L’approccio del mondo antico all’identità di genere era molto meno anacronistico di quanto pensiamo. Ne è la prova un recente studio pubblicato sulle pagine dello European Journal of Archeology relativo alla scoperta di una tomba finlandese, risalente all’Età del Ferro, contenente resti che pare possano appartenere a un individuo non binario (una persona che non si identifica nella distinzione tra uomo e donna) e di alto rango.
Our study was covered by @LiveScience, with comments from @PalaeoPete, @nic_rawlence_nz, @MatisooSmith, @leszekgardela, and Marianne Moen:
https://t.co/w0mrI8kWWl— Dr. Elina Salmela (@geenielina) August 6, 2021
La misteriosa identità del defunto di Suontaka
Le analisi del DNA effettuate sui ritrovamenti del sepolcro di Suontaka Vesitorninmäki, ad Hattula, nel sud della Finlandia, hanno messo in discussione credenze evidentemente errate sui ruoli di genere nelle società scandinave d’inizio Medioevo. Sembra che i non-binary, infatti, non solo fossero accettati senza preconcetti ma anche provvisti di ruoli di un certo peso. Scoperta per la prima volta nel 1968, la tomba conteneva una serie di oggetti talmente eterogenei da rendere difficile, di primo impatto, l’identificazione del sesso del morto. Accanto a gioielli (in particolare spille ovali) e frammenti di abiti in lana, generalmente indossati dalle donne, i ricercatori hanno recuperato anche una spada senza elsa, posizionata sulla sinistra del corpo, e una seconda lama, probabilmente aggiunta tempo dopo la sepoltura, oggetti tradizionalmente accostati agli uomini. Per decenni, sono state due le teorie che si sono fatte più strada tra gli esperti: la prima vedeva come probabile un’inumazione di coppia, una donna e un uomo, forse accomunati da un legame di parentela, depositati nello stesso spazio assieme a un corredo funebre ovviamente diversificato; la seconda, invece, riconosceva in quei reperti l’evidenza utile a confermare l’esistenza, in Finlandia, di donne guerriere e provviste di una leadership pari a quella degli uomini. «Al di là del sesso, è cosa certa che si trattasse di una figura molto rispettata», ha spiegato al Guardian l’archeologa Ulla Moilanen, «Lo si nota chiaramente dagli accorgimenti usati nel rito funebre. La presenza di una coperta di piume, pellicce di pregio e oggetti preziosi».
Now available as #OpenAccess.The first modern analysis of the famous #Suontaka grave. It possibly belonged to an individual with #XXY chromosomes.The overall context indicates that it was a respected person whose #genderidentity may have been #nonbinary. https://t.co/3IgGpThjBI
— Ulla Moilanen (@UMoilanen) July 21, 2021
Se il DNA spariglia le carte
A mettere in dubbio la validità scientifica di queste supposizioni ci hanno pensato gli esami genetici che hanno smentito categoricamente l’idea di un doppio cadavere, aggiungendo un dettaglio clinico in più. Pare, infatti, che il soggetto fosse affetto dalla sindrome di Klinefelter. Si tratta di un disordine cromosomico che fa sì che un uomo, generalmente dotato di un corredo XY, nasca con una copia extra del cromosoma X (XXY). Spesso, chi ce l’ha non se ne accorge fino al manifestarsi di sintomi evidenti come lo sviluppo del seno, organi genitali di dimensioni ridotte, infertilità. Pur coscienti del fatto che i risultati delle analisi si basino su un campione ridotto, dunque non attendibili al 100 per cento, gli scienziati del team finlandese hanno valutato come altamente plausibile l’idea che il defunto di Suontaka potesse avere un doppio cromosoma X, dunque un’identità difficilmente accostabile al tradizionale binarismo maschio/femmina. «La ricca collezione di tesori che l’accompagna dimostra come questo non fosse un problema per la comunità, che sembrava averlo accettato e trattato con considerazione e stima», ha aggiunto Moilanen. Così come è altrettanto probabile che non sia stato oggetto di scherno o discriminazione più che per un’apertura mentale dei suoi concittadini, per una questione di status: «Non è da escludere che si trattasse di un personaggio di per sé già influente o proveniente da una famiglia benestante e di spicco». Mentre paleogenetisti e accademici hanno confermato l’efficacia dei metodi e dei risultati adoperati, archeologi e storici hanno tessuto ulteriormente le lodi dell’équipe per aver aggiunto un tassello importante agli studi sulle questioni di genere, contribuendo a sfatare uno dei tanti luoghi comuni sull’età medievale.