Oramai sono numerosi i segnali che lo dicono. John Elkann sta preparando una grande rivoluzione in casa Exor. Perciò non è un caso che negli ultimi tempi la controllata della casata Agnelli-Elkann stia diversificando e al tempo stesso internazionalizzando i propri investimenti. L’ultima fase di un percorso controverso, non senza conflitti interni alla famiglia e da molti criticato, è stato il lancio del fondo Lingotto avvenuto lo scorso 15 maggio.
Il Lingotto di Elkann coi big della finanza britannica e americana
L’obiettivo esplicito dell’iniziativa è di mettere in campo investimenti nelle tecnologie di frontiera. Dall’AI alle life science, Lingotto partirà con 3 miliardi per acquisire start-up e aziende nei rami più promettenti e innovativi del mercato. Tra i suoi top manager Elkann ha arruolato due pezzi da novanta. James Anderson, 63 anni, uno dei primi finanziatori di società del calibro di Amazon, ByteDance e Tesla, tra i maghi della finanza britannica presenti sul mercato americano e del venture capital (da partner del fondo Baillie Gifford ha conseguito rendimenti del 1155 per cento dal 2000 al 2022). E al suo fianco, come presidente, George Osborne. Cinquantadue anni, ex Cancelliere dello Scacchiere nei governi di David Cameron dal 2010 al 2016, l’ex Tory seguirà Elkann in un’avventura che lo proietta ai più alti livelli della finanza globale. La commistione tra big della politica e della finanza anglosassone ed Exor si è fatta sempre più strutturata. Le nomine di Anderson e Osborne seguono di poco l’ufficializzazione dell’addio del presidente, Ajay Banga, banchiere indiano-americano scelto nientemeno che dal presidente Usa Joe Biden come prossimo governatore della Banca Mondiale. A sostituirlo arriverà il 61enne Nitin Nohria, sempre di origini indiane, con alle spalle 10 anni da direttore alla Harvard Business School, dal 2010 al 2020. Sarà il terzetto formato dal neo-presidente di Exor e dai due volti di Lingotto a incaricarsi dell’operatività del nuovo progetto di Elkann: trasformare Lingotto in un polmone di investimenti in settori di innovazione e sviluppo ad alto valore aggiunto.

Un occhio alla Francia: Covéa dopo Stellantis
Ma non finisce qui. Exor lancia Lingotto assieme a Covéa, società di assicurazioni francese che parteciperà al capitale da 3 miliardi di euro che fornirà al fondo gli asset per partire. Si tratta di un’internazionalizzazione che gioca a cavallo tra due grandi cordate occidentali, da cui derivano influenze politiche ed economiche sul sistema Italia. Da un lato, la finanza anglo-americana con la cooptazione della “nuova leva” di origine indiana. Dall’altro la Francia, Paese a cui gli Agnelli-Elkann hanno sempre guardato con interesse. L’alleanza con Covéa è il pegno pagato dalla finanza d’Oltralpe alla scelta di Elkann di partecipare alla nascita di Stellantis. Exor vi aveva conferito FCA – Fiat Chrysler Automobiles, la creatura di Sergio Marchionne, saldando così la casa automobilistica torinese al gruppo Psa (Peugeot e Citroen): i dividendi frutto dei 16,8 miliardi di euro di utile netto di Stellantis nel 2022 alimenteranno, tra le altre cose, l’operazione di diversificazione della famiglia Agnelli-Elkann.

Più sanità e meno auto nel futuro italiano di Exor?
Ma l’auto non è certo il settore che più sta a cuore a Elkann. Dell’ “industria delle industrie” del XX secolo, quella su sui la dinastia industriale sabauda ha costruito la sua fortuna, resterà sempre meno nei decenni a venire. E l’ottica del consolidamento che sottintende la logica dell’operazione Stellantis rischia di penalizzare proprio la parte italiana del gruppo guidato oggi da Carlos Tavares. Ormai il baricentro della produzione e dei nuovi progetti è in Polonia, a Tichy, mentre l’industria italiana rischia di essere tagliata fuori negli anni a venire. Per il nipote prediletto dell’Avvocato, il Belpaese è un retaggio familiare, più che un obiettivo industriale. Lui del resto è sempre più attratto dai temi delle nuove tecnologie. Lingotto sarà l’asse portante per contribuire a valorizzare i nuovi business su cui si sta muovendo. Tra questi, molti osservatori invitano a tenere d’occhio la sanità. E qui il pensiero va all’alleanza costruita tra Elkann e un nome noto del settore, Nicola Bedin.

L’asse Elkann-Bedin e gli investimenti nella sanità
Ad aprile, infatti, Exor ha rilevato il 45 per cento di Lifenet Healthcare,la società fondata e diretta dall’ex presidente di Snam scelto dal governo di Mario Draghi, in un’operazione che ha visto Mediobanca regista di un’aggregazione di mercato da seguire con attenzione. La rete di cliniche private Lifenet è ampia: tra gli ospedali gestiti si ricordano il Piccole Figlie Hospital di Parma, l’Ospedale Regina Apostolorum di Albano Laziale, il Centro Medico Lazzaro Spallanzani di Reggio Emilia e il Centro Medico Diagnostico (CeMeDi) di Torino. L’asse Elkann-Bedin può portare in dote le potenzialità che le finanze del fondo Lingotto riverseranno sul fronte dell’innovazione: aprire al business della telemedicina, condizionando un mercato a oggi appannaggio di pochi rentier molto legati alla politica. Un’alleanza che consentirà a Bedin di tornare in forze laddove è ricordato come “risanatore”, ovvero nei territori di pertinenza del Gruppo San Donato che ha diretto per 12 anni, compreso il San Raffaele da lui risanato. Sarà la Lombardia dove all’interno del centrodestra e delle cliniche private è già partita la gara per la supremazia il grande obiettivo? Ancora presto per dirlo con certezza, ma Lifenet sarà, nelle partecipazioni di Exor, una componente che punta in alto.

Ai margini Andrea Agnelli e la Juventus
Non sfugge a molti il fatto che l’accelerazione della svolta di Exor è iniziata con la rivoluzione in casa Juventus e la conseguente estromissione di fatto del cugino-rivale Andrea Agnelli. I guai giudiziari della Juventus e del suo ex presidente ne hanno determinato l’uscita anche dal resto dell’impero Exor. In quest’ottica, si parla della prospettiva di un passaggio di mano del club bianconero. Una svolta che, però, a oggi Elkann parrebbe considerare come troppo prematura, mentre lo scenario più immediato potrebbe riguardare la ricerca di un socio di capitali. Del resto, la Real Casa degli Agnelli quest’anno fa un secolo di proprietà della Juventus. E Elkann sa che mollare oggi Corso Galileo Ferraris potrebbe sembrare uno sfregio alla sua storia.