Baby Farc

Giovanni Sofia
24/11/2021

Durante gli anni del conflitto, agli ex ribelli colombiani non era consentito avere figli. Le donne incinte dovevano abortire o dare in adozione i bambini. Oggi, con il cessate il fuoco, le cose sono cambiate. Ecco come vivono los hijos de la paz.

Baby Farc

Erano tredicimila, adesso ne saranno rimasti un quarto scarso. Vivono distribuiti in venti aree, sparse su tutto il Paese. Qui attendono pazienti il loro turno: sperano nella reintegrazione all’interno della società civile e intanto hanno dato vita a piccole comunità. Sono gli ex guerriglieri delle Farc, forze armate rivoluzionarie di Colombia a cui lo Stato, pur tra mille problemi prova a garantire un futuro, acquistando terreni, avviando attività. Caffè, birra artigianale, vestiti, addirittura una scuola di musica. Un programma ambizioso, come tutto ostacolato dalla pandemia. Qualcuno è diventato una guida di rafting, altri hanno trovato impiego nel settore turistico. Tutto va bene pur di non impugnare nuovamente le armi, persino trasformare i vecchi campi di guerriglia in luoghi d’attrazione per i visitatori. Ma è soprattutto grazie alla presenza dei bambini e degli asili nido se posti simili, oggi, stanno completando la loro trasformazione.

Leggi anche: Chi è Francisco Vera, la storia del baby attivista colombiano sulle orme di Greta

I figli della pace, i bambini nati dopo il disarmo delle Farc

Tra questi c’è La Fila, una manciata di chilometri da Icononzo. Vistosi murales decorano le case dei vecchi combattenti, mentre la vegetazione domina il paesaggio e le strade sterrate complicano la vita dei mezzi di trasporto. In uno scenario dai tratti bucolici, scorrazzano liberi i figli della pace. Sono chiamati così i nati negli ultimi cinque anni, da quando la firma dell’accordo ha istituzionalizzato i guerriglieri, rendendoli un partito politico. Con lo stop al conflitto è maturata, finalmente, possibilità per i combattenti di avere bambini. Andrea Anacona ha 36 anni, nel racconto al Pais mescola la felicità di essere mamma di Dylan, «rappresenta tutto per me», alla tristezza degli anni passati, quando un comandante la costrinse all’aborto. A La Fila arrivò dalla savana di Yarì, Sud-est del Paese, dove si tenne l’ultima conferenza dei ribelli: «Ero già incinta di due mesi. All’epoca era consentito, perché il processo di pace era già in atto. Adesso la maggior parte dei combattenti ha due o tre bambini». È una delle conseguenze, forse la più naturale, dello sciogliete le righe, dopo oltre mezzo secolo di conflitto armato e divieti. Regole crudeli e ferree imponevano alle donne di abortire, in alternativa di dare in adozione i nascituri. Con simili premesse, l’attuale baby boom non sorprende più di tanto. Le cifre ufficiali parlano di 3.500 bambini. Una parte di loro fa parte del Coro Hijos de la Paz, dell’Orchestra Filarmonica di Bogotá: sarà presentato questo mercoledì, 24 novembre, in Plaza de Bolívar, cuore pulsante della capitale e delle manifestazioni per il quinto anniversario degli accordi.

Figli della pace, cinque chilometri al giorno per raggiungere la scuola

Ma le difficoltà non mancano. A La Fila, i più grandi per raggiungere la scuola devono percorrere cinque chilometri al giorno. Un disagio esternato dai genitori, che vorrebbero un istituto nel villaggio, dove l’asilo, invece, è gestito da María del Rosario Villareal: «Non ho mai visto nessun tipo di maltrattamento. Anzi madri e papà sono molto protettivi nei confronti dei piccoli». Poi sorride e aggiunge. «Ce ne sono davvero molti, immagino volessero recuperare il tempo perduto». Intorno, mentre gli animali regalano la fotografia più nitida della Colombia rurale, Janeth Morales, mamma single di 37 anni, è impegnata a dipingere un graffito sulla parete del locale ospedale: «Finalmente abbiamo realizzato quella che troppo a lungo è stata un’illusione, ma comprendo anche le esigenze di allora. Non si può stare con un fucile in mano e un bambino nell’altra». I suoi li ebbe nel bel mezzo delle trattative con lo Stato. Una la vorrebbe infermiera, «ma sarà lei a scegliere. Non voglio condizionarla, solo darle le opportunità che non ho avuto io». Le fa eco Lida Perafàn, 42 anni, ruppe le acque con un mese d’anticipo, partorì nel retro di una macchina. Oggi suo figlio ha un anno e gode di perfetta salute. Per lui ha un solo desiderio: «Spero non tocchi mai un’arma».