Fa molto figo, quando si parla dell’abusato tema famiglia-e-letteratura, citare, a cene o aperitivi, l’incipit di Anna Karenina di Lev Tolstòj: «Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo». Citazione sempreverde che torna prepotentemente d’attualità anche in questo travagliato autunno post-pandemico dove, pare, che sugli scaffali delle librerie si affollino i volumi dedicati ai genitori, ai figli e ai rapporti disfunzionali che si creano nelle famiglie in ogni angolo del globo.
Crossroads, Jonathan Franzen (Einaudi)
Chiunque si occupi di letteratura, tra addetti ai lavori o semplici lettori, non può fare a meno, quest’autunno, di fare i conti con l’uscita del nuovo libro di Franzen, Crossroads, primo volume di una ideale trilogia, ed edito in Italia dai tipi di Einaudi. La critica lo mette al pari del lavoro di Franzen più celebrato di sempre Le correzioni, e c’era inoltre parecchia attesa perché erano trascorsi già cinque anni da Purity, l’ultimo lavoro dello scrittore statunitense, tanto amato anche da Obama. Questa volta siamo nel Midwest degli Anni 70 e al centro della scena non ci sono più Wikileaks o i problemi legati al cambiamento climatico ma vengono raccontate le vicende della famiglia Hildebrandt, composta da pastori influenzati dalla controcultura che vorrebbero tanto essere cool, da figli con la passione per il sesso, la marijuana e le droghe chimiche e da mogli con un controverso passato di abusi e sofferenze. La Crossroads del titolo, che i più attenti ricorderanno come un pezzo dei Cream preso in prestito dalla canzone più disperata di Robert Johnson, è in realtà un gruppo di autocoscienza religioso attorno al quale si muove tutto il romanzo. Come scritto da Becca Rothfeld sull’Atlantic «Jonathan Franzen scrive grandi libri su piccole vite» e ancora una volta riesce a dare il meglio trattando l’angoscia esistenziale, che così spesso si plasma all’interno di famiglie in disfacimento.
Di chi è la colpa, Alessandro Piperno (Mondadori)
«Se ci fossero i campionati europei della letteratura, Di chi è la colpa alzerebbe la coppa a Wembley!», ha scritto sulle pagine del Corsera Antonio D’Orrico e in realtà siamo piuttosto d’accordo con lui perché il ritorno in libreria di Piperno, premio Strega 2012, è un romanzo formidabile che, attraverso una storia vittoriana che potremmo definire 2.0, attraversa i grandi temi del senso di colpa borghese, dell’impostura e dell’ebraismo. Protagonista della vicenda è un ragazzino proveniente da un contesto familiare completamente disfunzionale, con una madre e un padre apparentemente senza passato, sul cui passato invece lui continua a interrogarsi. Seguiranno un fatto di sangue e una serie di scoperte che gli cambieranno radicalmente la vita trasformandolo letteralmente in un impostore. Particolarmente sfiziose, inoltre, le pagine che descrivono di un improvviso viaggio a New York, dove oltretutto nascerà una storia d’amore che lo tormenterà per il resto della sua vita. Chi è il cattivo e di chi è la colpa quindi? È vero che tutti noi per la maggior parte delle volte riteniamo gli altri responsabili dei nostri fallimenti? Al lettore l’ardua sentenza.
Libro del sangue, Matteo Trevisani (Atlantide)
A due anni dal suo ultimo libro, Matteo Trevisani torna alle stampe con Libro del sangue, romanzo che segna la conclusione della trilogia, iniziata con Libro dei fulmini (Atlantide, 2017) e proseguita con Libro del sole (Atlantide, 2019). Mischiando autofiction e realismo magico, Trevisani, si addentra in un terreno sconosciuto ai più, raccontandoci che genealogia e araldica, in realtà, parlano di noi più di quanto immaginiamo. Libro del sangue, infatti, raccontando una storia di naufragi e marinai, si concentra sull’albero genealogico della famiglia del protagonista e si snoda attraverso un’indagine che rivelerà maledizioni e verità sconcertanti. Autore abbastanza unico nel panorama italiano, Trevisani, conferma, anche questa volta, il suo talento cristallino, procedendo con un linguaggio ricercato, mai banale, ricordandoci che «un numero incredibile di generazioni ti legano al mondo, e legano il mondo a te». Un imperdibile viaggio dentro noi stessi che solo il pregio della grande letteratura è in grado di fornire.
La famiglia grande, Camille Kouchner (La nave di Teseo)
È Camille Kouchner, l’autrice del memoir La famiglia grande, edito in Italia da La nave di Teseo, che ha letteralmente sconvolto la Francia. Più di 300 mila copie vendute e un terremoto senza precedenti. Una tragedia borghese, su una determinata classe sociale, omertosa e privilegiata, che è passata in maniera fin troppo disinvolta dal Libretto rosso di Mao al Rotary Club attraverso il racconto di una famiglia allargata, simbolo della sinistra parigina cosiddetta “al caviale”, libertina e un po’ hippy all’interno della quale si consumeranno incesti e violenze psicologiche sofisticatissime. Una famiglia dove viene insegnato alle figlie come avere un orgasmo in bici o a cavallo e dove i grandi hanno la disinvolta abitudine di stare nudi, sia che si trovino, indifferentemente, a bordo piscina nella villa in Costa Azzurra o nelle stanze del grande e lussuoso appartamento di rue Joseph Bara, nel VI arrondissement di Parigi. Camille Kouchner, avvocata e giurista, è figlia dell’ex ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner (nonché fondatore di Medici senza frontiere) e di Evelyne Pisier, risposata in seconde nozze con Olivier Duhamel, notissimo professore di diritto costituzionale ed uomo di immenso potere.