Lo scorso week end, mentre a Milano si concludeva il Supersalone del Mobile, officiato dall’architsar Stefano Boeri, e a Venezia L’événement della regista francese Audrey Diwan vinceva il Leone d’oro per il miglior film della 78esima edizione della Mostra del Cinema, una serie di esimi giornalisti, intellettuali, artisti, personaggi della tivù, se ne stavano placidamente appollaiati a bere drink attorno alla piscina dell’Hotel Cenobio dei Dogi, a Camogli, potenziando l’abbronzatura, in attesa di partecipare al consueto appuntamento settembrino del Festival della Comunicazione, ideato con Umberto Eco e diretto da Rosangela Bonsignorio e Danco Singer.

Camogli, ritrovo radical chic di fine estate
Perché a Camuggi, oltre a pigià u belin sui scuggi, come dicono da queste parti, si fa ancora cultura e non è un caso che la parola d’ordine scelta quest’anno fosse “Conoscenza”. E in effetti, nonostante il sole cocente che per tutta la durata del festival ha bruciato sopra le teste dei partecipanti, la sensazione era di trovarsi lontani anni luce sia dal frastuono milanese causato dal Salone, che dagli accecanti flash fotografici del red carpet del Lido veneziano. Pochi negroni sbagliati e pochissimi vestiti da sera tra un proliferare di giacche blu e camicie azzurre button down. Al massimo costumi da bagno a piccoli fiori o piccoli quadretti. Ritrovo molto radical chic di fine estate, il Festival della Comunicazione, nonostante il Covid-19, raccoglie la crema della stampa nazionale che a turno si offre a un pubblico colto e attento che silenziosamente assiste alle conferenze che, una dopo l’altra, si susseguono, durante i vari momenti della giornata, per quattro giorni consecutivi, dal giovedì alla domenica. Tutto gratuito. Unico requisito richiesto: il Green Pass.

Tra un Cacciari e una Lucarelli, spicca la star Antonella Viola
Perfino la spiaggia è silenziosa, non ci sono urla di bambini feroci e squilli invadenti di telefonini con suonerie improbabili, anche se a osservarli i giovani rampolli delle famiglie bene che ancora a settembre scorrazzano lungo la battigia sono tutti biondi con occhi chiari, tipo gioventù hitleriana. «Ma tu lo vai a vedere lo stesso il professor Barbero nonostante la sparata sul Green Pass?», chiede la signora milanese in caftano all’amica vicina d’ombrellone ai Bagni Miramare. Perché i nomi che contano ci sono tutti. C’è Ferruccio De Bortoli con Massimo Cacciari. Ci sono Piero Angela, Aldo Cazzullo e Luciano Violante. Federico Rampini, camoglino doc, è tornato apposta da New York per presentare in anteprima nazionale il suo nuovo libro Fermare Pechino. Anche Marco Travaglio e Mario Calabresi non mancano mai. Inoltre quest’anno ci sono pure, tra gli altri, Daria Bignardi, (che a Camogli non ci veniva da 40 anni), già in partenza per Procida, lo scrittore Fabio Genovesi, Selvaggia Lucarelli e Sabina Guzzanti. Anche se la vera star del festival è stata l’immunologa Antonella Viola, che con il firma copie dal suo libro, Virus Game, ha creato una fila chilometrica alla libreria del paese. Manca solo Jep Gambardella, con il suo panama d’ordinanza, anche se a guardare bene in platea e osservando l’età media, più che ne La Grande Bellezza sembra di essere dentro Youth.

A Capossela va il Premio Comunicazione
Il rischio a volte è di trovarsi in una parodia di un’autoparodia di Arbasino, ma in realtà i temi toccati sono spesso interessanti come interessante è stata l’assegnazione del Premio Comunicazione a Vinicio Capossela, che ha praticamente chiuso il festival, con un intervento in coppia con Alessandro Barbero su La Divina Commedia, mentre turisti molto wasp con camicie di lino a righine si mischiavano nei ristoranti sul lungomare, insieme a giovani bon vivant dal doppio cognome, eredi di antichissime dinastie, a consumare cene a base di tartare di tonno e catalane di granchio, raccontandosi dell’estate appena trascorsa, in scomodissime case, magari ad Alicudi o in qualche sperduta isola greca. Quest’anno, per esempio, andava molto Patmos.