Puoi essere uomo o donna, hai un’età intorno ai 35 anni e sei nel pieno della tua attività lavorativa, con forti ambizioni di carriera. Avere figli e metter su famiglia è un pensiero che ti sfiora qualche volta, ma sai che non è questo il momento. Più avanti, magari. Se rientri in questo profilo e vivi a New York, ti può capitare di notare parcheggiato per strada un furgone con il marchio Kindbody. Se ti avvicini, puoi ricevere gratuitamente uno screening di base della fertilità e recarti poi al loro centro, nel vivace Flatiron District, per sottoporti a una serie di esami del sangue e al conteggio dei follicoli o degli spermatozoi. Lo studio di Kindbody è un grande loft, così elegante da sembrare una boutique o una spa di lusso. Lo slogan è a effetto: «Puoi possedere il tuo futuro e averne il controllo in anticipo». Un mood molto diverso da quello che si potrebbe respirare in un classico centro per la fecondazione artificiale, con la sala d’aspetto grigia o beige, in cui siedono coppie intristite da molteplici tentativi falliti. Collocando il tema dell’infertilità su uno sfondo sofisticato e chic, Kindbody e altri operatori di questo settore puntano a cancellare lo stigma di frustrazione e mestizia che di solito lo accompagna. Mosie Baby, che vende kit di inseminazione fai-da-te, avvolge per esempio i suoi prodotti in un bouquet di carte color pastello. Il kit per congelare lo sperma a casa viene fornito da Legacy in una confezione che sembra quella di una candela profumata.
Negli Usa è boom di start-up della fertilità che si concentrano su trattamenti preventivi
David Sable è un ex endocrinologo che ora supervisiona un fondo di rischio incentrato sulla medicina riproduttiva. Intervistato dal New Yorker, spiega che «negli Stati Uniti, dove l’età media del matrimonio continua ad aumentare e le donne hanno il primo figlio intorno ai 32 anni, si stima che fino a un 15 per cento delle coppie eterosessuali sperimenterà in futuro problemi di infertilità. A questi si aggiungeranno coppie queer e single, oltre a persone con malattie genetiche ereditarie, tutte desiderosi di diventare genitori. La domanda potrebbe superare un milione di trattamenti all’anno». Si comprende così il pullulare di start-up della fertilità, che si concentrano sui trattamenti preventivi. Invece di aspettare che le persone diventino sterili per poi trovare una soluzione, dicono alle donne che possono gestire la propria fertilità adesso, per non ritrovarsi poi immerse nel rimpianto. La fondatrice e ceo di Kindbody, Gina Bartasi, è un’avvenente signora di mezza età, con una pregressa esperienza manageriale nel settore bio-tech: la sua precedente società, Progyny, è stata quotata in Borsa nel 2019 ed è attualmente valutata oltre quattro miliardi di dollari. Tra i suoi concorrenti più agguerriti, c’è Martín Varsavsky, un ebreo argentino, con cittadinanza spagnola e statunitense, evangelista della fertilità universale, e creatore di Prelude Fertility. L’idea di entrare in questo settore gli venne nove anni fa, quando lui, 51enne, e sua moglie di 20 anni più giovane, trovarono delle difficoltà a concepire un bambino. Scoprì allora che il problema dell’infertilità poteva riguardare anche donne giovani, sulla trentina, ma con un basso numero di ovociti disponibili. Fu allora che cercò finanziamenti per il suo progetto. «Se vuoi raccogliere fondi per idee folli, devi venire in America», afferma. «Se dici: ‘Il sesso è fantastico, ma non per fare bambini: dammi 100 milioni di dollari’, in Europa non te li dà nessuno; in America, invece, gli investitori si incuriosiscono». Nel 2016, Varsavsky aveva raccolto appunto 100 milioni di dollari da Lee Equity Partners, una società di private equity, che possiede anche una catena di cliniche per disturbi alimentari.

Occuparsi della propria fertilità deve essere considerata una forma di empowerment non un fallimento
La clientela target di Prelude, secondo Varsavsky, è formata da giovani donne, professioniste ambiziose e altamente istruite, che popolano le grandi città degli Stati Uniti. «Le donne americane di questo tipo si stanno rendendo conto che, se vogliono avere il controllo delle loro vite, il controllo della loro riproduzione è un elemento chiave». Dai focus group commissionati dall’imprenditore è emerso che le donne associano la necessità di cure per la fertilità con l’incapacità del proprio corpo di svolgere un compito che dovrebbe essere naturale. Per eliminare questo stigma di negatività, Prelude si è quindi impegnata a convincerle che occuparsi della propria fertilità è una forma di empowerment, non di fallimento. «Quello che stiamo facendo è far sapere alle persone che possono scegliere», ripete Varsavsky. Risultato: le cliniche Prelude praticano oltre 25 mila trattamenti l’anno, tra cicli di fecondazione in vitro e congelamento degli ovociti. E ora devono investire su attrezzature aggiuntive nei loro centri, perché quelle che hanno non bastano più. Il procedimento di crio-conservazione degli ovuli, peraltro, non è affatto semplice. Peter Klatsky, un endocrinologo di San Francisco, co-fondatore di Spring Fertility, teme che molte delle cliniche che offrono il congelamento degli ovociti non abbiano personale veramente in grado di eseguire bene questa delicata procedura. Il rischio è che quando le donne, magari dopo anni, chiederanno i loro ovuli da fecondare, questi possano risultare inutilizzabili. Ecco perché, a chi sceglie di congelare almeno 20 ovuli prima dei 35 anni, Spring Fertility assicura la restituzione completa della spesa nel caso in cui la gravidanza dovesse poi fallire. Fecondate o rimborsate.