Il ritorno dalle vacanze tra Forum Ambrosetti e Jova Beach Party, il racconto della settimana
Tornato dalla vacanza greca con Ofelia mi sono rifugiato qualche giorno qui, a casa dei miei cugini in Costa Azzurra per riordinare le idee. Invece quello che so è che domani parto per Milano diretto a Viareggio, per l’ultima data del Jova Beach Party. Il racconto della settimana.
Cap Ferrat 30 agosto
«Ma quest’anno non vai all’Ambrosetti?», mi ha chiesto Dodo l’altro giorno, al telefono da Patmos. «No», gli ho risposto, «sono stato ingaggiato da Rolling Stone per raccontare la grande pesca allo squalo. Parto domani per un’isola messicana del Mar dei Caraibi». E nel frattempo già mi vedevo, erede designato di Hunter S. Thompson, imbracato su una morbida sedia da combattimento in similpelle bianca nel pozzetto di uno yacht superveloce, con in mano un grosso arpione, intento a respingere l’attacco degli squali con indosso un gigantesco paio di occhiali da sciatore. Avrei avuto a che fare con un manipolo di ricchi pescatori annoiati, tutti eccitati nell’avere a bordo con loro un autentico reporter di Rolling Stone, e la sera, al tramonto, me la sarei spassata al porto, tracannando gin tonic, allungato su una sdraio a righe bianche e azzurre, mentre gli equipaggi tagliuzzavano le esche e un gruppo di mariachi gironzolava sulla banchina suonando malinconici brani d’amore olmechi…In realtà anni fa lo feci davvero un provino per Rolling Stone, inviato a Villa d’Este a Cernobbio per raccontare l’Ambrosetti, ma il pezzo non piacque a quella testa di cazzo del nuovo direttore e non se ne fece nulla. In fondo fu meglio così, anche perché la gloriosa rivista, che un tempo fu “la Bibbia del rock and roll”, oggi è solo una pallida controfigura di se stessa e oltretutto non esce più nemmeno in edicola. Quindi fanculo.

Settembre è iniziato da un paio di giorni, e qui, uno dopo l’altro, se ne stanno andando praticamente tutti. La villa si sta lentamente svuotando e anche il tempo, al di là della grossa portafinestra a vetri, pare si stia guastando. Edoardo se ne è andato questa mattina, Delfina è partita ieri sera e anche Filo, dopo essersi sbattuto a piacimento mia cugina per tutta l’estate (e dopo che gli ho quasi staccato la testa dal collo con un coltello da cucina in seguito all’ennesima lite con Rebecca l’altra notte), ha deciso di levare le tende per concludere le vacanze altrove. Forse Filicudi, forse no. Così a Cap Ferrat per ora rimaniamo solo io, Pier e mia cugina Rebecca. Io dal canto mio, sono appena sveglio, con il cranio sfasciato e le pupille a spillo e vago, con passo incerto, per le enormi stanze della villa, diretto verso la cucina in cerca di un caffè, di una riga di coca, di un po’ anfetamina, insomma di qualsiasi cosa riesca a svegliarmi. Poi, mi trasferisco sulla chaise longue in giardino e sono così abbronzato che perfino i miei capezzoli hanno cambiato colore. Tornato dalla vacanza greca con Ofelia mi sono rifugiato qualche giorno qui, a casa dei miei cugini in Costa Azzurra, a riordinare le idee per capire come organizzare l’anno, dopo che la mia trasmissione in radio è stata chiusa e dopo che quest’estate mi sono reso conto che non ce l’avrei fatta a replicare i ritmi della scorsa stagione. In realtà non ho riordinato proprio un bel niente e, oltre a essermi ubriacato, a qualche bagno e a un paio di tuffi nella baia di Villefranche-sur-mer dal Riva con gli inserti in mogano di mia cugina, non ho fatto altro. Quello che so è che domani parto per Milano, salto sulla Mercedes di Cleopatra e vado con lei e Ofelia, invece che alla grande pesca allo squalo in Messico, più prosaicamente in Versilia, a Viareggio, per l’ultima data sulle spiagge del Jova Beach Party, prima della grande chiusura del tour prevista all’aeroporto di Bresso.
In effetti il JBP è un party ultra-sperimentale, una specie di paese dei balocchi musicale dove ognuno può trovare ciò che cerca; dove ogni genere musicale si mescola. In due parole: una bomba
Nella spartana casa sulla spiaggia in un villaggio a nord dell’isola greca dove ho trascorso le vacanze con Ofelia le giornate si susseguivano tutte uguali. A volte sprofondavo nel grosso divano bianco ricavato in un soppalco del soggiorno e leggevo Nord di Céline, oppure me ne andavo in fissa, osservando le grandi vetrate che si aprivano sull’orizzonte, ascoltando a ripetizione Graceland di Paul Simon o Sandinista dei Clash o Paul’s Boutique dei Beastie Boys. La mattina sfogliavo distrattamente i quotidiani sull’iPad, ogni tanto condividevo una stories su Instagram e più in definitiva cercavo di non pensare a niente in particolare. La costante dell’estate che quasi mai è mancata però è stata la continua polemica, che ho letto più o meno dappertutto, su Jovanotti e il suo party in giro per le spiagge italiane. Post su Facebook, su Twitter, su Instagram. Articoli sui giornali di carta, sui siti di informazione, sui blog. Tutti all’unanimità contro Jova, proclamato da alcuni nuova icona della destra italiana, da altri un ostinato hippy boomer, da altri ancora un megalomane fuori di testa che ormai ha perso, in pieno delirio d’onnipotenza, totalmente il rapporto con la realtà. Lui dal canto suo rispondeva alle critiche un po’ a casaccio, dando degli eco-nazisti a chi lo criticava e continuando imperterrito a postare a sua volta foto e video della festa itinerante, tra l’altro patrocinata dal WWF, più bella del mondo. Può non fregare niente di Jovanotti a chi legge, ma sicuramente come ha scritto il filosofo Raffaele Alberto Ventura su Domani, il caso è interessante per capire come negli anni sono cambiati gli immaginari di destra e sinistra in Italia. Secondo Ventura le vicissitudini del Jova Beach Party sono lo specchio della situazione del Paese alla vigilia delle elezioni di fine settembre e in particolare riflettono in maniera piuttosto inquietante la condizione attuale del Pd, percepito sempre meno come un partito di sinistra e sempre più «come una grande chiesa che va da Pier Ferdinando Casini a Laura Castelli». Detto questo ho deciso di comperare tre biglietti, infilare Moby Dick e un libro di poesie nella borsa, e andare a vedere di persona il JBP per farmi un’idea e partecipare così a questo contestatissimo gigantesco rito ancestrale collettivo.

Viareggio 3 settembre
Jovanotti va in scena vestito da Achab, ma con in faccia dei segni blu da capo indiano. Nel backstage il suo quartier generale è una gigantesca tenda messicana di fronte alla quale sventola maraglia la bandiera salgariana delle tigri di Mompracem. Durante la giornata sta sul palco più o meno sette ore, tiene un ritmo impossibile. Pare indiavolato tra salti, canti, balli e dj-set vari. Il concerto si vive, per la stragrande maggioranza delle persone presenti, come fosse una vera e propria festa in spiaggia. Si danza scalzi sulla sabbia e si sta semplicemente in costume da bagno. Ogni tanto ci si butta in acqua. In linea di massima ci si diverte un casino. Se qualcuno mi osservasse da fuori in questo momento vedrebbe un 40enne nudo con un cappellino mega-colorato infilato alla rovescia sulla testa che sembra regredito all’età di un bambino di otto anni. Ma le feste riuscite sono anche questo: si mollano gli ormeggi e ci si lascia andare, in balia delle onde, alla deriva. «Non voglio più fare concerti, voglio fare l’esploratore», ha detto Jovanotti in una recente intervista a Guia Soncini. E in effetti il JBP è un party ultra-sperimentale all’interno del quale puoi trovare Ghali come Renato Zero. Fedez e Gianna Nannini. Carla Bruni e Achille Lauro. Gianni Morandi e Dj Ralf. Frankie Hi-nrg e Valentino Rossi. Fatoumata Diawara e Paola Turci più un sacco di musicisti funk dell’Africa o del forrò brasiliano o ancora della controcultura jazz italiana. Una specie di paese dei balocchi musicale in pratica, dove ognuno può trovare ciò che cerca; dove ogni genere musicale si mescola. In due parole: una bomba. E si capisce che mi sono bevuto il cervello anche perché al ritorno a Milano mi sono presentato per tutta la settimana a lavorare dietro al bancone della Belle Aurore con al collo collane colorate straricche di ciondoli e con indosso pantaloni larghi, dai ricami faraonici, camicie hawaiane, cappelli in paglia da corsaro, bandane, sahariane di ispirazione militare, t-shirt del JBP con sopra disegnati velieri, ancore e tigri. L’estate non è ancora finita.