Nonostante un rallentamento generale, l’economia mondiale nel 2023 andrà meglio del previsto. Lo ha reso noto il Fondo Monetario Internazionale nell’aggiornamento del World Economic Outlook di ottobre, sottolineando che il Pil globale è previsto in rialzo al 2,9 per cento (era stato del 3,4 per cento nel 2022), per poi aumentare al 3,1 per cento nel 2024. La previsione per il 2023 è di 0,2 punti percentuali superiore a quella stimata in autunno: notizie confortanti per quasi tutte le grandi economie, ma non per il Regno Unito, che il FMI ha previsto in recessione con un calo dello 0,6 per cento del Pil.

Il Pil britannico si è contratto dello 0,3 per cento, calano produzione e spesa
Il dato è sorprendente, perché a ottobre il Fondo Monetario Internazionale aveva indicato per il Regno Unito una crescita dello 0,3 per cento. Ma non è un fulmine a ciel sereno, considerando che l’economia britannica si è ridotta più velocemente di quanto si pensasse durante l’estate: il Pil si è infatti contratto dello 0,3 per cento nel terzo trimestre dell’anno, contro una previsione dello 0,2. Durante questo periodo, la produzione manifatturiera è crollata del 2,3 per cento e la spesa reale delle famiglie è diminuita dell’1,1 per cento.

Per il premier Sunak la Brexit resta una «grande opportunità»
Nel suo rapporto l’FMI non cita la Brexit, ma a tre anni esatti dall’uscita dall’Unione europea i dati smentiscono l’affermazione del primo ministro Rishi Sunak, che continua a parlare di «grande opportunità» per il Regno Unito. Secondo un’analisi di Bloomberg, la Brexit sta costando all’economia britannica 100 miliardi di sterline all’anno, con effetti che vanno dalla mancanza di investimenti a quella di assumere forza lavoro.

Scarsità di manodopera e inflazione: la Brexit è stata un «atto di autolesionismo economico»
Per gli analisti Ana Andrade e Dan Hanson, l’economia del Regno Unito è inferiore del 4 per cento rispetto a quanto sarebbe stata se, il 23 giugno 2016, avesse vinto il fronte del Remain. Secondo le stime, mancherebbero all’appello 370 mila lavoratori Ue, una cifra solo parzialmente compensata dall’arrivo di cittadini extracomunitari. La scarsità di manodopera si aggiunge alla pressione inflazionistica a breve termine, limitando ulteriormente la crescita potenziale. I due esperti, interpellati da Bloomberg, sono arrivati a parlare di «atto di autolesionismo economico», aggiungendo: «Il distacco dal mercato unico potrebbe aver avuto un impatto sull’economia britannica più veloce di quanto noi ci aspettassimo».

Il pentimento dei leaver: da Brexit a Bregret il passo è stato breve
Disoccupazione in aumento e finanze pubbliche in rosso. L’economia del Regno Unito sta precipitando nella recessione più profonda della crisi finanziaria del 2008-09. Alcuni prevedono difficoltà brevi ma acute, altri stimano una rapida ripresa. Di sicuro, tanti leaver si sono già pentiti della risposta data al quesito referendario: «Should the United Kingdom remain a member of the European Union or leave the European Union?». Secondo un recente sondaggio di YouGov, il 51 per cento di chi nel 2016 votò a favore della Brexit ritiene che il divorzio sia stato un errore, mentre il 41 per cento di chi la sostenne ritiene adesso che sia stato peggio di quanto immaginato. Solo un terzo del fronte del Leave pensa che lasciare l’Ue sia stato un bene. Tanto che ora la stampa britannica parla soprattutto di Bregret, gioco di parole in cui al posto di “exit” subentra “regret”, ovvero “pentimento”. Sempre in base allo stesso sondaggio, il 47 per cento voterebbe oggi per annullare il risultato del referendum del 2016. Secondo il quotidiano The Independent, invece, addirittura due cittadini su tre sarebbero pronti a sostenere un nuovo referendum sul rientro del Regno Unito nell’Unione europea. Sadiq Khan, sindaco laburista di Londra, è stato il primo politico di spicco a spingersi in tale direzione, sulla scia del sentiment che serpeggia nel Paese: «Dobbiamo confrontarci con la dura verità dei fatti: la Brexit non funziona. Registriamo danni enormi, torniamo nell’Ue». Prospettiva lontanissima al momento. Sia il Partito Conservatore al governo, che il leader dell’opposizione laburista, Keir Starmer, sono contrari in questa fase a qualunque dibattito su un ritorno nelle braccia di Bruxelles. O anche solo nel mercato unico e nell’unione doganale.

La Russia esce dalla recessione, in crescita anche l’Italia
Se l’anno appena cominciato si prospetta complicato per il Regno Unito, negli Stati Uniti il Pil dovrebbe aumentare dell’1,4 per cento (+0,4 punti percentuali rispetto alle previsioni di ottobre). Per quanto riguarda la Cina, la crescita nel 2023 dovrebbe attestarsi al 5,2 per cento (+0,8 punti percentuali rispetto al Weo di ottobre) per poi scendere al 4,5 per cento nel 2024 (in linea con le stime precedenti). L’India, rende noto sempre il FMI, si confermerà la locomotiva del mondo con un Pil in aumento del 6,1 per cento, che arriverà poi a sfiorare i 7 punti percentuali di crescita nel 2024. Migliorano persino le condizioni economiche della Russia, che dopo la recessione del 2022 (contrazione del 2,2 per cento) a seguito della guerra contro l’Ucraina, dovrebbe vedere la situazione migliorare nel biennio appena cominciato. E l’Italia? Il Fondo Monetario Internazionale ha previsto per il 2023 una crescita del Pil dello 0,6 per cento (+0,8 rispetto alla stima autunnale) e dello 0,9 per cento nel 2024.