A Marco Malvaldi Il barbiere di Siviglia non piace proprio. Certo, la musica funziona, si esce da teatro spensierati. Ma quanto al genere buffo, meglio La Cenerentola. E se si parla di puro divertimento, niente è come L’Italiana in Algeri. Il parere del popolare scrittore pisano, l’autore del ciclo di gialli noti come Romanzi del BarLume, pubblicati da Sellerio (e da quasi un decennio trasposti due volte all’anno in film prodotti e trasmessi da Sky), è senza appello: «Trama ovvia, situazioni scontate, personaggi banali, libretto inconsistente».
Il Barbiere di Malvaldi fa trasalire gli appassionati e irritare gli addetti ai lavori
Considerazioni controcorrente rispetto al gradimento del pubblico, visto che parla di un’opera che figura al decimo posto al mondo per numero di rappresentazioni (dati di Operabase), ma tant’è. E però qualche dubbio sull’attenzione con cui Malvaldi ha letto il libretto non può non venire: lo scrittore dà del «faccendiere in senso massonico» a Figaro, afferma che non è plausibile che un barbiere sia amico fraterno di un conte (e infatti i due non sono affatto amici), dice che Don Basilio è un notaio, invece è un maestro di musica, e il dettaglio è drammaturgicamente cruciale, nel secondo atto: per scoprirlo bastava leggere l’elenco dei personaggi nel libretto. Malvaldi, insomma, racconta Il barbiere a modo suo: una libera rivisitazione che fa trasalire gli appassionati e irritare gli addetti ai lavori.

L’operazione è promossa da Fondazione Arena ed è realizzata da CairoRCS Studio
Il tutto avviene in un video pubblicitario, promosso dalla Fondazione Arena di Verona, realizzato da CairoRCS Studio (braccio operativo di CairoRCS Media, concessionaria pubblicitaria dell’editore del Corriere della Sera) e pubblicato sul sito del Corriere. Non si tratta di un’uscita isolata: lo sketch appartiene a una collana intitolata È tutta scena e ve la racconto, iniziata alla fine dell’anno scorso con La Traviata e proseguita settimanalmente con Carmen, Aida, il citato Barbiere, Don Giovanni e Tosca. Ogni pezzo – durata media sei minuti e mezzo – compare inizialmente sulla home page di Corriere.it con l’avvertimento (non così visibile) che trattasi di pubblicità: “Contenuto sponsorizzato”. Nel giro di poco tempo ciascun video transita nella sezione Corriere Tv, dentro alla quale, peraltro, la serie non è facilmente rintracciabile. Ci si arriva solo con la ricerca, perché non è inserita in nessuna delle pagine in cui la sezione si articola. A quel punto, la dicitura “contenuto sponsorizzato” non si trova più, ma si legge che la produzione è “a cura della Fondazione Arena di Verona” e si specifica anche che “I contenuti di questo articolo sono stati realizzati da CairoRCS Studio senza alcun coinvolgimento della redazione del Corriere della Sera”. Precisazione non banale, per quanto doverosa: da anni il Corriere pubblica pagine monografiche su argomenti culturali e/o di spettacolo, sotto la testata “Eventi”, che sono a tutti gli effetti pagine pubblicitarie a pagamento, ma finora mai etichettate per tali come sarebbe necessario.

Le novità portate dal consulente marketing dell’Arena Andrea Compagnucci
A prescindere dalle questioni giornalistiche, peraltro importanti visto che la separazione tra informazione e pubblicità si sta sempre più rovinosamente smarrendo, l’operazione di marketing è originale. La collana di “opere raccontate a modo suo” rappresenta in qualche modo il debutto come divulgatore-attore di Malvaldi, che si propone con uno “spiritaccio” toscano ironico e tagliente, alimentato anche dal suo inconfondibile accento. In assenza di qualsivoglia indicazione, viene da pensare che lo scrittore abbia messo lo zampino anche nella regia. E non è da trascurare l’apporto di un pianista dalla “maschera” caratteristica – del quale non viene fornito il nome – che dialoga quasi sempre solo con lo sguardo con lo scrittore, trapuntando di piccoli esempi musicali la sua narrazione. Il contesto pubblicitario non è troppo invadente: all’inizio si vede Malvaldi aggirarsi intorno e dentro all’Arena e alla fine viene proposto un frammento dell’opera raccontata nell’allestimento realizzato nell’anfiteatro romano. Nessun riferimento a prossimi spettacoli, anche se Carmen, Aida e La Traviata sono nel programma del festival 2022. Ma si parla di titoli che da decenni costituiscono la spina dorsale della programmazione estiva veronese. L’iniziativa è stata preceduta fra estate e autunno da un’altra serie di sette video, intitolata “Assaggi d’opera”, pure reperibili su Corriere TV, in ciascuno dei quali il baritono Ambrogio Maestri e lo chef veronese Diego Rossi, titolare a Milano della notta trattoria Trippa, “accoppiano” un’opera a una ricetta. Il tutto si è messo in moto da quando consulente per il marketing di Fondazione Arena è Andrea Compagnucci, che si occupa del marketing anche allo Sferisterio di Macerata, al festival Donizetti di Bergamo e al festival di Martina Franca.

Perché la divulgazione di Malvaldi non funziona e rischia di essere fine a se stessa
Per certi aspetti, il progetto con Malvaldi sembra avere anche l’obiettivo di promuovere l’opera in quanto tale. Un modo per stuzzicare la curiosità di possibili spettatori nuovi, da aggiungere ai due milioni e mezzo scarsi che costituiscono il pubblico dell’opera in Italia, in lenta, faticosa e non rettilinea crescita. Che il metodo scelto sia funzionale a quest’obiettivo resta da dimostrare. La logica del racconto a effetto, intriso di ironia, trapuntato di battute e di attualizzazioni, rappresenta un tipo di divulgazione magari accattivante, ma con la sciatteria e la banalità, quando non con gli svarioni veri e propri, sempre in agguato. Viene anche il sospetto che i granchi presi da Malvaldi nel raccontare le trame (il più singolare è la sua versione di Tosca: secondo lui, la gelosia della protagonista è scatenata dal fatto che Cavaradossi traveste da donna Angelotti…) siano funzionali allo show. Ma certo se una persona del tutto ignara di Aida si facesse convincere dalle parole di Malvaldi ad andarla a vedere, una volta in Arena non si raccapezzerebbe granché. In realtà, nei suoi sintetici show lo scrittore pisano cancella il fatto che l’opera è fatta di musica e libretto. Della prima dichiara programmaticamente di non volersi occupare, ma poi si avventura in dettagli tecnici a volte congrui a volte estemporanei o poco significativi, tralasciando sempre le più utili annotazioni di stile. Dei secondi volutamente ignora gli autori (gli unici che nomina sono Illica e Giacosa per Tosca: ma almeno Lorenzo Da Ponte non meritava di essere citato?), le fonti (Beaumarchais – Barbiere di Siviglia – evidentemente confondeva troppo) i collegamenti storici, i riferimenti letterari. Troppo complicato? Ma l’opera è la forma di spettacolo più complessa che sia stata inventata e la sua complessità – sia costitutiva che rappresentativa – è parte integrante e preminente del suo fascino. Ridurre tutto a un brillante e inevitabilmente superficiale monologo di sei minuti alla lunga mostra la corda. E imbrogliare le carte per allargare il pubblico rischia di restare un gioco fine a sé stesso.