Col suo perfetto equilibrio tra musica, voce e passi di danza, il flamenco rimane uno dei tasselli più preziosi della cultura spagnola. Dopo lo stop imposto dalla pandemia, tuttavia, i tablaos, luoghi che, da sempre, si occupano di tutelare e divulgare questa tradizione rischiano di chiudere perché privi del sostegno economico necessario ad adattarsi alle regole della nuova normalità. E, così, salvare un patrimonio inestimabile da una tragica e irreparabile estinzione. L’ambiente dei tablaos iberici, caratteristici locali che propongono solo ed esclusivamente performance di flamenco, si adatta ben poco ai protocolli di sicurezza post-pandemia.
Nei tablaos distanze limitate e spettatori vicini
Prima del Covid, infatti, in spazi non particolarmente ampi, il pubblico tendeva ad affollarsi in un parterre dove le distanze tra un tavolino e l’altro erano risicate. La disposizione della sala era tutt’altro che casuale: la vicinanza tra gli spettatori, il palcoscenico e gli artisti contribuiva a creare un coinvolgimento emotivo unico nel suo genere, che trasformava qualsiasi numero in un’esibizione scandita da improvvisazione ed empatia. Oggi, ovviamente, una situazione del genere sarebbe inammissibile. Ed è proprio per questo che i proprietari temono di doversi arrendere a un futuro fatto di saracinesche abbassate. «In Spagna, i tablaos offrono un posto di lavoro a circa il 95 per cento dei danzatori di flamenco», ha spiegato a Bbc Travel Juan Manuel Del Rey, presidente dell’Associazione Spagnola Tablao, «Prima della pandemia, i 50mila spettacoli annuali coprivano circa il 5 per cento del calendario mondiale di eventi legati al flamenco. Senza quegli eventi, entro il 2022 quest’usanza perderà completamente la vetrina che l’ha fatta conoscere e continua a farla risplendere nel mondo».
Niente fondi per i tablaos
Il problema sta alla radice: sprovvisti di una licenza specifica che li riconosca come enti culturali, non possono attingere in alcun modo ai fondi stanziati dal governo. E senza finanziamenti gestori, impresari e ballerini sono costretti a prendere decisioni drastiche per rimanere a galla senza ricoprirsi di debiti o rischiare di non arrivare a fine mese. A oggi, sono pochi i locali che hanno riaperto per una o due sere a settimana e con entrate contingentate. Molti sono ancora alla ricerca di un modo per ripartire. Tanti altri, invece, hanno chiuso per sempre. È il caso del Tablao Casa Patas, a Madrid, che ha deciso di interrompere il servizio e mettere un punto a una tradizione di famiglia tra le più longeve della città. «È stato mio padre ad aprire la taverna e, col tempo, si è trasformata in un luogo simbolico per il flamenco», ha raccontato il proprietario Martin Guerrero. «La pandemia ci ha messo in ginocchio. Prima facevamo anche più di 500 show all’anno, ospitando una media tra i 350 e i 400 artisti. Ora è tutto finito».
Flamenco senza passione
A mettere a repentaglio la sopravvivenza del flamenco, però, non sono soltanto i problemi economici. L’architettura dei tablaos si è adattata alla necessità dell’artista di sentire vicini gli spettatori e, senza questa componente, molti non riescono a ritrovare la passione e il fuoco necessari a esibirsi con la stessa verve di prima. «Questi posti, per noi, sono fondamentali. Nasce tutto qui, è qui che ci facciamo conoscere, è qui che abbiamo la libertà di sperimentare senza freni», ha spiegato il danzatore Eduardo Guerrero. «Tutto questo avviene soprattutto grazie al contatto diretto con chi ci viene a guardare. È proprio da quella simbiosi che si crea la magia».

Un punto di vista condiviso anche dalla collega Lucia Ruibal, che sente la necessità di «abbandonare l’apatia generata dalla situazione per riappacificarsi con le emozioni» e, soprattutto, spera di non perdere quella che, finora, è stata la sua unica fonte di sostentamento. «Ho intrapreso questa carriera perché non ho pensato razionalmente al futuro. Se lo avessi fatto, non avrei sicuramente percorso questa strada», ha aggiunto. «Chi fa questa scelta, chi non molla nonostante le difficoltà, lo fa perché non si immagina in un altro posto o in un altro ruolo. Perché ama il flamenco e si impegna quotidianamente a tutelarlo per se stesso e in nome di un folclore antichissimo che non può disperdersi».