei capigruppo di Camera e Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo. E poi quello dei coordinatori regionali che «sono il vero filtro sul territorio», così come, guardando all’europarlamento, le figure dell’eurodeputato leghista e presidente del gruppo Identità e democrazia, Marco Zanni, e del capo delegazione del Carroccio a Bruxelles, Marco Campomenosi.
Il rischio è subire lo scacco matto da Renzi
Il quadro chiaramente è in divenire. Una cosa è certa, però: né Fdi e né la Lega vogliono rimanere col cerino in mano e quindi subire uno scacco matto da Matteo Renzi. Le mosse dell’ex premier vengono guardate a vista, anche perché sono ben noti i suoi colpi da stratega parlamentare. Intervistato da la Repubblica, per esempio, dice di non puntare agli elettori di Fi, salvo aggiungere che sarebbe «irrispettoso parlarne ora», ma poi quasi si defila sottolineando lo spazio più grande che adesso Meloni ha al centro «e mi stupirei se non provasse a occuparlo». Una sorta di avviso ai naviganti. A riprova che all’occorrenza il leader di Rignano sfodererà tutte le sue doti da king maker.

Ruggeri direttore responsabile del Riformista non è un caso…
Del resto, i buoni intenditori le prime avvisaglie le hanno colte nella scelta dell’ex parlamentare di Forza Italia Andrea Ruggeri come direttore responsabile del Riformista (di cui Renzi, appunto, è direttore editoriale). E che dire del titolo “Come te non c’è nessuno” con cui ha aperto il quotidiano il giorno dopo la morte del Cav? Insomma, per ora ammicca, ma «può entrare in azione da un momento all’altro», è il pensiero comune tra i più sospettosi del centrodestra. «E se lo fa in Senato, toccando le corde giuste con gli azzurri in materia di giustizia, per esempio, gli può davvero riuscire di rafforzare la sua pattuglia e arrivare a condizionare la maggioranza».