C’era una volta l’asse forzaleghista, con Matteo Salvini e Silvio Berlusconi a braccetto, sempre pronti a spargersi vicendevoli elogi, unendo le forze contro Fratelli d’Italia. Ma quell’epoca è finita. La malattia del Cavaliere ha cambiato tutto: ha preso il sopravvento Marina Berlusconi, che gestisce i più importanti affari di famiglia, delegando la parte politica alla “quasi moglie” dell’ex presidente del Consiglio, la deputata Marta Fascina, stabilmente ad Arcore. La nuova strategia prevede un allineamento a Fratelli d’Italia, grazie ai buoni rapporti che Fascina ha cementato con la premier Giorgia Meloni. E questo crea non pochi attriti con i leghisti, che si concretizzano sui dossier politici più caldi.

Autonomia differenziata, la rivolta dei governatori azzurri del Sud
In cima c’è la questione dell’autonomia differenziata, la madre di tutte le riforme per Salvini. Forza Italia è ufficialmente schierata a favore, ma c’è un nodo: i governatori azzurri del Sud non hanno celato la loro ostilità nei confronti del testo scritto da Roberto Calderoli. «Se il governo vuole introdurre l’autonomia differenziata applichi prima gli articoli 36 e 37 dello Statuto, che è una legge di rango costituzionale», ha detto il presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani, parlando della sua terra. E denunciando: «La Sicilia è stata saccheggiata». Infine, il paletto: «I livelli essenziali delle prestazioni devono essere garantiti, rifiutando il principio della spesa storica che cristallizza le disuguaglianze». Insomma, non proprio un “benvenuto” all’autonomia a trazione leghista, mentre il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ha specificato: «Il via libera al percorso non è una cambiale in bianco».

Canone Rai, Lega all’assalto del dg meloniano Rossi
Ma non è solo il maxi-capitolo delle riforme a palesare le distanze politiche tra Fi e Lega. La questione del canone Rai ha aperto un fronte di tensione ancora più tangibile tra i due partiti. Per Salvini è un punto d’onore, ripetuto in varie occasioni. Bisogna «far pesare meno sul portafoglio degli italiani il canone Rai, perché diciamocelo tranquillamente, il servizio pubblico spesso lo fanno le televisioni locali, le radio locali, i giornali locali», aveva detto a marzo, mentre in parlamento erano state depositate delle proposte di legge da parte di leghisti. Di recente è ripartita la carica. «Ribadiamo l’impegno di ridurre, fino all’obiettivo di azzerare, il canone Rai che oggi è a spese degli italiani», ha messo nero su bianco la Lega in una nota, sfidando il direttore generale di Viale Mazzini, il meloniano Giampaolo Rossi.

Mediaset sulle barricate: c’è in ballo la questione della pubblicità
Solo che Forza Italia non ne vuol sapere: il rischio è quello di indebolire Mediaset con una Rai a caccia di pubblicità, che inevitabilmente aumenterebbe la concorrenza con il Biscione. E quando si parla delle aziende di famiglia, Marina Berlusconi fa scattare l’allarme. La posizione forzista è stata messa a verbale dal senatore Maurizio Gasparri, che in materia di tivù è sempre stato custode del verbo berlusconiano: «Se si abolisse il canone, si dovrebbe consentire alla Rai di raccogliere più pubblicità e i giornali, già oggi colpiti dalla concorrenza della Rete, che spesso saccheggia i contenuti editoriali dei giornali senza nulla pagare, cadrebbero in una crisi ancora più profonda», ha sostenuto l’esperto parlamentare, in un intervento consegnato al Riformista di Matteo Renzi. Certo, non c’è stato il chiaro riferimento a Mediaset, ma non occorre l’indovino per capire il senso del discorso. Così per una volta un «vituperato balzello può finanziare la democrazia e la libertà», secondo Forza Italia.

Ingresso nei popolari europei, altro terreno di scontro
Ma lo scontro tra gli ex amici “Silvio e Matteo” supera i confini nazionali. In Europa il clima non è molto più disteso. Il leader di Forza Italia ha stimolato la prospettiva di un ingresso della Lega nel Partito popolare europeo, insieme a Fratelli d’Italia: «Credo che sia possibile», ha detto Berlusconi nell’intervista a il suo (ancora per poco) il Giornale. «Una maggioranza di centrodestra in Europa sarebbe una svolta importante», ha detto. Ma la replica leghista è arrivata immediata con un perentorio “no”. Salvini ha anzi punzecchiato i popolari europei: «Negli ultimi anni abbiamo assistito all’asse tra Ppe e socialisti. Non credo piaccia agli elettori moderati di centrodestra». Insomma, va bene il dialogo per «continuare a lavorare per un accordo tra tutti i partiti di centrodestra a Bruxelles», ma niente adesione leghista. Con un Salvini che proprio non riesce ad andare più d’accordo con Berlusconi. Perché in fondo la Berlusconi che comanda è, oggi, Marina.